Francesco e Cirillo, un incontro dal valore politico e non solo spirituale
Un avvicinamento politico, oltre che spirituale, perché se si è uniti la propria voce può contare di più sullo scacchiere internazionale. E’ una chiave di lettura dell’incontro in terra cubana tra la guida spirituale di tutti i cristiani cattolici del mondo (oltre un miliardo e duecento milioni) e la guida spitituale dei cristiani ortodossi di tutte le Russie (circa trecento milioni). Francesco e Cirillo hanno “deplorato la perdita dell’unità, conseguenza della debolezza umana e del peccato” e si sono abbracciati come due vecchi fratelli nonostante non si fossero mai incontrati prima e nonostante i loro predecessori non si fossero mai incontrati. Una divisione che non dura da mille anni, come hanno riportato molti osservatori distratti, ma “solo” dal 1589, data in cui fu istituito il patriarcato di Mosca. Quasi mille anni, invece, sono passati dalla rottura tra il Papa di Roma ed il patriarca di Costantinopoli, che nel 1054 si lanciarono a vicenda delle scomuniche, cancellate nel 1965.
Papa Francesco ed il patriarca Cirillo hanno firmato una dichiarazione comune dal tono solenne e dalle parole nette, senza alcun margine di ambiguità. Il testo utilizza una terminologia molto diversa da quella usata da Francesco nei suoi primi tre anni di pontificato e molto più vicina a quella normalmente usata da Cirillo. Francesco, dunque, porta a casa il risultato di aver rotto un muro sulla strada dell’unità tra i cristiani; Cirillo ne guadagna di visibilità e si pone come un leader religioso di statura mondiael. Anzi, da una lettura attenta della dichiarazione congiunta è facile capire chi sia il trascinatore e chi il trascinato. Parole che sembrano cancellare con un colpo di spugna profonde e plurisecolari divisioni di una fede comune. Le due Chiese sembrano, ormai, veramente incamminate verso l’unità, anche se il percorso sarà comunque lungo.
Trenta i punti sottoscritti da Francesco e Cirillo, sui quali hanno lavorato per mesi le diplomazie della Santa Sede e del Patriarcato. I temi trattati lasciano intendere che sia stata la parte ortodossa a dettare l’agenda. Mosca è stata, infatti, accontentata in tutti i punti più spinosi, proprio perché Francesco è stato disposto a cedere pur di incontrare Cirillo: c’è accordo sulla condanna netta del proselitismo perché “non si può quindi accettare l’uso di mezzi sleali per incitare i credenti a passare da una Chiesa ad un’altra, negando la loro libertà religiosa o le loro tradizioni” ed anche dell’uniatismo, il fenomeno per cui intere comunità di fedeli che utilizzano riti ortodossi riconoscono il Papa come guida: viene considerato un fenomeno “del passato” in quanto “non è un modo che permette di ristabilire l’unità.”
La dichiarazione è un documento fortemente spirituale, ma soprattutto politico, in cui, su alcuni temi cari a Cirillo, il patriarca trova l’appoggio di Francesco. Ci sono parole di elogio per la Russia Russia, dove la religione è tornata al centro della vita pubblica, anche per volere di Vladimir Putin, a cui Cirillo è legato a filo doppio e che ha fortemente voluto questo incontro con il pontefice romano. Anzi, si può dire che Putin sia stato il quarto protagonista dell’importante incontro, ed anche una sorta di vincitore morale. Parole distensive sulla crisi politica in Ucraina, nazione in cui la chiesa ortodossa si è spaccata in due tronconi, divisa tra filorussi e nazionalisti, mentre i cattolici subiscono gravi discriminazioni. Papa e patriarca chiedono la fine di ogni conflitto e che i cristiani si astengano “dal partecipare allo scontro e a non sostenere un ulteriore sviluppo del conflitto.”.
Tra le dichiarazioni politiche messe nero su bianco, pesantissima la condanna della persecuzione dei cristiani nel mondo, in particolare in Medio Oriente. Da qui la richiesta alla comunità internazionale di intervenire urgentemente. Francesco e Cirillo si appellano poi a “tutti i paesi coinvolti nella lotta contro il terrorismo, affinché agiscano in maniera responsabile e prudente”. Parole dure anche nei confronti dell’Unione Europa e della secolarizzazione in atto nel Vecchio Continente: “invitiamo a rimanere vigili contro un’integrazione che non sarebbe rispettosa delle identità religiose. Pur rimanendo aperti al contributo di altre religioni alla nostra civiltà, siamo convinti che l’Europa debba restare fedele alle sue radici cristiane.” Francesco e Cirillo tirano molti fendenti, con buona pace della misericordia di cui Francesco è ormai diventato alfiere.
In materia di morale, la dichiarazione comune porta anche Francesco ad esprimersi in maniera nettissima su temi rispetto a quali troppe volte era stato accusato dal mondo tradizionalista di eccessiva prudenza. Si rimarca che il matrimonio è solo tra uomo e donna, istituto “che testimonia la fedeltà degli sposi nelle loro relazioni reciproche, la loro apertura alla procreazione e all’educazione dei figli, la solidarietà tra le generazioni e il rispetto per i più deboli.” Francesco e Cirilli si rammaricano “che altre forme di convivenza siano ormai poste allo stesso livello di questa unione, mentre il concetto di paternità e di maternità come vocazione particolare dell’uomo e della donna nel matrimonio, santificato dalla tradizione biblica, viene estromesso dalla coscienza pubblica.” Condanna anche dell’aborto, perché “la voce del sangue di bambini non nati grida verso Dio” e contro l’eutanasia e le tecniche di procreazione medicalmente assistita, “perché la manipolazione della vita umana è un attacco ai fondamenti dell’esistenza dell’uomo, creato ad immagine di Dio.” Si tratta di condanne basate su principi morali cristiani definiti “immutabili” e “basati sul rispetto della dignità dell’uomo.”