Gay in Russia, le storie di chi è costretto ad andar via: “Adesso qui tutti hanno davvero paura”
"Ora tutti hanno davvero paura", dice Danila al telefono su Telegram dall’appartamento nel palazzone tardo-sovietico dove vive con la madre a Reutov, periferia Est di Mosca. "Non si capisce su chi vogliano infierire. La polizia ha identificato alcuni miei amici che andavano a una festa. Non so con quali conseguenze", racconta. "Ho paura che qui, per noi, diventi come in Iran. O in Cecenia. Sento che rimanendo sarei in pericolo. Sì, la mia stessa vita sarebbe a rischio".
Danila, 24 anni, sta per fuggire dalla Russia. "Non ho molti soldi. Chiederò aiuto. So che c’è chi si occupa di queste cose. Spero che mi diano una mano con i documenti, e a trovare un lavoro fuori. Dove? Non so. Forse a Riga, se è ancora possibile (la Lettonia ha appena chiuso due valichi di frontiera, ndr). Ma di certo stavolta in Russia non ci torno. Almeno finché ci sarà questo regime". La madre ha sempre sostenuto Danila e anche stavolta è d’accordo. "Dopo la sentenza anti-Lgbt della Corte Suprema, credo che faccia bene ad andar via" spiega.
Dalla Russia senza amore
Danila dalla Russia era già scappato. Poche settimane dopo l’invasione dell’Ucraina decisa da Vladimir Putin. Era sceso in piazza contro la guerra e per questo si era fatto una decina di giorni di carcere amministrativo. Quindi la decisione di partire, insieme al suo compagno. "Ma all’estero, in Georgia, ho trovato solo lavori saltuari. Mi sentivo a disagio". La relazione sentimentale era presto finita. Dopo otto mesi, il ritorno a casa.
"Però è stato uno sbaglio", ammette parlando con Fanpage.it. "Partirò di nuovo". Sicuro? "Sicuro. Anche se in realtà vorrei solo tornare indietro nel tempo. A quattro o cinque anni fa. Era una Russia diversa. Sì, c’era Putin. Era meglio non dire di esser gay, non farsi notare. Ma non era certo la Cecenia (repubblica della Federazione Russa dove molti omosessuali sono stati perseguitati, torturati e uccisi, ndr). L’omofobia era più di facciata che altro", ricorda Danila. "Mi ero illuso di poter ancora vivere nel mio Paese. Invece le cose vanno sempre peggio". Danila sta intanto "ripulendo" l’account di VKontakte, il Facebook russo, da ogni riferimento che potrebbe provocargli problemi. Ci chiede di omettere il suo cognome, e l’identità della madre.
Sempre più espatri
"Le richieste di sostegno legale, psicologico e pratico per andarsene dalla Russia sono aumentate a dismisura, nelle ultime settimane, in coincidenza con il procedimento e poi con la decisione della Corte suprema", rivela a Fanpage.It Igor Kochetkov, decano della difesa dei diritti Lgbt nel Paese di Putin, fondatore della Ong Lgbt Network, che aiutò molte persone a salvarsi dalle repressioni omofobe in Cecenia.
"È vero, le richieste si stanno moltiplicando", ci conferma Dilya Gafurova, direttrice della Fondazione Sphere, sotto il cui ombrello agisce l’organizzazione di Kochetkov. Non è ancora in grado di fornire numeri precisi. Troppe chiamate tutte insieme e casi troppo diversi tra loro, per la statistica. Ma è una specie di assalto alla diligenza. "C’è panico, anche perché non si sa precisamente chi e cosa questa novità nell’ordinamento andrà a colpire. L’unica reazione è la fuga". Sia Gafurova che Kochetkov da tempo continuano il loro lavoro di attivisti da oltre confine. In Russia sono considerati "agenti stranieri". "Con le nuove disposizioni, poi, come metto piede in Russia mi arrestano. Come minimo", dice Kochetkov.
La sentenza mascherata
Il 30 novembre scorso la Corte suprema, il tribunale di ultima istanza russo, ha in pratica messo fuori legge ogni attività a favore di gay, lesbiche e transgender. È l’ultimo passo verso la costruzione più o meno forzata di una società conservatrice in linea con i "valori tradizionali" che, insieme all’imperialismo, sono alla base dell’ideologia confezionata da Putin e dagli spin-doctor del Cremlino a sostegno del regime. In risposta a una richiesta del ministero della Giustizia, la corte ha etichettato come "organizzazione estremista" e messo al bando quello che l’esposto aveva definito "movimento internazionale Lgbtq+ in Russia".
