Forchielli: “La Cina vuole impedire che Pelosi vada a Taiwan, potrebbero dirottare il suo aereo”
Sale alle stelle la tensione tra Cina e Stati Uniti su Taiwan.
Domani sera, infatti, è attesa a Taipei la presidente della Camera americana Nancy Pelosi, che il giorno successivo ha annunciato un vertice bilaterale con la presidente taiwanese Tsai Ing-wen. La notizia ha provocato l'ira di Pechino, che dall'ormai lontano 1945 rivendica l'isola come parte "inalienabile del suo territorio".
Lo scopo del viaggio di Pelosi è quello di "riaffermare l'impegno irremovibile degli Stati Uniti nei confronti di alleati e amici nell'Indo-Pacifico" su tematiche come pace, sicurezza, crescita economica, commercio internazionale, cambiamento climatico e diritti umani. L'iniziativa degli USA è però vista come una pesante ingerenza dalla Cina: il portavoce del ministero degli Esteri Zhao Lijian ha infatti avvertito che "l'Esercito popolare di liberazione non starà a guardare" e che Pechino è pronta a "prendere contromisure decise e forti a difesa della sovranità e integrità territoriale". Gli Usa – secondo Xi Jinping – dovrebbero rispettare il principio dell'Unica Cina, attenersi ai tre comunicati congiunti sino-americani e mantenere la promessa del presidente Biden di non sostenere l'indipendenza di Taiwan.
Insomma, nel pieno della guerra in Ucraina si prepara una nuova tensione internazionale con al centro Taiwan, piccola isola da 23 milioni di abitanti al largo delle coste cinesi su cui convergono gli interessi militari, politici ed economici delle due principali potenze mondiali. Fanpage.it ne ha parlato con Alberto Forchielli, economista, imprenditore e grande conoscitore della Cina, nonché fondatore della Mandarin Capital Partners, il più grande fondo di private equity sino-europeo.
Qual è lo scopo della visita a Taiwan di Nancy Pelosi?
Pelosi si è messa a fare politica estera per conto suo. Il suo scopo è semplicemente quello di rinverdire l'alleanza con Taiwan e ribadire che in caso di guerra con la Cina gli Stati Uniti interverranno in suo sostegno.
La risposta della Cina è stata durissima. Pechino ha promesso che ci saranno "gravi conseguenze" militari.
Credo che i caccia dell'Esercito popolare di liberazione potrebbero cercare di dirottare l'aereo di Pelosi in Cina. Credo sia assolutamente nell'ordine delle possibilità e per questo non do affatto per scontato che la presidente della Camera non cambierà idea nelle prossime ore.
E che cosa accadrebbe se lo scenario che lei ipotizza si concretizzasse? C'è il rischio di un'escalation?
Non penso. Sono tutti preparati a un'ipotesi di questo tipo e non coglierebbe nessuno di sorpresa. Sono sicuro che Biden ha pregato Pelosi di non recarsi a Taiwan, ma che la speaker ha ceduto alle pressioni dell'ala più intransigente del Partito Democratico. La "missione" di Pelosi a Taipei si discosta molto dalla linea della Casa Bianca.
Perché Taiwan è così importante per la Cina da arrivare a minacciare conseguenze militari in caso di visita di Pelosi?
Per Pechino è innanzitutto un fatto di orgoglio. Taiwan è un'isola cinese e fu occupata dai nazionalisti alla fine della guerra di Liberazione. Da allora Pechino ha promesso che l'avrebbe riportata in patria e sottolineo che questa è una volontà collettiva, di tutto il popolo cinese e non solo di chi lo governa. Sarebbe un po' come se la Sicilia fosse in mano alla mafia. Oltre alle ragioni storico-politiche ci sono poi indubbiamente quelle economiche: Taiwan è la patria mondiale dei semiconduttori, lì si producono il 70% di questi materiali al mondo.
E invece perché Taiwan è fondamentale per gli Stati Uniti?
Taiwan è uno di quei territori che permettono agli Stati Uniti di contenere la Cina e di contare i sottomarini cinesi che navigano nell'Oceano Pacifico.
In un’intervista rilasciata a Forbes un anno fa lei ha detto che "chi saprà fare business con i cinesi avrà grande soddisfazione, mentre gli altri finiranno a fare i camerieri". A un anno di distanza qual è il nostro rapporto con Pechino?
Noi italiani fortunatamente non siamo molto dipendenti dalla Cina: non abbiamo grandi scambi commerciali né investimenti cinesi e sono sicuro che nell'ipotesi di un mondo "bipolare" dovremmo rimanere nell'orbita atlantica, non diventare "schiavi" della Cina. Quella sui "camerieri" era soprattutto una battuta: volevo dire che se il nostro Paese continuerà a deindustrializzarsi per puntare solo sui servizi e il turismo, ci troveremo presto con tantissimi turisti cinesi e camerieri italiani.
Quello appena iniziato sarà il millennio cinese?
Sì. La Cina controllerà l'Asia, l'Africa, il Sud America, la Russia e pezzi d'Europa: ad esempio la Germania, che è fortemente dipendente da Pechino, molto più dell'Italia. Non rimarrà molto di americano, ma sono convinto che noi dovremmo rimanere sotto l'influenza atlantica insieme a Stati Uniti, Giappone, India, un pezzo d'Europa, Canada, Australia e Messico.