Francia: morto un bimbo 9 anni per la malattia di Kawasaki
Un bimbo di 9 anni con la malattia di Kawasaki è morto a Marsiglia, in Francia, dopo alcuni giorni di ricovero all'ospedale La Timone. La notizia è stata diffusa da La Provence. Il professor Fabrice Michel, capo del dipartimento di rianimazione pediatrica del nosocomio, ha dichiarato alla France Presse che la giovane vittima "era entrata in contatto" con il coronavirus, ma non aveva sviluppato il Covid-19.
Primo decesso in Francia per la malattia di Kawasaki
Si tratta del primo decesso registrato finora in Francia per questa malattia, vasculite che tende a presentarsi in neonati e bambini tra 1 anno e 8 anni: un esito "estremamente raro", stando a quanto precisato da Michel al quotidiano La Provence. Pare che il piccolo abbia sviluppato "ciò che si ritiene essere miocardite". "Sarà necessario utilizzare la sua cartella clinica, per capire se non avesse una patologia preesistente", ha affermato il professor Richard Nicolas, capo del dipartimento pediatrico ORL nello stesso stabilimento. Sono circa un centinaio i bambini che dalla fine di aprile, in Francia, hanno presentato forme "atipiche" della malattia di Kawasaki: nella sola Marsiglia, che solitamente registra appena tre casi in un anno, sono cinque i bambini ricoverati nelle ultime settimane.
La possibile correlazione col Coronavirus
Non è stato ancora ufficialmente accertato un legame tra questa malattia e il coronavirus. Al di là dell'allarmismo e della fake news pediatri dell'ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo hanno avanzato l’ipotesi che una correlazione potrebbe esserci. Un report pubblicato su Lancet evidenzia un aumento di ben 30 volte del numero di casi. Lo studio dei pediatri di Bergamo mostra che, mentre sono state 19 le diagnosi in quell'area in cinque anni (fino a febbraio), tra il 18 febbraio e il 20 aprile, quindi in soli due mesi, ci sono stati 10 casi, di cui 8 positivi al virus. Otto dei dieci bambini ammalatisi tra febbraio e aprile della malattia di Kawasaki sono risultati positivi al coronavirus, ma gli autori della ricerca ipotizzano che i due casi rimanenti siano in realtà dei falsi negativi (cioè il test di diagnosi per il SARS-CoV-2 non ha funzionato su di loro).