"Il fatto che non esista su questo pianeta alcun movimento internazionale del genere non ha in alcun modo inibito la corte", ironizza Kochetkov. Che ha creato un paradosso facendo registrare pochi giorni prima della sentenza proprio un "movimento internazionale Lgbt", per poter partecipare al dibattito in aula. Inutilmente. Il procedimento si è svolto a porte chiuse. Nessun difensore presente, solo rappresentanti del ministero. Non è stata resa pubblica alcuna prova. Il giudice Oleg Nefedof ha letto il verdetto indossando una mascherina da chirurgo. "Motivi di salute", ha spiegato.
"Un’atmosfera di terrore"
"È un provvedimento illegale, preso senza alcun rispondente in aula e che lascia tutto nel vago. È pronto per essere applicato a seconda delle esigenze delle autorità. Che potranno perseguire chiunque. Non solo gli attivisti Lgbt", nota Kochetkov. Una legislazione à la carte. Basterà forse sventolare una bandiera arcobaleno o indossare una maglietta o un distintivo per avere guai. "O magari solo ascoltare le Tutu", come ci diceva Danila ricordando un duo pop-rock diventato un’icona Lgbt nel primo decennio del secolo. "Lo Stato vuole aumentare la sua capacità repressiva, questa è l’unica ragione della nuova stretta su di noi", sostiene Kochetkov. "È la cosa più terrificante di ogni regime fondato sulla repressione", aggiunge Gafurova. "Non sai mai chi sarà il prossimo a esser perseguitato".
Solo due giorni dopo la decisione della Corte suprema, la polizia ha effettuato raid in almeno tre gay club di Mosca, ha appreso Sphere. Molti giovani sono stati identificati, i loro documenti fotografati. "Se in un primo momento qualcuno pensava che le disposizioni della Corte suprema riguardassero solo gli attivisti impegnati socialmente e politicamente per i diritti Lgbt, ora la sensazione è parecchio diversa", dice Gafurova: "Si è capito che dobbiamo preoccuparci proprio tutti".
Le leggi omofobe di Putin
La prima normativa per limitare i diritti Lgbtq+ in Russia è stata introdotta dieci anni fa. Si tratta della "legge sulla propaganda gay": proibisce ogni sostegno pubblico rivolto ai minori per "relazioni sessuali non tradizionali". Con le riforme costituzionali del 2020 che gli permettono di restare presidente a vita, Putin dispose poi la proibizione del matrimonio tra persone dello stesso sesso.
Dopo l’invasione dell’Ucraina, mentre il regime rafforzava il tentativo di creare un’ideologia a sostegno della guerra e del presidente, fu adottata una legge che proibiva la "propaganda gay" anche tra gli adulti. Cosa che ha portato alla censura di libri, opere d’arte e manifestazioni culturali e sfilate di moda. Si trattava — accusano gli attivisti anti-regime — di creare una campagna contro l’Occidente "degradato e decadente" e legittimare così il conflitto, in difesa dei presunti valori tradizionali della Russia. Nel 2023, è stata adottata una legge che proibisce le procedure transgender e l’assistenza medica e legale per le persone transgender. Poi, la decisione della Corte suprema sull’"estremismo" Lgbt.
Oltre il mondo Lgbt
Le autorità rigettano le accuse di discriminazione. "I diritti Lgbt in Russia sono protetti", ha detto solo poche settimane fa il vice ministro della Giustizia Andrei Loginov, secondo quanto riportato dai media moscoviti. Fatto sta che su milioni di persone, su un’intero settore della società russa, incombe ormai una cappa di incertezza e paura. Per di più, la formulazione delle nuove norme è sufficientemente vaga da permettere elasticità e criminalizzare non solo un gruppo sociale ma chiunque devii dall’ideologia ufficiale.
Secondo Dilya Garufova "qui non si tratta solo della comunità Lgbt: è un chiaro segnale dal governo che ogni persona che la pensa diversamente potrà esser colpita dal sistema repressivo". E non si tratta nemmeno di una strategia calcolata e implementata direttamente dal Cremlino. A tutti i livelli del potere, imprenditori politici e conformisti aggressivi contribuiscono a mettere al riparo l’ideologia del regime da ogni possibile attacco. Caso per caso. Spesso per interessi personali.
La politologa Tatiana Stanovaya, direttrice di R.Politik, ritiene che l’ultimo attacco anti-Lgbt sia stato voluto dal ministro della Giustizia Konstantin Chuychenko, per mettersi in luce in vista del rimpasto di governo che con ogni probabilità seguirà la rielezione di Putin alla presidenza, nel marzo 2024. "Le iniziative spontanee a difesa della purezza ideologica saranno sempre più ricorrenti, radicali e oscure", ha scritto Stanovaya su X. "È un processo simile alla fermentazione: vive di vita propria, esiste indipendentemente". Putin lo considera costruttivo.