Gaza, a Beit Lahia feriti i piccoli calciatori dell’Al Haddaf: “Bombe durante un funerale”

Della scuola calcio dell'Al Haddaf vi avevamo parlato su Fanpage.it qualche tempo fa. Una scuola calcio di Gaza, nata a Beit Lahia e che aveva visto i bambini disperdersi nei campi profughi della Striscia dopo l'inizio della guerra. Ma nel campo di Deir al Balah, gli allenatori avevano rimesso insieme un gruppo di bambini e ripreso gli allenamenti, nonostante il protrarsi della guerra e dei bombardamenti e le condizioni di vita durissime. L'Al Haddaf è gemellata con lo Spartak San Gennaro, squadra del rione Montesanto di Napoli, un gemellaggio per far conoscere a distanza i bambini e costruire un ponte di dialogo e sostegno tra di loro.
Da quanto apprende Fanpage.it, lo scorso 5 aprile durante un bombardamento nella zona di Beit Lahia, tre ragazzini dell'Al Haddaf sono stati feriti durante un bombardamento dell'esercito israeliano.

Bambini feriti durante il bombardamento del funerale
A raccontarci cosa è successo è Wasim Al Sultan, uno degli istruttori della scuola calcio dell'Al Haddaf, che nonostante la guerra, ha ripreso gli allenamenti e le partite di calcio. "C'è stato un bombardamento durante un funerale nella zona di Sultan street a Beit Lahia – ci spiega – l'attacco ha colpito una grande folla che si era radunata per la celebrazione. Tre bambini della nostra scuola calcio sono stati colpiti dalle schegge delle bombe. Zain, Ahmed e Karim, sono i nomi dei 3 bambini feriti, hanno dagli 8 agli 11 anni. Le schegge hanno colpito i bambini alle mani, alle braccia ed alle cosce. Sono stati portati dai dottori che dovranno estrargli le schegge dal corpo. Fortunatamente sono vivi e spero davvero che possano tornare a giocare a calcio".
La zona di Bet Lahia, a nord della Striscia di Gaza, resta tra le aree più colpite dagli attacchi dell'esercito israeliano da quando è finito il cessate il fuoco. Si tratta della zona a ridosso di Erez, che vede interessati molti villaggi. E' qui a nord che sono tornati molti dei bambini dell'Al Haddaf che erano stati riuniti e rimessi insieme da Wasim e dagli altri istruttori nel campo profughi di Deir al Balah, che si trova invece a Sud della Striscia di Gaza, nella zona del valico di Rafah.
In quella zona i bombardamenti proseguono senza sosta, con l'IDF (le forze armate israeliane) che prima di ogni bombardamento inviano volantini in cui invitano la popolazione a sfollare nelle zone accanto. La stessa cosa però avviene nelle zone dove si indica di sfollare, provocando un corto circuito e impedendo in questo modo ogni via di fuga e di possibilità di sicurezza alla popolazione civile che in questo modo non sa più dove scappare.

"Siamo esausti, non sappiamo dove scappare"
"Ogni giorno che passa è sempre più difficile qui – racconta Wasim – le bombe cadono da tutte le parti, perché viviamo in una zona di confine e non possiamo muoverci. Non sappiamo dove scappare. Siamo esausti non ce la facciamo più, se scappiamo rischiamo di morire per le bombe, se restiamo dove siamo dobbiamo pregare di rimanere vivi. Le famiglie dei bambini feriti li hanno portati più a Sud, sperando di trovare una zona meno pericolosa".
Di fatto non esistono zone sicure nella Striscia di Gaza. Le persone che avevano fatto ritorno nelle proprie città e nei propri villaggi dopo il cessate il fuoco, avevano trovato solo macerie e null'altro. Con la ripresa dei bombardamenti ordinati da Benjamin Netanyahu, gli abitanti della della Striscia hanno iniziato a spostarsi in continuazione. Colonne lunghissime di profughi attraversano continuamente la zona, verso Nord, poi verso Sud, e ancora. Avanti e indietro senza meta, mentre piovono le bombe dal cielo.
Difficile provare anche solo ad immaginare la presenza reale di pseudo obiettivi militari, in un'area della Striscia di Gaza, dove non è rimasto più nulla. Le persone che scappano portano con solo le pochissime cose che hanno ancora, in alcuni casi aiutate dagli asini, in altri portandole sulle spalle. Un esodo continuo e quotidiano. C'è poi chi resta nel cumulo di macerie in cui sono ridotte le città, oppure nei campi profughi come quello dei Deir al Balah. Restano semplicemente perché sono esausti e senza forza.
Lo sforzo di Wasim e degli altri istruttori dell'Al Haddaf, grazie anche al gemellaggio con la squadra napoletana dello Spartak San Gennaro, è stato quello di restituire un minino di felicità ai ragazzini di Beith Lahia. Dall'altro lato del Mediterraneo, i coetanei napoletani mandano video, messaggi di supporto, e sono state organizzate anche delle proiezioni in differita degli incontri di calcio svolti nel campo profughi di Deir al Balah, dove c'è un piccolo campetto da calcio malmesso, utilizzato da Wasim e gli altri per riprendere gli allenamenti.