Conflitto Israele-Palestina e in Medio Oriente

“I coloni entrano nelle nostre case e distruggono tutto”: il grido di Omar dalla Cisgiordania assediata

La testimonianza di Omar, un palestinese di Nablus: “Quasi quotidianamente ci sono incursioni nel nostro campo profughi, vengono esplosi proiettili, lanciati gas e compiuti arresti arbitrari. Gli occupanti entrano nelle nostre case e distruggono tutto ciò che trovano. Faccio solo un appello al mondo. State aspettando che tutti i nostri figli muoiano? Fino a quando continuerete a chiudere gli occhi su quello che stiamo subendo?”.
A cura di Davide Falcioni
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"Vivo in un campo profughi palestinese vicino alla città di Nablus, in Cisgiordania. Qui intorno c'è un insediamento di coloni israeliani e una strada percorsa ogni giorno dall'esercito di occupazione. Quasi quotidianamente ci sono incursioni nel nostro campo, vengono esplosi proiettili, lanciati gas e compiuti arresti arbitrari. Gli occupanti entrano nelle nostre case e distruggono tutto ciò che trovano. Due giorni fa un ragazzo di soli 16 anni è stato gravemente ferito da un soldato. Hanno dovuto amputargli una gamba, sarà un disabile per il resto della sua vita". A raccontare a Fanpage.it quello che sta accadendo in questi giorni nei territori palestinesi occupati è un uomo di 60 anni. Ci chiede di non indicare il suo vero nome per il timore di una rappresaglia israeliana, perché anche parlare con la stampa internazionale e testimoniare gli orrori del sionismo qui può costare molto caro.

Un ragazzo palestinese di 16 anni gravemente ferito a una gamba dai soldati israeliani
Un ragazzo palestinese di 16 anni gravemente ferito a una gamba dai soldati israeliani

Lo chiameremo Omar, dunque. Vive a Nablus, una delle più grandi città della Cisgiordania, assediata giorno e notte dall'esercito israeliano dall'ottobre del 2023 e circondata da una decina di checkpoint che da decenni impediscono ai palestinesi di lavorare normalmente, costringendoli alla povertà e sottoponendoli a quotidiane umiliazioni. Intanto, però, le violenze dei coloni sono ampiamente tollerate quando non esplicitamente fomentate dai ministri del governo di Benjamin Netanyahu.

Negli ultimi giorni la situazione è ulteriormente peggiorata: mentre prosegue il massacro nella Striscia di Gaza, infatti, l'altro ieri l'IDF ha lanciato il più massiccio attacco alla Cisgiordania occupata dai tempi della seconda Intifada prendendo di mira in particolare Jenin, Tulkarem e il campo profughi di Al-Faraa, per poi estendere l'intervento anche ad Al-Zababdeh, piccolo villaggio vicino a Jenin abitato per la metà da cristiani e per l'altra metà da musulmani e noto per ospitare la seconda università più grande della Palestina.

"Aspettiamo l'IDF a Nablus. Siamo terrorizzati"

In un paio di giorni più di venti palestinesi sono stati uccisi e sessanta feriti nell'ambito di un’operazione militare che – nonostante gli appelli dell'ONU – non accenna ad avviarsi al termine. "L'esercito israeliano ha invaso Jenin e Tulkarm e noi aspettiamo il suo ingresso a Nablus. Ne siamo tutti terrorizzati", racconta Omar. "Gli occupanti non vogliono la pace. Vogliono solo uccidere, demolire ed espellere tutto ciò che è palestinese. Tra pochi giorni inizierà un nuovo anno scolastico, il che significherà più problemi e più paura che i nostri figli e nipoti non tornino a casa.

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Le violenze dei coloni e dei soldati israeliani vengono talvolta ostacolate da piccoli gruppi di resistenti palestinesi male armati e spesso disorganizzati, mentre l'Autorità Nazionale Palestinese – istituzione costituitasi nel 1993 in seguito agli accordi "di pace" di Oslo, guidata da Abu Mazen e spesso accusata di collaborare con gli occupanti – è incapace di reagire. "L'ANP non fa nulla per noi", spiega Omar, che non crede però che una resistenza armata possa rivelarsi abbastanza efficace contro uno degli eserciti più potenti del mondo. "Siamo stanchi degli spargimenti di sangue, non vogliamo altra distruzione. Abbiamo bisogno solo di uno Stato indipendente in cui vivere in pace".

"Siamo profughi a casa nostra. Potete immaginare cosa vuol dire?"

Quasi si commuove, Omar, quando parla della sua città. "Vivo a Nablus, l'unica città al mondo in cui un musulmano, un cristiano e un samaritano vivono nella stessa casa, frequentano la stessa scuola e università. Qui preghiamo tutti per la pace. Io, che sono musulmano, festeggio ogni anno il Natale proprio come mio fratello cristiano digiuna durante il Ramadan. Questo è il nostro modo di fare in Palestina, è così che vorremmo vivere. Ho visitato mezza Europa, sono stato anche due volte a Roma. Ma non lo crederai: non sono mai riuscito ad arrivare a Gerusalemme, distante da qui un centinaio di chilometri, perché Israele non ci permette di muoverci liberamente. Potete immaginare cosa significa essere profughi a casa nostra?".

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"State aspettando che tutti i nostri figli muoiano?"

A Omar chiediamo che cosa pensi del sostegno dell'Occidente a Israele nonostante il massacro nella Striscia di Gaza. Gli spieghiamo che l'Unione Europea ha persino rifiutato di sanzionare i due ministri israeliani Itamar Ben Gvir e Bezalel Smotrich per crimini d'odio, una misura di minima decenza che era stata proposta dall'Alto rappresentante UE per la politica estera Josep Borrell. Anche il Ministro degli Esteri Tajani si è rifiutato di sostenerla definendola "irreale". "Faccio solo un appello al mondo. State aspettando che tutti i nostri figli muoiano? Fino a quando continuerete a chiudere gli occhi su quello che stiamo subendo? Quanto dovremo attendere, prima di poter vivere liberamente? La Terra Santa è pregna del nostro sangue. Meritiamo di essere liberi".

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