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Guerra in Ucraina

Generale Tricarico: “Biden vuole annientare Putin e la Russia. Bisognerebbe pensare ai negoziati”

Leonardo Tricarico, già capo di stato maggiore dell’Aeronautica Militare: “La Casa Bianca vuole annientare Putin come uomo, e la Russia come Paese. Il problema è che questa compromette seriamente i nostri interessi di europei”.
A cura di Davide Falcioni
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Da settimane in Ucraina parlano solo le armi. Se nella fase iniziale della guerra erano stati organizzati dei tavoli di trattativa per provare a raggiungere un cessate il fuco duraturo, da tempo ormai i dialoghi tra belligeranti sono sostanzialmente fermi e il confronto si è spostato esclusivamente sul piano militare. Da una parte c'è la Russia, che si appresta a lanciare l'offensiva finale in Donbass e vuole portare a casa un risultato concreto a fronte di decine di migliaia di morti tra i proprio soldati; dall'altra l'Ucraina, la cui resistenza è stata rinvigorita dall'afflusso costante di armi da parte dell'Occidente, tanto che Zelensky da giorni dichiara sempre più spesso di voler vincere la guerra sul campo di battaglia. Di dialoghi non c'è più traccia. Ma qual è il ruolo delle altre grande potenze, in particolare di Stati Uniti e Unione Europea? E perché, allo stato attuale, quella in Ucraina si annuncia come una guerra molto lunga? L'ha spiegato a Fanpage.it il generale Leonardo Tricarico, già capo di stato maggiore dell’Aeronautica Militare e presidente della Fondazione Icsa.

Il generale Leonardo Tricarico
Il generale Leonardo Tricarico

Dopo i primi timidi dialoghi, dalla strage di Bucha in poi i negoziati tra Russia e Ucraina si sono fermati. Perché sta accadendo?
Penso che in molti abbiano smarrito la saggezza e qualcuno sicuramente anche il lume della ragione. Mi riferisco a quegli attori che potrebbero e dovrebbero promuovere per primi negoziati di pace seri e strutturati, in particolar modo Stati Uniti, Nato, Polonia e Paesi baltici. Questi dovrebbero cercare di indirizzare Zelensky, renderlo più ricettivo e malleabile, invece lo stanno fomentando, incitando ed armando. L’ultima riunione di vertice tra USA e alleati, che si è tenuta ieri sera, va in questa direzione. La situazione è estremamente delicata, mi auguro solo che – accanto a quella ufficiale – ci sia una diplomazia parallela sotterranea che si stia muovendo per far finire questa guerra insensata. Non ho però nessuna evidenza al riguardo, mentre vi è la certezza di un ulteriore irrigidimento delle posizioni. Al momento l'unico che sta sollecitando posizioni assennate è Papa Francesco. Troppo poco. Tutto fa presagire un allungamento del conflitto.

Come si esce da questa situazione? Cosa dovrebbe fare l’Europa?
L’Europa dovrebbe rompere ogni indugio, accantonare la strategic compass e mantenerla solo per indirizzi di carattere generale, quindi cominciare a lavorare seriamente alla strutturazione di una propria identità in tema di sicurezza, abbandonando l'alibi – ormai inaccettabile – della necessità di dotarsi prima di una linea comune di politica estera. Questa è una fandonia che è stata utilizzata a lungo per giustificare una sostanziale inattività nel settore della sicurezza e che adesso come adesso non è più perdonabile. Abbiamo pagato troppo cara – e non abbiamo ancora saldato il conto finale – la delega agli Stati Uniti della difesa dell'Europa: quella delega ci è sembrata gratuita per tanti anni, ma ora abbiamo l'evidenza drammatica di quanto salato sia il conto da pagare. D'altro canto la nostra passività ci è stata rimproverata spesso dagli USA stessi. Nel giugno 2011 l'allora segretario alla Difesa Robert Gates in una ministeriale Nato lamentò la pigrizia e la ritrosia dell'Europa a contribuire alla propria sicurezza. Noi abbiamo sempre fatto orecchie da mercante e ora scopriamo che gli Stati Uniti non ci facevano un regalo accollandosi il 70% delle spese dell'Alleanza Atlantica. In cambio, infatti, hanno avuto la facoltà totale di indirizzare le decisioni dell'alleanza. In questo senso Stoltenberg non è che l'esecutore fedele di decisioni che vengono prese a Washington. Sicuramente la situazione di oggi è figlia anche di alcune decisioni prese dalla Nato negli anni scorsi.

