Gaza di nuovo sotto le bombe: “Stanno ammazzando le persone che erano appena tornate nelle proprie case”

Un carretto carico di feriti trainato da un cavallo si ribalta, la corsa disperata per la sopravvivenza finisce con decine di feriti ammassati a terra, tra il loro stesso sangue e quello dei corpi accanto. Un uomo spera che la figlia sia ancora viva, corre con la neonata tra le braccia mentre le tiene la testa che sgorga sangue. Un altro, invece, la figlia l’ha persa, la ritrova tra il cumulo di sudari bianchi ammassati nell’ospedale di Khan Younis, le tira fuori i capelli, li annusa, e li bacia, mentre intorno a lui è tutto – di nuovo – un caos. Centinaia di persone fanno avanti e indietro dall’ospedale, c’è chi porta i feriti in braccio, chi si trascina i corpi dei morti, chi cerca tra i sudari i propri cari, e chi si rifugia lì dentro sperando sia più sicuro di fuori.
“Nessuno immaginava di poter tornare a questo punto, di essere di nuovo sotto le bombe, di dover di nuovo raccogliere i corpi dei nostri cari da sotto le macerie, di dover scappare, urlare, di aver paura di andare a dormire”, racconta Sami Abu Omar, operatore umanitario gazawi di ACS raggiunto telefonicamente da Fanpage.it. “Stamattina presto, intorno alle 2 del mattino sono iniziati i bombardamenti, i caccia bombardieri volavano ovunque, più di 100 aree sono state bombardate, il numero dei morti sta salendo di minuto in minuto”.
Sono le 2 del mattino della notte appena trascorsa, quando Israele infrange il cessate il fuoco e senza nessun preavviso – se non alla Casa Bianca – dà inizio alla più violenta offensiva nella Striscia dal 19 gennaio scorso ad oggi, settimane in cui Israele aveva già più volte infranto la tregua con sporadici bombardamenti che hanno ucciso una media di tre persone ogni giorno.
“Stanno ammazzando le persone che erano appena tornate nelle proprie case per la tregua, quelle case ancora rimaste in piedi. Altre mille tende, invece, sono state bombardate. Hanno bombardato di nuovo l’ospedale di Al Shifa, le zone cosiddette umanitarie sono state bombardate, la gente non ce la fa più, – continua Sami – dopo quasi due mesi di tregua stavamo provando a rimettere a posto la nostra vita, le nostre attività, ricostruirci le case ma stanotte è tutto fallito. Siamo terrorizzati”.
Intanto arrivano nuovi ordini di sgombero delle forze israeliane (Idf) su tutte le aree alle estremità dell'enclave palestinese. Su X il portavoce dell'Idf, Avichay Adraee, chiede ai gazawi di "lasciare immediatamente" aree che vengono definite "pericolose" perché "zone di combattimento". Nel messaggio vengono citate le aree di Beit Hanoun, Khirbet Khuza'a, Abasan al-Kabira e Abasan al-Jadida e i civili vengono sollecitati a spostarsi nella parte occidentale di Gaza City o a Khan Younis, ma Sami che si trova proprio a Khan Younis insieme alla sua famiglia ribadisce: "Stamattina hanno bombardato anche qui, hanno bombardato da dappertutto, dove dovremmo andare?”
Da stamattina Israele ha, inoltre, chiuso il valico di Rafah da cui nelle scorse settimane, ogni giorno, venivano fatti evacuare una cinquantina di palestinesi malati o feriti per essere curati al Cairo. Chi, quindi, è sopravvissuto finora, se non muore sotto i nuovi bombardamenti morirà per mancanza di cure o ancora di fame o di sete. Da 17 giorni, infatti, Israele nega l’accesso agli aiuti umanitari per Gaza, al cibo e alle medicine, e ha tagliato la fornitura di elettricità agli impianti di desalinizzazione dell’acqua, assetando la popolazione.
“Da quando è finita la prima fase della tregua i valichi sono chiusi e a Gaza non è entrato più niente, né cibo, né acqua, né medicine. È tutto chiuso. Al mercato non si trova niente. – conclude Sami – La gente ha paura di cominciare tutto da capo, è una situazione molto drammatica. Nessuno pensava di ritornare a questo punto”.