Giornalista di ToloNews a Fanpage.it: “Rischiamo la vita se raccontiamo quel che fanno i Talebani”
Non solo soldati, civili, donne e bambini. Gli ultimi rimasti in Afghanistan sono anche i giornalisti che da mesi provano a raccontare quando sta accadendo nel Paese ormai nelle mani dei Talebani dopo la partenza delle truppe statunitensi lo scorso 31 agosto e la salita al potere dei miliziani dell'Emirato Islamico. Mentre viene annunciato il nuovo governo, le proteste non si placano nelle province afghane dove sono sempre di più le donne che scendono in piazza per reclamare i propri diritti negati. A raccontare le loro storie ci sono i giornalisti afghani che ogni giorno rischiano la propria vita per tentare di raccontare la verità di questo cambiamento storico. Lo sa bene anche Wadud Salangi, giornalista di Tolonews TV, il primo canale all news del Paese, che si è visto piombare i Talebani in casa a pochi giorni dalla conquista di Kabul ed è ora costretto a nascondersi. Fare questo lavoro diventa sempre più complicato tra aggressioni e arresti e la possibilità non così remota di rimanere uccisi.
Ti va di raccontarmi la tua storia?
Certo, mi chiamo Wadud Salangi e sono un giornalista di Tolonews TV [primo canale all news dell'Afghanistan (n.d.r.)] e lavoro come freelance per GIZ Germany [Agenzia tedesca per la Cooperazione Interanzionale (n.d.r.)]. Ho sempre fatto il giornalista, ho studiato all'Università di Kabul per realizzare un sogno poi diventato realtà. In questi anni sono riuscito a raccontare ciò che accadeva nella mia città ma ora con l'arrivo dei Talebani tutto è cambiato. Da quando hanno conquistato Kabul, io non sono più al sicuro, nessun giornalista lo è. Non posso nemmeno uscire di casa, sono stato costretto a trasferirmi altrove dopo che meno di un mese fa la mia casa è stata attaccata dai Talebani. Ci cercano, casa per casa: finiremo in carcere o uccisi per mano dei Talebani. E per chi come me in passato ha raccontato Kabul sottolineando le azioni tremende dei Talebani in Afghanistan la situazione è molto difficile.
Venti lunghi anni di guerra da raccontare: cosa ti hanno portato via?
La guerra ci ha portato via tanto in questi 20 anni. Ha strappato speranze e futuro ai nostri amici e soprattutto ha spazzato via i concetti di libertà e serenità. E ora ci ritroviamo avvolti dall'oscurità, circondati dal dolore. Non solo abbiamo perso amici e colleghi giornalisti morti per mano di attacchi talebani ma ora ci è anche vietato fare l'unica cosa che sappiamo fare bene: raccontare. Tutti hanno lasciato l'Afghanistan, dalle organizzazioni umanitarie alle rappresentanze diplomatiche dei Paesi stranieri, e tutti hanno lasciato qualcuno indietro. A Kabul ci sono ancora soldati che combattono, persone che lottano per la propria libertà e i propri diritti. Ma la verità è che noi, rimasti indietro, siamo come bloccati, imprigionati in questa situazione soffocante. Siamo ancora qui e continueremo a combattere per la nostra libertà ma la nostra voce non è più quella del popolo. Non possiamo più fare il nostro lavoro di giornalisti, non possiamo mettere in discussione ciò che dicono i Talebani, raccontare la loro violenza e la loro finta politica.
Ogni giorno giungono notizie di giornalisti picchiati dai Talebani
Nelle ultime tre settimane, diversi colleghi sono stati aggrediti e picchiati dai Talebani solo perché erano in strada a fare il proprio lavoro. Altri invece sono stati raggiunti addirittura nelle proprie case: a Kabul c'è una vera caccia ai giornalisti. Dopo aver ricevuto istruzioni da RSF, Reporter Senza Frontiere, e altre organizzazioni abbiamo iniziato a nascondere file e documenti sensibili oltre a numeri di telefono, post sui social media, tutte cose considerate rischiose. I Talebani rintracciano anche i telefoni: niente è più sicuro. Riusciamo a fare poco e niente come giornalisti, stare in strada è pericoloso e alcuni hanno iniziato a non venire nemmeno più in redazione. Quanto possiamo andare avanti così? Abbiamo già iniziato a fare giornalismo in un modo che non è il nostro, ma è quello che non infastidisce i Talebani. Siamo in prigione. Abbiamo i fucili puntati contro e non sappiamo se e quando i proiettili metteranno fine a tutto questo.
Saan Mohseni, amministratore delegato di Moby Group, società che possiede tra le altre cose anche ToloNews ha assicurato che i giornalisti continueranno a fare il proprio lavoro anche col governo talebano. Ma non è esclusa la possibilità che possano spostare la propria sede di lavoro altrove. In quel caso chi continuerà a raccontare ciò che succede a Kabul?
Saan Mohseni così come tanti magnati dell'informazione non pensano alla nostra sicurezza. Il loro unico interesse come spesso accade è solo economico. So per certo che hanno anche modificato le liste delle persone da evacuare nelle scorse settimane, inserendo al posto di giornalisti, famigliari e amici. E ora il loro unico interesse è continuare a lavorare anche sotto il governo talebano, anche se si tratta di informazione falsata perché ovviamente sarà tutto censurato e raccontare la verità non sarà possibile.
Perché hai scelto di fare il giornalista?
Ho sempre voluto essere un giornalista perché volevo essere la voce del mio popolo, servire il mio paese, aiutarlo a crescere e combattere la corruzione e il malaffare.
Com'è cambiata Kabul con l'arrivo dei Talebani?
Kabul non è più quella di prima. È tutto diverso: le persone hanno paura, hanno perso la serenità, nessuno si sente al sicuro, e tutti sono titubanti rispetto al proprio futuro che adesso è difficile vedere. In più il prezzo di ogni cosa è aumentato, il cibo costa di più e le persone non possono nemmeno più indossare abiti occidentali, bisogna indossare i tipici abiti talebani.
Credi a quanto dicono i Talebani? Che il loro non sarà un governo violento come è accaduto in passato?
I Talebani non sono cambiati, sono gli stessi di 20 anni fa, e sono terribili.
La maggior parte delle donne ha paura anche solo ad uscire di casa
Le donne non possono andare al lavoro, le ragazze vanno a scuola ma con molte limitazioni e nelle università non è permesso alle donne e agli uomini di frequentare i corsi insieme, devono seguirli in classi separate. Abbiamo perso ogni speranza e credo che chiunque sia rimasto qui al momento abbia davvero poche possibilità: forse lasciare l'Afghanistan è la cosa migliore per chiunque voglia un futuro.
E gli altri Paesi cosa possono e devono fare?
Qualcuno deve fare qualcosa, bisogna intervenire per fermare i Talebani e permetterci di lasciare il Paese: chiunque resta qui sarà condannato a morte, in un modo o nell'altro.