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Ghouta, bomba centra una scuola sotterranea: muoiono 17 bambini

Nella Ghouta orientale, una scuola sotterranea che serviva da rifugio per un gruppo di mamme con i loro figli è stata colpita da una bomba. Drammatico il bilancio delle vittime: 17 bimbi e 4 donne hanno perso la vita. E un colpo di mortaio sparato dalle zone controllate dai ribelli ha fatto una strage in un popolare mercato alla periferia di Damasco: 35 i morti. Intanto continua l’esodo di civili in fuga dai combattimenti ad Afrin e dalla Ghouta.
A cura di Mirko Bellis
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La scuola sotterranea prima e dopo il bombardamento
La scuola sotterranea prima e dopo il bombardamento

Chissà quante volte negli ultimi giorni il gruppo di bambini con le loro mamme era sceso in quella improvvisata scuola sotterranea per cercare di mettersi in salvo dai bombardamenti. Uno scantinato con le pareti colorate, uno scivolo e qualche gioco per cercare di rendere meno triste la loro infanzia e sopravvivere all'inferno sopra le loro teste. Fino a ieri notte, quando le bombe lanciate da un aereo sono riuscite ad oltrepassare i tre piani del palazzo e arrivare fino a loro. 17 bambini e quattro donne sono rimasti uccisi, è il bilancio dell’ennesimo massacro di innocenti accaduto ad Arbin, nella Ghouta orientale. Le foto diffuse dagli attivisti locali mostrano la scuola prima dell’attacco gremita di bimbi. In un’altra immagine, invece, appare lo stesso scantinato distrutto dopo la strage.

Quel che resta del deposito con gli aiuti umanitari della Croce Rossa internazionale dopo un bombardamento
Quel che resta del deposito con gli aiuti umanitari della Croce Rossa internazionale dopo un bombardamento

I raid aerei non hanno risparmiato nemmeno il deposito con gli aiuti umanitari che la Croce rossa internazionale e le altre agenzie delle Nazioni Unite avevano consegnato negli ultimi giorni alla popolazione stremata da anni di assedio. Su Douma, la città più grande della Ghouta, la notte si illumina con le scie delle bombe a grappolo lanciate dagli aerei che martellano senza sosta l’enclave ribelle.

E non si fermano neppure gli attacchi dei ribelli verso la capitale: l’agenzia statale Sana ha riportato che un mortaio lanciato dalla Ghouta ha provocato una strage in un popolare mercato alla periferia di Damasco uccidendo 35 persone. Intanto l’esercito siriano e le milizie sciite sue alleate continuano la loro avanzata sul terreno e, cittadina dopo cittadina, sono riusciti a riconquistare oltre il 70% dell’area a est di Damasco. Il presidente Bashar al Assad si è recato domenica nelle zone conquistate della Ghouta e si è fatto fotografare assieme ai suoi soldati in quella che sembra ormai un’altra vittoria del regime siriano. Da quando è iniziata l’offensiva, il 18 febbraio scorso, più di 1.400 persone sono morte, tra cui centinaia di donne e bambini.

Nel frattempo non si ferma l’esodo di civili in fuga dai combattimenti. Secondo fonti russe, 80.000 abitanti hanno abbandonato la Ghouta; per l’Alto Commissariato Onu per i rifugiati, invece, gli sfollati sarebbero poco più della metà. Il loro destino è incerto e emergendo casi di arresti arbitrari e sparizioni. Human Right Watch ha chiesto l’invio di osservatori internazionali per evitare abusi e per garantire la sicurezza dei civili che ancora rimangono intrappolati nelle città, prima della probabile capitolazione delle formazioni ribelli. “Abbiamo bisogno di osservatori sul campo”, ha dichiarato Lama Fakih, vicedirettrice per il Medio Oriente di Human Right Watch (Hrw). “Per settimane gli abitanti della Ghouta hanno sofferto la fame e le bombe e ora corrono il rischio di essere arrestati e persino uccisi”, ha aggiunto Fakih. L’allarme lanciato da Hrw segue le denunce degli attivisti all'interno dell'enclave che hanno riferito di arresti tra i civili scappati verso le zone controllate dal governo. In una riunione informale del Consiglio di sicurezza tenuta ieri, l’Alto commissariato per i diritti umani, Zeid Ra'ad al-Hussein, ha affermato che l'assedio del governo siriano alla Ghouta orientale ha comportato “diffusi crimini di guerra”, sottolineando come “l'uso di armi chimiche e la fame siano state utilizzate come arma di guerra”.

Un gruppo di bimbi in fuga da Afrin, la città del nord-ovest della Siria conquistata dall'esercito turco (Gettyimages)
Un gruppo di bimbi in fuga da Afrin, la città del nord-ovest della Siria conquistata dall'esercito turco (Gettyimages)

La situazione umanitaria preoccupa anche ad Afrin, la città a maggioranza curda del nord-ovest della Siria conquistata domenica dall'esercito turco e dai miliziani dell’Esercito libero siriano (Fsa). Anche qui decine di migliaia i civili stanno scappando. Secondo quanto ha riferito l’Alto commissariato Onu per i diritti umani, l’unico ospedale della città è stato chiuso a causa dei bombardamenti. Le immagini che arrivano da Afrin mostrano, inoltre, come gli occupanti si siano lasciati andare ad episodi di saccheggi e violenze.

Miliziani dell'Esercito libero siriano (Fsa) nel centro di Afrin distruggono la statua di Kawa, il maniscalco simbolo della lotta dei curdi (Gettyimages)
Miliziani dell'Esercito libero siriano (Fsa) nel centro di Afrin distruggono la statua di Kawa, il maniscalco simbolo della lotta dei curdi (Gettyimages)

Il presidente turco Erdogan ha dichiarato che l’operazione militare “Ramoscello d’Ulivo” continuerà. Nelle intenzioni di Ankara, dopo Afrin, le truppe turche potrebbero spingersi a Manbij, dove sono presenti soldati statunitensi, e Kobane, la città simbolo della rivincita dei curdi contro i jihadisti dello Stato islamico. Gli stessi estremisti islamici che, secondo gli Stati Uniti, starebbero approfittando dell’offensiva turca per riorganizzarsi. E tutti i tentativi per fermare la guerra in Siria, che dura ormai da oltre sette anni, sembrano destinati ad infrangersi di fronte agli interessi geopolitici delle varie potenze incuranti della sofferenza del popolo siriano.

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