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Giornata mondiale del rifugiato, le storie dei ragazzi della Costa d’Avorio che non partono

Nella Giornata Mondiale del rifugiato, le telecamere di Fanpage.it vi portano in Africa Occidentale. In questo reportage dalla Costa d’Avorio, principale paese di partenza dei flussi migratori dell’Africa, un racconto del dramma legato all’immigrazione irregolare, dai rimpatri volontari assistiti fino ai programmi di sensibilizzazione per scongiurare le partenze.
A cura di Davide Arcuri
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Ragazzo ivoriano venditore ambulante con maglia della A.S. Roma
Ragazzo ivoriano venditore ambulante con maglia della A.S. Roma

Partire, lasciare casa, famiglia, amici e andare, rincorrere un sogno, una speranza, o magari essere illusi, ingannati, costretti. Le storie di chi decide di migrare verso nuovi confini, a volte, possono prendere direzioni inaspettate. Lo racconta Fanpage.it in un reportage esclusivo nella Giornata Mondiale del Rifugiato. La Costa d'Avorio, paese dell'Africa Occidentale, in quanto principale paese di provenienza dei flussi migratori irregolari verso l'Europa, è ricco di queste storie.

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Migrare per mancanza di opportunità

Sono molte le persone che, partite con l'illusione di trovare fortuna in Europa, sono diventate vittime di sfruttamento. "I campi di tortura, i falsi lavori, le ragazze che partono per un lavoro domestico e si ritrovano private del passaporto e schiave, in famiglie da cui non possono uscire per mesi" così Lorenzo Manzoni, responsabile della ong italiana AVSI per la Costa d’Avorio, spiega che le atrocità subite dai migranti possono essere molteplici. "Il giovane vuole sempre partire, è un suo diritto, partono gli ivoriani, come partono gli italiani, come partono tutte le nazionalità", ma a distinguere questo tipo di migrazioni da quelle dei nostri giovani è il fatto che spesso la famiglia stessa spinge i ragazzi a partire. "Ricevono delle pressioni dalla comunità e dalla famiglia, per mancanza di opportunità" racconta Marianna Bertelle, operation officer dell’Oim in Costa d’Avorio.

Vivere in una prigione

"Il viaggio può iniziare in maniera tranquilla – continua Bertelle – e può trasformarsi in un incubo". C’è chi si ritrova ingannato da un amico, come Djedje, un migrante rientrato a casa dopo una brutta avventura in Tunisia: "Il mio amico non mi ha detto la verità. Una volta arrivato in Tunisia ha preso tutto quello che avevo, mi hanno sequestrato il passaporto e quando lo chiedevo indietro mi dicevano "No, finché non finisci tutto quello che devi fare non te lo ridiamo"". Il racconto di Djedje lascia senza parole: "Era veramente una prigione, non potevo muovermi senza che mi chiedessero dove stessi andando".

Mangiare crocchette per cani

Anche Tanoh Henri Claude ha vissuto in Tunisia. Allettato da un’offerta di lavoro come autista, ha deciso di lasciare la Costa d’Avorio e trasferirsi, ma una volta arrivato in Nord Africa le cose si sono messe male: "Arrivato in Tunisia non ho mai guidato nessuna macchina. Sono finito a lavorare per un signore, Antonio, che mi ha sfruttato come uno schiavo. Lavoravo 24 ore su 24, pulivo la casa, pulivo la piscina e facevo il guardiano di notte. Non solo mi ha cambiato il nome, mi ha dato un nome che voleva lui, addirittura la moglie di Antonio mi dava da mangiare le crocchette dei cani. Questa è schiavitù".

Governance mondiale delle migrazioni

Di storie come quella di Djedje e Tanoh se ne incontrano ad ogni angolo in paesi come la Costa d’Avorio, che è allo stesso tempo un Paese d’accoglienza, di transito e di partenza per i migranti dell’Africa Occidentale. Come spiega Issiaka Konaté, del Ministero dell’integrazione africana e degli ivoriani all’estero: "La Costa d’Avorio ha una lezione da insegnare al mondo sull’accoglienza di popolazioni straniere. Il mondo deve lavorare come mondo, in quanto umani, per la realizzazione di una sorta di governance mondiale delle migrazioni che tenga conto dei diritti fondamentali dell’uomo".

Diritti negati

Come abbiamo visto, spesso i diritti sanciti dalla Dichiarazione universale dei diritti umani vengono meno in queste situazioni e questo non accade solo nei Paesi del Nord Africa, come spesso le nostre cronache raccontano, anche l’Italia non è estranea a situazioni di sfruttamento, caporalato e violenze nei confronti dei migranti.

Rimpatrio volontario assistito

Dopo aver capito che il sogno promesso in realtà è una truffa per lucrare sul loro lavoro ed essersi ritrovati a lottare per la libertà, alcuni migranti riescono a scappare dai loro "padroni". Grazie al programma di rimpatrio volontario assistito, nato dalla cooperazione tra l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) e l’Unione europea, ad oggi oltre 6.000 persone hanno potuto fare ritorno in Costa d'Avorio e reinserirsi nella società.

Sensibilizzare contro le migrazioni irregolari

Per tentare di eradicare il problema dalla radice, AVSI ha attivato inoltre il progetto "New Hope", una campagna di sensibilizzazione che punta ad informare le persone sui rischi a cui si va incontro durante un viaggio illegale e sulle possibilità che invece è in grado di offrire un Paese in crescita come la Costa d'Avorio. Per farlo, come ci spiega Lorenzo Manzoni: "Abbiamo chiesto ed esperti del settore e universitari – locali – di fare uno studio, un’inchiesta, per capire quali erano le modalità più adatte per far passare il messaggio". Cartelloni pubblicitari nelle strade, annunci televisivi, spot in radio, utilizzare tutte le piattaforme a disposizione per tentare di raggiungere i potenziali migranti e lanciare un messaggio: "Che tipo di slogan sono? – prosegue Manzoni – Sono degli slogan positivi, non ricordano il pericolo della traversata, ma insistono sul fatto che è possibile costruirsi l’avvenire qua".

Una nuova speranza

"La storia dell’umanità è una storia costante di popoli in movimento, ma questo non cambierà da un giorno all’altro – afferma Issiaka Konaté -, la gente si muoverà, non possiamo impedirlo". Per evitare le violenze e le privazioni della libertà che si verificano ogni giorno in ogni parte del mondo, nei confronti dei migranti, un passaggio fondamentale è l’informazione. Far capire alle persone che vogliono partire quali sono i pericoli di una migrazione irregolare e tentare di convincerli che è sempre possibile, anche nel proprio Paese, avere ancora una "nuova speranza".

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