Ghouta, sei anni sotto i bombardamenti: non si seppelliscono più i cadaveri
“La vita qui è come giocare alla roulette russa. Al mattino esco per cercare del cibo per la mia famiglia, potrei tornare o forse no. Se siamo fortunati, torno con qualcosa da mangiare e mi accolgono come se arrivassi dall'altro capo del mondo. Anche solo il tentativo di cercare un po’ di litri d'acqua può costarti la vita”. Ahmad Khanshour, vive a Duoma ed è una delle voci della Ghouta orientale, stremata da sei anni di assedio e bombardata senza sosta. Dal 18 febbraio, l’intera area a est di Damasco è sotto attacco dell’esercito siriano e dei suoi alleati: la Russia, le milizie iraniane e quelle libanesi di Hezbollah. Un’offensiva che in poche settimane ha già provocato oltre 1000 morti, tra cui centinaia di donne e bambini.
“È quasi notte e non c’è luce nella Ghouta Orientale – prosegue Ahamad – per due motivi. Il primo è che non c’è corrente e il secondo è che se avessimo anche solo una piccola luce alla finestra, un aereo la bombarderebbe”. “Si sentono gli aerei ed elicotteri da guerra sorvolare il cielo. A volte ci sono momenti tranquilli ma durano pochi minuti. Da settimane dormo solo per un’ora o due. Il rumore degli aerei è terribile e fa andare nel panico le donne e i bambini. E’ insopportabile, un incubo”, confessa questo padre di due bimbi di uno e tre anni.
L’avanzata delle truppe di Assad è stata inesorabile e più della metà della Ghouta orientale è caduta sotto il controllo governativo. La città di Mesraba è stata riconquistata e l’intera area si trova divisa in tre parti. Douma e Harasta sono completamente circondate. Proprio a Douma, il consiglio locale ha dichiarato che la situazione è “catastrofica”. “Più di 20 giorni di campagna crudele – si legge in una nota – hanno portato a un deterioramento della situazione umanitaria e alimentare fino ad un livello catastrofico”. Le sepolture dei morti nel cimitero della città sono state sospese a causa dell'intensità degli attacchi aerei. Migliaia di famiglie in fuga stanno arrivando in città e sono costrette a rimanere per strada o nei giardini pubblici perché gli scantinati e i rifugi sotterranei sono già sovraffollati.
Gli operatori umanitari delle Nazioni Unite, della Croce rossa internazionale e della Mezzaluna rossa sono entrati la settimana scorsa con i primi aiuti alla popolazione. Davanti a loro distruzione e miseria ovunque, intere famiglie costrette a vivere sottoterra per sfuggire alle bombe. Bimbi denutriti che da giorni non vedono la luce del sole. “Hamoud, 2 anni, pesa solo 7 kg e il suo pasto quotidiano è una tazza di latte mescolata con pezzi di pane. Sua madre ci ha detto che tutta la famiglia mangia un pasto al giorno”, ha scritto Jakob Kern, il direttore del Programma alimentare mondiale (Wfp) in Siria, denunciando l’insufficienza degli aiuti umanitari che finora sono entrati nella Ghouta.
I bombardamenti per strappare l’enclave controllata dai ribelli continuano senza sosta: domenica sono stati 42 i morti e anche ieri i combattimenti hanno provocato diverse vittime. Fonti russe hanno affermato che decine di civili sono riusciti a fuggire dalla Ghouta orientale attraverso i corridoi umanitari previsti dal presidente russo Putin. Secondo alcune testimonianze locali, invece, sono pochi gli abitanti che starebbero lasciando le loro case. “Le persone ad Harasta hanno pochissime opzioni. Possono rimanere e morire sotto gli attacchi aerei o possono consegnarsi alle forze governative e affrontare arresti di massa, torture e uccisioni”, ha affermato Zaher Hassoun, un attivista locale.
“Per il bene del popolo siriano e dell'integrità del Consiglio di Sicurezza, dobbiamo rispondere e agire. Il cessate il fuoco è fallito. La situazione dei civili nella Ghouta orientale è terribile e gli Stati Uniti stanno agendo. Abbiamo redatto una nuova risoluzione per il cessate il fuoco che non offre spazio a nessuna scusa”, ha dichiarato l’ambasciatrice Usa alle Nazioni Unite. Nel suo duro intervento al Consiglio di sicurezza, Nikki Haley ha avvertito che gli Stati Uniti sono pronti a colpire di nuovo la Siria nel caso in cui la comunità internazionale non fosse in grado di fermare il massacro di civili.
“Se è ingiusto uccidere una persona – conclude Ahamad – qui ne muoiono 100 ogni giorno. Provo vergogna nel vedere come il mondo interno assiste senza intervenire alla distruzione della Ghouta orientale. Le persone sono state affamate e assediate per sei anni e ora vengono bombardate senza sosta. Provo vergogna perché se noi moriamo, allora l'intera umanità morirà con noi”.