Gaza, al via la prima udienza alla Corte dell’Aja contro Israele: cosa ha detto il governo Netanyahu

Un nuovo capitolo del conflitto tra Israele e Palestina si è aperto oggi nelle aule della Corte Internazionale di Giustizia (CIG) all'Aja. Dopo mesi di guerra, devastazione e accuse incrociate, si cerca ora un chiarimento formale su quali siano gli obblighi giuridici di Israele nei confronti della popolazione civile palestinese, intrappolata di nuovo da settimane in una crisi umanitaria drammatica. Alle ore 10,00, davanti a una giuria composta da quindici giudici, ha preso il via infatti una maratona di cinque giorni di udienze, alla quale parteciperanno 39 Stati, oltre a organizzazioni come la Lega Araba, l'Unione Africana e l'Organizzazione per la Cooperazione Islamica.
È stata la Palestina a rompere per prima il silenzio formale, presentando la sua denuncia contro Tel Aviv. La richiesta alla CIG, formulata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite con una risoluzione approvata a dicembre, è chiara: chiarire cosa Israele sia tenuto a fare per garantire la consegna senza ostacoli di aiuti vitali nella Striscia di Gaza, bloccati da Israele dal 2 marzo scorso. In gioco c'è la sopravvivenza di oltre 2,4 milioni di civili palestinesi, stremati da mesi di invasione e privati delle risorse essenziali per vivere.
Israele si difende e contrattacca: "Il vero imputato è l'Onu"
Israele ha scelto di non presentarsi fisicamente davanti alla Corte, giudicando il procedimento "un circo". Ma la sua voce risuona forte a Gerusalemme, dove il ministro degli Esteri Gideon Sa'ar ha convocato una conferenza stampa durissima: sul grande schermo della sala campeggiava l'immagine di Antonio Guterres, Segretario Generale dell'Onu, accanto a quella di Philippe Lazzarini, Commissario generale dell'agenzia UNRWA, sotto il titolo "J'Accuse", evocando la storica denuncia di Émile Zola: "Non è Israele che dovrebbe essere sotto processo", ha dichiarato Sa'ar, "ma l'Onu e l'Unrwa, che hanno assunto terroristi tra i loro ranghi, molti dei quali coinvolti nel massacro del 7 ottobre". Tel Aviv insomma accusa le agenzie internazionali di aver "strumentalizzato il diritto internazionale" contro Israele e di essere ormai "corrotte, anti-israeliane e antisemite".
Hamas propone una tregua di cinque anni: Israele dice no
Mentre si apre il procedimento all'Aja, un altro fronte si infiamma sul piano diplomatico. Hamas ha infatti proposto, pochi giorni fa, un cessate il fuoco di cinque anni in cambio del rilascio di tutti gli ostaggi. Ma un alto funzionario politico israeliano ha respinto oggi la proposta: "Non accetteremo mai una tregua che permetta a Hamas di riarmarsi e rafforzarsi per poi tornare a combattere con ancora più forza". La posizione di Israele è dunque la stessa di sempre: nessun accordo.
Crisi umanitaria a Gaza: Israele studia un piano alternativo per gli aiuti

La chiusura dei valichi dal 2 marzo scorso ha ovviamente aggravato la situazione nella Striscia di Gaza. Secondo l'UNRWA, oltre 500mila persone sono state sfollate dalla ripresa degli attacchi su Gaza da parte del governo israeliano e la fine del cessate il fuoco. Per cercare di evitare il collasso completo, Israele starebbe valutando, secondo il Wall Street Journal, la creazione di una nuova "zona umanitaria" nel sud di Gaza. Un'area dove gli aiuti arriverebbero direttamente agli sfollati, senza passare per Hamas, e con il supporto di aziende private statunitensi. Anche questo piano incontra però resistenze: il capo di Stato maggiore israeliano Eyal Zamir si è sostanzialmente rifiutato di affidare la gestione degli aiuti all'esercito, mentre il ministro della Difesa Israel Katz ha promesso che entro 15 giorni i valichi saranno riaperti per i convogli umanitari.
Gaza brucia: 50 morti negli attacchi israeliani
Mentre si discute di tregue e aiuti, la guerra in Palestina non si ferma. La Protezione civile palestinese ha dichiarato che solo nella giornata di ieri si sono registrati almeno 50 morti a Gaza a causa degli attacchi israeliani. L'offensiva terrestre e aerea, ripresa il 18 marzo dopo due mesi di fragile tregua, prosegue con l'obiettivo dichiarato da Israele di strappare ad Hamas tutti gli ostaggi ancora in loro possesso. Secondo le Nazioni Unite, la crisi umanitaria in corso potrebbe essere "la peggiore mai vista a Gaza" dall'inizio del conflitto.
Una settimana che potrebbe cambiare tutto

Mentre all'Aja si cerca una definizione giuridica delle responsabilità e degli obblighi internazionali di Israele, sul terreno gli sviluppi si susseguono senza tregua. Le udienze della Corte Internazionale potrebbero ora rappresentare uno snodo cruciale non solo per il futuro della Striscia di Gaza, ma anche per il ruolo delle Nazioni Unite, della diplomazia internazionale e per la stessa immagine di Israele sulla scena mondiale. Sarà una settimana di accuse incrociate, prove da esibire e verdetti morali prima ancora che giuridici. Ma al di là delle aule di giustizia, a Gaza, ogni giorno che passa continua a costare vite umane.