Firmata in Perù la “Legge di Consultazione” dei nativi: tempi duri per le aziende petrolifere?
A Bagua storica legge a favore dei diritti dei nativi
Il presidente dello Stato peruviano ha promulgato una legge storica che impone alle aziende petrolifere di consultare i nativi
Il presidente peruviano Ollanta Humala ha firmato ieri una legge che richiede alle aziende minerarie e petrolifere una consultazione dei gruppi indigeni prima di iniziare le operazioni di ricerca e sfruttamento di risorse naturali che si trovino nei territori abitati dai nativi. La "legge di consultazione" è stata già approvata il mese scorso dal Parlamento peruviano, ma il Presidente ha scelto la città di Bagua come luogo simbolo in cui firmare tale decreto. La nuova legge obbliga le aziende a dialogare e negoziare con gli indigeni, seppure a questi ultimi non venga riconosciuto diritto di veto sui progetti di estrazione o foratura.
LE VIOLENZE DEL 2009 – Il 5 giugno 2009 ci fu un acceso confronto (la repressione è stata definita da alcuni come la “Tiananmen amazzonica”) tra i nativi amazzonici e la polizia locale nella città di Bagua, situata a nord del paese, che causò la morte di 33 persone tra poliziotti e civili e 82 feriti. La causa scatenante delle violenze fu lo sgombero forzato di migliaia di indigeni che avevano bloccato per quasi due mesi una delle principali strade dell’Amazzonia nei pressi di Bagua. La protesta fu causata da un pacchetto di decreti legislativi emesso dal governo e dalla crescente presenza, dagli abusi e dall'inquinamento prodotto dalle aziende petrolifere. L'allora presidente peruviano Alan García Pérez inviò le forze di polizia a reprimere la folla di nativi.
A FAVORE DELLE MULTINAZIONALI – C’è stata, fino ad oggi, una legislazione peruviana sempre a favore delle aziende multinazionali alla ricerca di risorse naturali nel paese. Nonostante nel “Convenio 169 de la Organización Internacional de Trabajo" (che è la legge a livello costituzionale) si disponga che qualsiasi progetto di legge che abbia effetto sui territori indigeni debba prevedere la previa consultazione delle comunità interessate; tuttavia, secondo diverse fonti locali, nonostante le tante leggi nazionali in tema di protezione ambientale le grandi imprese interazionali riescono attraverso i profitti a porre al "proprio servizio" diversi organi statali e i mezzi di comunicazione nazionali risultano spesso controllati da stranieri. L'ex Presidente Alan García Pérez ha elaborato al tempo della sua presidenza (2006-2011) la teoria del “perro del hortelano”, in cui si affermava che i piccoli contadini o le comunità indigene, a causa dei piccoli capitali da investire, debbono lasciare il cammino libero alle grandi compagnie "predatrici della natura": era questa fino a poco tempo fa la politica per il progresso del paese. Attualmente più del 70% dell’Amazzonia peruviana è assegnata alle compagnie petrolifere e una serie di dighe idroelettriche minaccia di sfrattare decine di migliaia di indigeni dalle loro case.
UNA "STORICA" LEGGE – La formulazione di questo decreto di consultazione è frutto di mesi di dibattiti e negoziazioni, che hanno visto partecipi tutte le istituzioni e le organizzazioni di diritti umani, che si dicono sono molto soddisfatte per il risultato ottenuto. La legge prevede che le persone native debbano essere consultate prima di autorizzare qualsiasi tipo di progetto di sviluppo che coinvolga le loro terre e i loro diritti. Inoltre, se qualsiasi accordo tra la popolazione nativa interessata dal progetto e il governo non dovesse essere raggiunto, le agenzie statali dovranno adottare tutte le misure necessarie per assicurare che i diritti collettivi delle popolazioni native siano garantiti.
UN REALE CAMBIAMENTO? – Secondo le parole di Wilwer Vilca Quipe (consulente delle organizzazioni indigene nei paesi della Comunità Andina) la legge rappresenta solo un parziale passo in avanti; i popoli indigeni non chiedono soltanto un dialogo su un problema specifico, ma aspirano a sedersi a fianco del governo, che dovrebbe capire che
i popoli indigeni reclamano il riconoscimento del territorio (inteso como spazio vitale, non solo suolo, sottosuolo e aria), del proprio modello di sviluppo o piani di vita che non prevede attività estrattive a grande scala;
Le rivendicazioni sono così diverse che non possono essere risolte da un "ufficio di prevenzione dei conflitti", oppure identificandoli come semplici comunità culturalmente distinte da segnalare in una "mappa" etno-linguistica: desiderano una politica di integrazione che possa coinvolgerli anche nel processo decisionale.
"Le speranze sono enormi e le disillusioni possono essere fatali, potrebbero provocare più agitazioni sociali di quella di Bagua"