Gioia Tauro: il porto dei “traffici sporchi”
Dopo l’annuncio dell’individuazione del Porto di Gioia Tauro come luogo scelto dall’OPAC per il trasbordo delle armi chimiche siriane avviate allo smaltimento le polemiche sono divampate. I sindaci si ribellano e parlano, come il primo cittadino di Gioia Tauro, “una scelta che mette a repentaglio la sua stessa vita”. Ma se il timore dei sindaci della zona è dovuto alla presenza di sostanza tossico nocive sulla banchina del porto ed a bordo della nave danese Ark Futura che le trasporta, c’è da porsi qualche interrogativo.
Innanzitutto c’è da chiedersi se i sindaci della piana di Gioia Tauro abbiano piena coscienza di qual è il ruolo del porto di Gioia nelle rotte del commercio internazionale.
Il porto calabrese è un porto di “transhipment”, ovvero di trasbordo: le merci che arrivano nel bacino portuale vengono scaricate e poi caricate su altre navi per nuove rotte. La maggior parte delle merci che arriva a Gioia Tauro non esce fuori dal perimetro del porto. Un ruolo obbligato se vogliamo, vista anche l’assenza di infrastrutture autostradali e ferroviarie decenti in grado di permettere uno smistamento delle merci anche via ferro e gomma. Il porto reggino resta il più importante porto italiano per il transito di container ed il solo – nonostante la flessione degli ultimi anni – ad essere competitivo a livello internazionale per affrontare le nuove sfide dei traffici navali con un’area destinata alla movimentazione dei container di oltre 1.300.000 metri quadrati ed oltre 3 milioni di contenitori movimentati ogni anno. Gioia Tauro è al centro del commercio marittimo delle sostanze chimiche da diversi anni. Come ricordato anche del Ministro degli Affari Esteri Emma Bonino, nel 2013 oltre 29 mila tonnellate di sostanze tossiche sono transitate per il porto di Gioia Tauro. I paesi leader della produzione di sostanze di base per i prodotti chimici si trovano in Asia, in particolar modo il Giappone, la Cina e l’Arabia Saudita.
Il porto di Gioia Tauro è lo snodo principale di quello che viene definito il “pendulum” della chimica. I “pendulum” nel commercio marittimo internazionale sono delle rotte che prevedono una staffetta da continente a continente per il trasporto di particolari merci. Un percorso di andata e ritorno. Il “pendulum” che fa perno su Gioia Tauro è in pratica una staffetta che vede navi cargo in grado di trasportare fino a 15 mila container che partono dai porti asiatici carichi di sostanze chimiche ed arrivano in Calabria. Qui avviene il trasbordo delle sostanze su navi più piccole che a loro volta partono per i porti del Nord Europa dove le sostanze saranno trasformate poi in prodotti finiti: principalmente fertilizzanti, antiparassitari e pestidici. A loro volta questi prodotti finiti vengono caricati sulle stesse navi e compiono il percorso a ritroso. Le grandi navi solcano l’oceano indiano ed entrano nel canale di Suez fino ad arrivare in Calabria. Le piccole navi invece partono dalla Calabria, varcano lo stretto i Gibilterra e proseguono verso Nord tra Amburgo, Anversa e Rotterdam. Il “pendulum” dura in media 40 giorni sulla tratta Asia – Gioia Tauro – Nord Europa.
Di conseguenza il bacino portuale calabrese ospita quotidianamente sostanze tossico nocive esattamente uguali a quelle caricate sulla Ark Futura. Il terminal container di Gioia Tauro è controllato principalmente dalla compagnia tedesca Contship diretta in Italia dall’amministratore delegato Cecilia Eckelmann Battistello, ed è proprio la Germania – insieme all’Inghilterra – il luogo dove finiranno i residui del processo di smaltimento delle armi chimiche che avverrà a bordo della nave militare Cape Ray attraverso l’idrolisi.
I residui dello smaltimento saranno immessi sul mercato come sostanze di base per la produzione di fertilizzanti e prodotti similari. A tal proposito l’OPAC, l’agenzia internazionale che coordina le operazioni di smaltimento delle armi siriane, ha comunicato al governo italiano che indirà una gara d’appalto internazionale per il trasporto e lo smaltimento delle sostanze chimiche meno dannose riguardante impianti chimici civili.
Ma mentre aleggia ancora il mistero su quali siano le aziende che parteciperanno alla gara d’appalto internazionale promossa dall’OPAC e dove finiranno i residui, è importante sottolineare che la strategicità del porto di Gioia Tauro potenzialmente potrebbe vedere quotidianamente traffici illeciti transitare per quelle banchine.
Un porto di transhipment come quello di Gioia Tauro diventa inevitabilmente crocevia di traffici illeciti, soprattutto droga e rifiuti. Trovare container contenenti rifiuti tossici, armi o droga è complicato in un’area così vasta come quella del porto della piana. Ma le operazioni di polizia con tanto di sequestri sono all’ordine del giorno nel territorio controllato dalla cosca Piromalli – Molè. Come riporta il magazine “Ecoblog”, nel solo 2009 sono state sequestrate nel porto di Gioia Tauro 7.400 tonnallate di rifiuti pericolosi che transitavano illegalmente sulle banchine. Alcune operazioni ci danno il senso della misura dei traffici illeciti di rifiuti pericolosi che passano per Gioia Tauro. Nel 2009 il NOE dei Carabinieri ricostruì quello che possiamo definire un “pendulum sporco”. Scarti industriali di diverse aziende italiane, principalmente plastiche tossiche, venivano raccolti a Gioia Tauro dove venivano imbarcati su navi dirette ad Hong Kong dove venivano affidate a bambini-schiavi che le trasformavano in giocattoli che venivano imbarcati sulle stesse navi e spediti in Europa. Oppure nel 2010 il ritrovamento su una nave nel porto di Genova partita proprio da Gioia Tauro di un container contenente cobalto 60 in grandi quantità.
Insomma la mole di traffici illeciti che transitano tutti i giorni per le banchine del porto di Gioia Tauro rischia di essere della stessa misura dei traffici legali costituiti principalmente da sostanze chimiche pericolose. L’arrivo delle armi chimiche siriane è nulla a confronto di quello che avviene ogni giorno in quel porto.