L’UE e gli USA stanno puntando tutto sull’invio di armi a Kiev. Crede sia una soluzione saggia?
Credo sia giusto aiutare il più debole. Trovo sia sacrosanto aiutare gli ucraini, ma questo non deve essere alternativo all'apertura di un negoziato di pace. Si pensa spesso che le due cose siano contrapposte, mentre invece sono assolutamente compatibili: si deve dare la possibilità a Zelensky di negoziare da una posizione dignitosa. Il problema è che USA e Nato stanno armando l'Ucraina affinché vada fino in fondo con la guerra, e non perché sia più forte in una trattativa con Mosca. Questo è inaccettabile.

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Perché Biden sta adottando questa strategia?
Dal punto di vista di Biden Putin è uno sconfitto, di conseguenza il suo ruolo non può essere quello di riempire spazi lasciati vuoti dagli Stati Uniti in Medio Oriente, Africa e Mediterraneo. La Casa Bianca vuole annientare Putin come uomo, e la Russia come Paese. Il problema è che questa compromette seriamente i nostri interessi di europei.

La Russia continua ad avvertire l'Occidente che le forniture di armi all'Ucraina possono portare ad un confronto militare diretto. Quant'è alto il rischio di “incidenti”?
Si sta procedendo con un’escalation surrettizia. Ogni giorno si alza il livello dello scontro, ma attualmente vedo come improbabile un incidente che possa causare un'improvvisa impennata delle tensioni e un salto di qualità: anche l’affondamento della nave ammiraglia Moskva della Marina Militare russa non ha per ora determinato un’escalation. Dopo di che non si può escludere nulla: un incidente può essere sempre provocato o addirittura invocato, anche laddove non si sia verificato. In questo senso anche la guerra delle informazioni gioca un ruolo cruciale.

Nel dibattito in corso tra i soggetti che evocano prudenza ci sono molti generali, mentre tra i politici il tema viene trattato con molta "disinvoltura". Come mai?
Ho condotto una guerra, so di cosa parlo. La prima anomalia, il primo richiamo che sento di dover gridare, è che già dal conflitto in Siria e da molti altri in giro per il mondo condotti anche dagli Stati Uniti c'erano i segni di un uso troppo disinvolto della forza, arrivando agli apici di questi giorni in Ucraina. In questo caso i generali si stanno dimostrano pompieri anziché incendiari, come invece sono spesso i decisori. Per quanto riguarda l'Italia infatti la nostra classe politica è affetta da grave incultura in tema di difesa e molto spesso mancano del tutto gli strumenti conoscitivi per affrontare con ponderatezza decisioni difficili. Nel nostro Paese si è parlato troppo spesso di forze armate con connotazioni negative, legate ai costi di sistemi d'arma avanzati, dimenticando che l'esercito è composto prima di tutti da soldati il cui scopo è in primis la difesa. Di fatto oggi ci troviamo con decisori politici e istituzionali appiattiti su posizioni di altri Paesi come gli Stati Uniti verso i quali non abbiamo mai avuta nessuna interlocuzione attiva e critica, ma siamo stati talvolta totalmente proni. Insomma, l'assenza di cultura impedisce alla classe politica di prendere decisioni consapevoli, portandoci ad appiattirci sulle scelte degli Stati Uniti. E questo sta avvenendo anche con la guerra in Ucraina.

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