Valigia Blu, realizzato in partnership con i giornali locali del gruppo Espresso
A pochi giorni dalle elezioni anticipate greche, l’ex ministro della salute Makis Voridis – che fa parte di Nea Dimokratia, ma quando era all’università si divertiva ad andare a caccia di comunisti con un’ascia in mano – aveva fatto irrompere nella campagna elettorale le dolorose memorie della guerra civile greca degli anni ’40.
Il voto di domenica, ha dichiarato Voridis, è “una grande battaglia ideologica tra due mondi, e la nostra generazione non consegnerà il paese alla sinistra”. Il politico greco ha poi lanciato un avvertimento: “Difenderemo con il nostro voto quello che i nostri nonni hanno difeso con le armi”.
Pur essendo decisamente fuori luogo, quella del politico greco è solo l’ultima di una lunga serie di affermazioni tese a demonizzare Syriza, che negli ultimi sondaggi appare sempre più destinata a vincere le elezioni del 25 gennaio e ad arrivare – per la prima volta nella sua storia – al potere.
La convinzione di essere a un passo dalla vittoria è indubbiamente la sensazione principale respirata al comizio finale di Syriza, tenutosi il 22 gennaio in una piazza Omonia gremita oltre ogni limite e accompagnata dall’usuale colonna sonora delle manifestazioni di Syriza – Patty Smith, il rapper antifascista KillahP (ucciso nel settembre del 2013 dai neonazisti di Alba Dorata), i Clash e l’immancabile Bella Ciao.
A differenza di quello che ha sostenuto il politico di destra Adonis Georgiades, tuttavia, i sostenitori di Syriza presenti in piazza non sono un pericoloso “branco di comunisti”. Piazza Omonia è infatti una grandiosa rappresentazione fisica di come Syriza sia riuscita ad allargare enormemente la sua base sociale di riferimento, attirando quasi ogni generazione e categoria di greci – dai giovani ai vecchi, passando per la classe media impoverita dalla crisi e anche i lavoratori statali colpiti dall’austerità.
Tra questi, ben visibili sotto il palco, spiccano quelli della televisione pubblica ERT (chiusa un anno fa da Antonis Saramas), e le donne delle pulizie del Ministero delle Finanze, licenziate illegittimamente e protagoniste di una lunga battaglia contro il governo – una lotta politica che, tra le altre cose, le ha portate a essere brutalmente manganellate dalla polizia.
È proprio una di loro, a pochi metri di distanza dal podio su cui parlerà Alexis Tsipras, che sventola una bandiera del partito e urla ai giornalisti: “Domenica vinciamo di sicuro! Vinceremo perché non è che giusto che la Grecia e i paesi mediterranei siano in queste condizioni!”
Tsipras: “Una nuova Liberazione”
Il leader di Syriza sale sul palco intorno alle sette e mezza, accolto dal boato della piazza, e inizia un lungo discorso che assomiglia in tutto e per tutto a quello di un primo ministro già in carica.
I temi toccati sono sostanzialmente quelli che Tsipras ha delineato in questo ultimo mese: lotta a povertà, disoccupazione, corruzione; opposizione alle misure di austerità che hanno causato “distruzione” e hanno fatto piombare la Grecia in questa “barbara situazione”; promozione di politiche economiche (sempre che si riescano a trovare i fondi) più eque e improntante alla giustizia sociale.
Per il resto, il discorso di Tsipras è stato decisamente più emotivo che programmatico e, in linea con lo slogan della campagna, si è parlato molto di speranza e di Storia – quasi come a voler rispondere alla minaccia di Voridis.
“È arrivato il tempo della sinistra”, declama Tsipras. “Tutti i greci devono rimanere uniti, perché è così che si concretizzerà questo momento storico. Cittadini di Atene, questo è il momento di creare la visione di una nuova Grecia. Un paese più giusto, equo e democratico, dove nessun bambino deve rimanere senza cibo, senza riscaldamento, senza un libro o senza l’assistenza sanitaria”.
Anche la conclusione, in cui Tsipras parla della vittoria di Syriza come di “una nuova Liberazione”, evidenzia come l’appuntamento elettorale sia decisivo per il partito e l’intero paese: “La Storia sta bussando alla porta. Sta cercando Syriza. E noi non ci nasconderemo, apriremo quella porta”.
Dopo l'orazione durata più di un’ora, Tsipras suggella il comizio – mentre la piazza è all’apice dell’entusiasmo – facendo salire sul palco il leader di Podemos, Pablo Iglesias.
Al di là della già nota alleanza politica tra i due uomini e i rispettivi partiti, la scelta di invitare Iglesias in piazza Omonia ha un significato politico che trascende ampiamente le elezioni del 25 gennaio e che – sempre in caso di vittoria di Syriza – potrebbe segnare l’avvento al potere di partiti anti-austerità in Europa.
L’abbraccio finale tra Tsipras e Iglesias contiene un messaggio piuttosto chiaro: “Tsiglesias” – come la stampa internazionale chiama l’unione tra Tsipras e Iglesias – è una forza politica con cui l’Europa dovrà fare i conti nei prossimi anni.
//
La sfida all'establishment europeo è stata ribadita anche oggi. In una conferenza stampa, Tsipras ha dichiarato che "non rispetterà gli accordi firmati dal suo predecessore", spiegando che "il nostro partito rispetta gli obblighi che derivano dalla partecipazione della Grecia alle istituzioni europee. Ma l'austerità non fa parte dei trattati di fondazione dell'UE".
