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Il folle gioco dei richiedenti asilo per attraversare la frontiera europea: “Ci proveremo ancora”

L’altra faccia dell’Unione Europea che costruisce muri e paga la polizia croata per respingere chi scappa da guerre e povertà.
A cura di Redazione
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Il 31 agosto 2021 gli Stati Uniti e le forze Nato completano il ritiro delle truppe dall’Afghanistan, consegnando il Paese nelle mani dei talebani. I primi a pagare per gli errori commessi da Washington – insieme agli alleati europei – sono ancora una volta gli afghani. La nuova priorità della comunità internazionale è “l’obbligo morale” di evacuare da Kabul tutte le persone che hanno collaborato con la Nato. Ma proprio mentre l’Europa s’impegna a creare nuovi corridoi umanitari per salvare i cittadini afghani in fuga, alle frontiere Ue respingiamo tutti i loro connazionali che cercano protezione nei nostri paesi.

In Bosnia, al confine croato, i richiedenti asilo tentano il “game”: l’attraversamento della frontiera europea, dove i giocatori in fuga vengono spesso bloccati e rispediti alla casella di partenza come pedine di un folle gioco. Molti vivono in condizioni inumane nei cosiddetti “jungle squat”, edifici abbandonati privi di acqua, elettricità, riscaldamento, in condizioni igienico-sanitarie da far accapponare la pelle. Uno di questi – a pochi chilometri dalla città di Bihac – è abitato da circa 20 uomini, provenienti da Afghanistan e Pakistan. Hanno un’età compresa tra i 18 e i 30 anni e da anni viaggiano verso il miraggio europeo. Quasi tutti hanno provato il “game”, ma una volta intercettati dalla polizia croata sono stati bloccati, picchiati, denudati, derubati e rispediti indietro. Gli unici beni di prima necessità di cui dispongono – come coperte e cibo – sono stati donati loro da alcune associazioni umanitarie.

“Questi respingimenti vanno contro tutta la normativa europea sul diritto di asilo di persone che sono in fuga da guerre, persecuzioni o da altri motivi di sicurezza” – ci racconta Lorena Fornasir, fondatrice dell’organizzazione di volontariato triestina Linea d’Ombra -. “Si è addirittura arrivati a una tecnica terribile per cui le famiglie rintracciate nei boschi della Croazia vengono separate dai bambini. Questi ultimi finiscono nelle strutture per minori non accompagnati e i genitori pestati e rimandati indietro in Bosnia”.

Ma chi vuole vedere da vicino la strategia dell’Unione Europea rispetto alla gestione dei richiedenti asilo al confine croato, deve andare a Lipa: un’inedita struttura di segregazione senza base giuridica, travestita da centro di accoglienza. È praticamente impossibile ottenere informazioni attendibili sulle condizioni dei migranti. Non sappiamo se nei container bianchi in cui vivono ci siano luce, riscaldamento e acqua potabile. Non sappiamo se queste persone abbiano accesso a cure mediche e ad altri servizi di prima necessità. Quello che invece è certo è che ogni persona a Lipa è schedata con un numero identificativo e non può allontanarsi. Ma soprattutto impressiona che l’Unione Europea abbia investito 3,5 milioni di euro per la ricostruzione del campo – parzialmente incendiato l’anno scorso – al fine di trattenere i richiedenti asilo fuori dalla fortezza Europa.

Articolo di Francesca Canto e Claudio Rosa

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