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Le proteste in Francia per la morte di Nahel

Giovanna Botteri: “Frustrazione razziale e sociale dietro scontri in Francia per la morte di Nahel”

L’intervista di Fanpage.it a Giovanna Botteri, giornalista corrispondente della Rai da Parigi: “Non sappiamo se la calma raggiunta in Francia dopo il caos scoppiato a seguito della morte di Nahel sia relativa o meno. La frustrazione razziale è scoppiata insieme a quella sociale, già presente dopo le manifestazioni di marzo contro la riforma del sistema pensionistico. L’elemento distintivo dell’uccisione del 17enne? La presenza del video”.
Intervista a Giovanna Botteri
Giornalista e storica inviata Rai, dal 2021 corrispondente da Parigi.
A cura di Ida Artiaco
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"Non so dire se si tratta di una calma relativa. Sicuramente la rabbia e la frustrazione continuano ad esserci e inevitabilmente finiranno per uscire, anche con altre forme e altri tempi. L'elemento importante e nuovo della vicenda di Nahel è la presenza del video che ha confermato che la versione della polizia non corrispondeva alla realtà".

Così Giovanna Botteri, giornalista e storica inviata Rai, dal 2021 corrispondente da Parigi, ha spiegato a Fanpage.it cosa sta succedendo in Francia, dove dopo 5 notti di violenze scoppiate a seguito dell'uccisione da parte di un agente di polizia del 17enne Nahel a Nanterre, alla periferia della Capitale, sembra essere tornata sotto controllo, complici anche l'intervento dell'Eliseo e una serie di appelli al ripristino dell'ordine, tra cui quello della nonna del ragazzo.

La situazione in tutto il Paese sembra essere tornata alla calma. Che aria si respira a Parigi? 

"Credo sia stato determinante per la calma in primis l'appello della nonna di Nahel. Ha detto di smetterla con la violenza, che non serve a niente. Ha detto cose forti, che pensa tutta la banlieue francese dai 30 anni in su, e cioè che non si possono distruggere gli autobus che si usano per andare a lavoro, che non si possono bruciare le case dove vivono i propri genitori, perché è una follia autodistruttiva. E, soprattutto, non si può approfittare della morte di un ragazzino di 17 anni per sfogare la propria rabbia e frustrazione.

Il giorno prima sempre a Nanterre c'erano stati i funerali di Nahel e l'Imam ha rivolto un appello molto forte e simile. Un primo risultato è stato portare la protesta fuori dalla banlieue, verso il centro di Parigi e delle altre grandi città, dove però c'è stato anche un grande dispiegamento di polizia per cui non si sono verificati grossi incidenti. Politicamente, l'elemento importante è stato l'assalto alla casa del sindaco del comune di Haÿ-les-Roses, nel Val-de-Marne, perché ha segnato il raggiungimento di un livello superiore di violenza".

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Secondo lei questa calma durerà?

"Io non so dire cosa potrà succedere, se si tratta di una calma relativa o meno. Sicuramente la rabbia e la frustrazione continuano ad esserci e inevitabilmente finiranno per uscire fuori, anche con altre forme e altri tempi".

Oltre alla nonna oggi è arrivato un appello da un altro parente di Nahel il quale ha però aggiunto che serve cambiare la legge sull'uso della forza da parte della polizia…

"Da una parte ci sono state queste 5 notti di violenza e saccheggi quasi ciechi, anche vista l'età dei ragazzi scesi in piazza, molto giovani e non organizzati, quindi quasi senza una vera rivendicazione. Tutto questo però si deve tradurre necessariamente in qualcosa di politico.

È stato fatto lo stesso negli Usa dopo l'uccisione di George Floyd, e cioè capire il meccanismo della polizia come e quanto penalizza le minoranze etniche. Per altro, l'Organizzazione delle Nazioni Unite per i diritti dell'uomo ha attaccato il razzismo della polizia francese, rilevando una base razzista nel comportamento delle forze dell'ordine. In questo senso, cambiare la legge potrebbe essere una strada politica di riflessione dopo quello che è successo e un tentativo di intervento per cambiare la situazione".

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Lo scorso marzo sempre in Francia c'erano state altre dure proteste, ma contro la riforma del sistema pensionistico. Perché la violenza è esplosa in maniera così estrema negli ultimi mesi?

"Non credo che si possa definire estrema, perché non ci sono stati morti. È una violenza urbana e penso che alla base ci siano 2 tipi di frustrazioni che in questi due mesi sono convogliate: una di tipo sociale, che è alla base della protesta per le pensioni, e l'altra razziale. Ma vorrei sottolineare una cosa: in qualche modo nella protesta per le pensioni io trovo che si sia verificato un fatto importante: la lotta che è stata condotta per tanti mesi si è conclusa con una sconfitta, non si è ottenuto niente e questo ha messo inevitabilmente in moto una serie di meccanismi di rabbia e caos che hanno continuato a esserci e covare in attesa di una nuova occasione, che è stata l'uccisone di un ragazzino di 17 anni".

Quale è stato l'elemento distintivo delle proteste dopo la morte di Nahel?

"L'elemento importante di quanto successo a Nahel è il video, che mostra che la versione della polizia ("non si è fermato allo stop e ha cercato di travolgerli con la macchina quindi loro hanno risposto") non corrisponde alla realtà. Il ragazzo si è fermato, i poliziotti non erano in pericolo e uno di loro ha puntato la pistola alla testa dicendo: "Ora ti sparo". È come se improvvisamente si avessero le prove che era così. Questo dettaglio ha aperto tutto un dibattito sui social media, con il presidente Macron che ha accusato le piattaforme di diffondere la violenza attraverso filmati che la incitano. In realtà, i social media sono uno strumento che si può usare per avere giustizia e trovare la verità".

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