Un partito pronto a governare?
L’alleanza con Podemos, del resto, si innesta in un percorso di cambiamento che Syriza ha deciso di intraprendere subito dopo le elezioni generali del 2012, che l’avevano vista arrivare al secondo posto con il 26% dei voti. Per aspirare a essere una reale forza di governo, infatti, serviva un cambio di passo piuttosto netto – senza però stravolgere la sostanza del partito.
Da coalizione piuttosto litigiosa di gruppi e gruppuscoli della sinistra radicale, nel luglio del 2013 Syriza ha scelto di diventare un partito “unitario eppure plurale”, segnato da una vivace dialettica interna che, afferma una militante di Syriza, “porta a lunghe discussioni ma alla fine garantisce la democraticità della decisioni”.
In vista delle elezioni anticipate, il comitato centrale del partito aveva deciso con un mossa molto pragmatica di evitare ogni dissidio interno sulla linea politica da tenere durante la campagna. Questa naturalmente non significa che Syriza sia diventato un partito che fa calare dall’alto verso il basso tutte le decisioni che contano, o che ci sia stata una “svolta a destra” del partito. E nemmeno che Alexis Tsipras, a cui tutti all’interno del partito riconoscono il carisma, sia un uomo solo al comando.
Syriza, infatti, rimane un partito attraversato da moltissime contraddizioni, che probabilmente si acuiranno una volta al governo. In tema di politica economica, ad esempio, la frangia più a sinistra del partito vorrebbe un approccio molto più combattivo su debito, nazionalizzazione della banche e uscita dall’euro.
Ma il problema più grosso all’interno del partito si porrà se Syriza non riuscirà ad avere la maggioranza assoluta in Parlamento. A quel punto si vedrà costretta a stringere alleanze con altri partiti greci come To Potami o i Greci Indipendenti, che non hanno davvero nulla a che fare con l’offerta politica della sinistra greca e che potrebbero compromettere abbastanza in fretta la credibilità di Tsipras e compagni.
“Per Syriza non è un problema essere giovani”
Di certo, invece, c'è che Syriza negli ultimi anni è sempre stata la scelta partitica preferita di moltissimi giovani. Come avevamo già scritto, la questione generazionale – in un paese in cui la disoccupazione giovanile è arrivata al 60% – è uno degli elementi chiave di queste elezioni. A questo riguardo, Syriza gode di un notevole vantaggio rispetto agli altri partiti tradizionali: come ha detto un esponente del partito, per Syriza “non è un problema essere giovani, anzi”.
Elena Kalimeri – una laureata in legge di 26 anni che fa parte del movimento giovanile del partito – all’interno del chiosco elettorale in piazza Klathmonos dice a Valigia Blu che Syriza è l’unico partito che ha un programma specifico per la disoccupazione giovanile, la democrazia dal basso e la violenza della polizia, che è un grosso problema in Grecia”.
Il programma non è comunque sufficiente a spiegare il supporto di cui gode Syriza nella fascia più giovane della società greca. Il partito, infatti, è stata l’unica forza parlamentare ad aver cercato di capire la rivolta del dicembre 2008 ad Atene, dopo l’omicidio del quindicenne Alexis Grigoropoulos. “Stavamo cercando di spiegare da dove venissero la violenza e la rabbia – dice Kalimeri – non c’era motivo di condannare a prescindere. Bisognava comunque partire dal fatto che in Grecia un giovane è costretto a lavorare per 500 euro al mese, e anche se ha una laurea e un master non ha prospettive”.
Che l’omicidio e la rivolta del 2008 siano stati un punto di svolta per un’intera generazione lo conferma anche la 22enne Vicky Tsefala, avvicinatasi alla politica e a Syriza proprio dopo l’assassinio di Alexis e le proteste ad Atene: “È stato un momento in cui per la prima volta abbiamo sentito che la città e il paese ci appartenevano. Ci sentivamo dalla parte del giusto perché avevano ucciso uno di noi, ed eravamo molto infuriati non solo per l’omicidio di un ragazzo, ma per il modo in cui volevano farci vivere”.
Syriza, conclude Tsefala, “è stato l’unico partito ad aver sostenuto le proteste. Da quel momento crediamo che Syriza possa cambiare la situazione in Grecia perché allora ci ha aiutato”.
L’ultima chance
Nel giugno del 2012 Syriza aveva chiuso la campagna elettorale nella stessa piazza, ma a giudicare da quanto si è potuto vedere ieri la situazione è completamente diversa. C’è molta più consapevolezza sulle proprie capacità, molta più convinzione sui propri mezzi e sul proprio messaggio politico e, come dimostra l’alleanza con Podemos, l’ambizione di incidere a livello europeo è nettamente più pronunciata.
Dal clima generale dei discorsi che si possono sentire per strada o nei bar, se Syriza vincerà le elezioni non sarà perché i greci – come denunciano i conservatori – vogliono vivere in uno scenario alla Mad Max o eleggere una specie di Kim Jong Un alla guida della Grecia.
Semplicemente, dopo aver provato per quarant’anni una formula che alla fine si è rivelata fallimentare, ora una parte consistente del paese vuole dare una chance a chi sembra offrire una soluzione diversa.