Jehan, un’adolescente yemenita di 17 anni, è fuggita da Marib, la sua città natale, all'inizio della guerra nel 2015. Data in sposa bambina, il marito l’ha picchiata così forte da farle perdere la vista all'occhio destro. Dopo aver abusato di lei, l’uomo l’ha abbandonata. Adesso Jehan vive con la famiglia in un rifugio fatiscente nel campo profughi di Khamir. La sua storia è piuttosto comune non solo nello Yemen devastato dalla guerra. Come lei, infatti, al mondo sono 690 milioni i minori a cui viene negata l’infanzia: quasi 1 bambino su 3. Sono i numeri contenuti nell'ultimo rapporto lanciato da Save the Children alla vigilia della Giornata internazionale del bambino che si celebra il 1˚ giugno.
Bambine e bambini che muoiono troppo presto a causa di malattie facilmente curabili e prevenibili, che non hanno cibo adeguato per vincere la malnutrizione, che non possono studiare e andare a scuola, che sono costretti a lavorare o a sposarsi precocemente. Un quadro che si fa ancor più cupo nei Paesi sferzati dai conflitti, dove in un solo anno 53.000 bambini hanno perso la vita in seguito alle violenze.
La fotografia dell’infanzia nel mondo: milioni di bambini ancora a rischio
Ogni giorno, nel mondo – emerge dal rapporto dell’Organizzazione – 15 mila bambini perdono la vita prima di compiere i 5 anni di età. Tra le cause principali la polmonite, che solo nel 2017 ha provocato la morte di oltre 800 mila bambini e che si rivela quindi una infezione letale che uccide più di diarrea, malaria e Hiv messe insieme. Circa 1 bambino su 4 sotto i 5 anni, inoltre, pari a 152 milioni di bambini al mondo, risulta attualmente affetto da malnutrizione, con gravissime ripercussioni sulla propria crescita e sul proprio futuro. Tra i Paesi al mondo dove il fardello della malnutrizione è più pesante quelli dell’Africa subsahariana, dove il numero di minori malnutriti, in 20 anni, è aumentato da 50 a 59 milioni.
Uno degli indicatori presi in esame dalla classifica stilata da Save the Children riguarda poi l’educazione e rivela che al mondo 1 bambino su 6 è tagliato fuori da scuola primaria e secondaria, pari a 262 milioni di bambini. Una percentuale che si alza ulteriormente nei Paesi più poveri e che colpisce in particolare le bambine. Nell'Africa sub-sahariana e nell'Asia occidentale, infatti, le ragazze hanno più probabilità di essere escluse dall'educazione rispetto ai maschi.
Sono invece 152 milioni, di cui circa la metà in Africa, i minori coinvolti nella piaga del lavoro minorile, condannati pertanto a rinunciare a vivere la propria condizione di bambini. Costretti a svolgere lavori pesanti e pericolosi che ne mettono a grave rischio la salute e la sicurezza. Ad avere un impatto devastante sulle vite dei minori – sottolinea il rapporto – anche la piaga dei matrimoni e delle gravidanze precoci, con 37 milioni di spose bambine stimate nel 2017 e 13 milioni di ragazze tra i 15 e i 19 anni che nel 2016 hanno messo al mondo un figlio, esposte a gravi rischi per la loro salute e per quella dei loro bambini e costrette a rinunciare troppo presto a costruirsi il futuro che meritano.
Circa 31 milioni di minori costretti a fuggire dalle guerre
Peggiorano di gran lunga le condizioni dei bambini coinvolti nelle aree di conflitto. Oggi, nel mondo, sono circa 31 milioni i minori che sono stati costretti a fuggire dalle proprie case nel tentativo di mettere in salvo la propria vita: la maggior parte di loro vive in Medio Oriente e Nord Africa. In Siria, da oltre otto anni in guerra, le minacce all'infanzia sono in costante aumento – rileva Save the Children – con un’impennata dei casi di malnutrizione, assenza di scolarizzazione a cui segue l'abbandono dalla propria casa. Se nel 2000 non c'era quasi nessuno spostamento forzato, oggi, nel Paese mediorientale il 75% della popolazione è sfollato a causa del conflitto. Accanto alla Siria, anche il Venezuela ha visto peggiorare le condizioni di vita dei bambini: il tasso di mortalità sotto i 5 anni è aumentato del 40% e l'omicidio di minori è salito del 60%.
Repubblica Centrafricana, il peggior Paese per i bambini. Singapore, il migliore
La Repubblica Centrafricana è il Paese al mondo dove le condizioni di vita per i bambini sono le peggiori; a seguire Niger e Ciad, con 10 Stati africani, di cui 6 colpiti da conflitti, ad occupare gli ultimi dieci posti della classifica stilata per il terzo anno consecutivo da Save the Children. Sul versante opposto, il primato spetta a Singapore, seguito da Svezia e Finlandia, con l’Italia all'ottavo posto in graduatoria, in linea con lo scorso anno, sebbene nel nostro Paese oggi si contino 1,2 milioni di minori in povertà assoluta.
Le buone notizie: i progressi negli ultimi 20 anni
Il rapporto di Save the Children sottolinea comunque i progressi significativi compiuti negli ultimi 20 anni per tutelare i diritti dei bambini. Nel 2000 i minori derubati della propria infanzia erano 970 milioni, un numero che oggi si è ridotto di 280 milioni. E l’organizzazione umanitaria raccoglie diverse storie di piccoli che, nonostante le avversità, stanno lottando per un futuro migliore. Come Sandhya che, dopo aver lasciato la scuola a 10 anni per andare a lavorare, adesso cerca di salvare altre bambine dai matrimoni infantili in India. Grazie ai programmi di Save the Children rivolti all'infanzia, inoltre, sono numerosi i minori che stanno ricevendo un’istruzione. Wajhia, una bimba afghana, non aveva mai visto un’aula perché non c’era nessun scuola vicina a casa sua nel distretto di Kabul. Oggi, invece, sta imparando a leggere e scrivere. “Le ragazze dovrebbe sposarsi all'età di 22 o 23 anni quando finiscono la loro istruzione”, afferma Wajhia.
“Tuttavia – dichiara Valerio Neri, direttore generale di Save the Children – il lavoro è tutt'altro che compiuto perché sono ancora troppi i bambini che continuano a essere privati dell’infanzia che meritano e che soffrono terribilmente a causa di guerre, povertà, cambiamenti climatici. Per questo è fondamentale che i leader mondiali, che nel 2015 si sono impegnati a raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile entro il 2030, facciano ancora di più e mettano in campo ogni sforzo possibile perché nessun bambino al mondo venga più lasciato indietro”.