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Gheddafi nascosto a Ghadames grazie alla complicità dei tuareg?

In un’intervista ad Al-Jazeera, i leader del CNT affermano di essere certi che il colonnello Muammar Gheddafi sia nascosto dalle tribù tuareg nella città di Ghadames, a confine con l’Algeria.
A cura di Simona Saviano
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l'ex rais si nasconde a Ghadames appoggiato dai tuareg locali

Dopo l'ultimo messaggio audio di Gheddafi in cui afferma di voler morire da martire, giungono delle nuove indiscrezioni sul nascondiglio dell'ex colonnello. Nelle scorse settimane le fonti libiche si dicevano quasi sicure che l'ex rais avesse lasciato la Libia a bordo di un treno, mentre oggi i membri del Consiglio Nazionale di Transizione ritengono che Muammar Gheddafi si trovi ancora in Libia, nella città di Ghadames a confine con l'Algeria, protetto dalle tribù tuareg e al contempo i suoi figli Saif al-Islam e Mutasim sarebbero nascosti rispettivamente a Bani Walid e Sirte.

La città dove sarebbe nascosto Muammar Gheddafi, protetto dai tuareg

Dopo le tante incertezze, smentite e conferme delle attuali autorità politiche libiche, arrivano delle novità sulla "Caccia a Gheddafi". Non si hanno notizie certe del colonnello dal mese di giugno scorso e i membri del CNT sperano di essere finalmente sulla strada giusta, infatti giurano che l'ex rais si trovi in questo momento a Ghadames, città a confine con l'Algeria e si appoggia alle tribù tuareg locali.

I nuovi governanti libici devono fare i conti con un ulteriore nemico: oltre i lealisti stanati nelle ultime due roccaforti di Sirte e Bani Walid, Mahmoud Jibril deve fronteggiare anche la minaccia dei tuareg.

Crediamo che si trovi in qualche luogo di quella regione e sappiamo che i tuareg lo stanno sostenendo, probabilmente perché lui li sta pagando

A Sirte e Bani Walid continuano i combattimenti nel nome di Muammar Gheddafi

Il governo di transizione libico formato dai ribelli attualmente è impegnato in un duplice attacco per demolire una volta per tutte le ultime due roccaforti dei lealisti di Gheddafi, sperando che queste siano le ultime battute di una lotta che prosegue da settimane. Per dare una svolta al conflitto interno sono arrivati anche i raid della Nato, che da qualche giorno bombardano costantemente le due città, in cui la popolazione è ormai allo stremo. Per il momento, stando alle testimonianze di alcuni inviati sul posto, sembra che la situazione sia ancora a favore dei lealisti, che controllano la maggior parte delle due roccaforti approfittando ancora una volta della mancanza di coordinamento interno dei ribelli.

Tuareg che hanno partecipato ai combattimenti a Sirte e Misurata, oggi fedeli a Gheddafi

Non deve stupire il forte legame tra i tuareg e Gheddafi, che da sempre le ha poste sotto la sua ala protettiva. Oggi orfani del leader, le comunità tuareg sembrano ripagare gli sforzi di Gheddafi e gli dimostrano fedeltà. Per anni Gheddafi ha mantenuto stretti i legami con le comunità tuareg non solo presenti in Libia, ma anche con quelle sparse nei vicini paesi africani come l'Algeria, la Nigeria e il Burkina Faso, tant'è che in tempi non sospetti (nel 2005), l'ex rais affermava che: "La Libia è il paese dei Tuareg, la loro base e il loro sostegno". Mentre tutti gli altri paesi perseguitavano questa minoranza per la mancanza di documenti, ad esempio, i libici di Gheddafi rilasciavano loro permessi di lavoro e si preoccupavano (un paradosso se si pensa ai maltrattamenti che subivano nelle carceri libiche i migranti che aspiravano ad arrivare in Europa) che non venissero discriminati.

In questo clima caotico si aggiunge la notizia delle imminenti elezioni per la creazione di un nuovo stato libico a tutti gli effetti: dopo la caduta del regime di Muammar Gheddafi nel paese stanno nascendo tanti nuovi partiti politici, anche di ispirazione islamica. E' giusto, secondo alcuni, che anche le correnti politiche religiose debbano aver voce in capitolo nel processo di formazione del Nuovo Stato, infatti secondo le parole di Abdelhakim Belhaj (capo militare del CNT e fondatore del Gruppo Islamico di Combattimento Libico): "dobbiamo resistere ai tentativi di certi politici libici di escludere alcuni gruppi che hanno partecipato alla rivoluzione. La loro miopia politica li rende incapaci di vedere gli enormi rischi di tale esclusione o la reazione di quei movimenti che fossero esclusi".

E' il segno di una rinnovata voglia di democrazia, che deve necessariamente esprimere tutte le voci interne libiche.

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