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Finisce l’inverno e i bimbi tornano a “scuola”: a terra, tra i rifiuti, senza sedie, né banchi

In Afghanistan per migliaia di bambini non c’è nessuna scuola ad attenderli all’inizio dell’anno scolastico. Sono costretti ad imparare all’aria aperta, sotto il sole e in mezzo alla sporcizia. E manca perfino una lavagna.
A cura di Mirko Bellis
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Bambine afghane in una scuola all'aperto
La lezione all'aperto delle bambine afghane

La fine dell’inverno in Afghanistan segna anche il ritorno a scuola. Migliaia di alunni devono assistere alle lezioni all'aria aperta, senza un banco né una sedia. Ogni giorno per 9mila bambini del quartiere di Dasht-e-Barchi, a Kabul, all'inizio dell’anno scolastico non c’è alcuna scuola ad attenderli.

Pur di imparare sono costretti a rimanere seduti per terra, in mezzo alla sporcizia, sul fianco di una montagna. E’ difficile immagine condizione peggiore, ma per tantissimi allievi afghani questo è l’unico modo per avere un’istruzione.

“Siamo costretti a rimanere sotto il sole” si lamenta Hawa, uno dei tantissimi bambini che ogni mattina affolla la spianata dove si tengono le lezioni. “Il sole mi fa venire mal di testa e sono sempre ammalata”, aggiunge Zahra, una piccola con la testa coperta da uno scialle bianco. La situazione non è facile nemmeno per gli insegnanti: ci sono pochissimi libri e manca persino una lavagna su cui scrivere.

“Abbiamo un sacco di problemi – ha detto Assadullah, uno dei maestri – manca tutto e in queste condizioni gli alunni non possono studiare adeguatamente”. Gli abitanti della zona si sono autotassati con 150 afghani (2 euro) per ripulire il terreno su cui sorge questa scuola "a cielo aperto”, tuttavia, preoccupano le scarse condizioni igieniche e il possibile diffondersi di malattie.

Il terreno sul quale doveva essere costruita la scuola – denunciano gli insegnanti – giace ancora spoglio dopo sette anni dall'approvazione del progetto e, secondo quanto riporta Tolonews, tutti gli appelli alle autorità per risolvere la situazione sono caduti nel vuoto. E nonostante i milioni di dollari spesi per garantire in Afghanistan il diritto all'istruzione, ci sono ancora moltissimi bambini costretti a seguire le lezioni all'aperto o sotto una tenda.

Il già precario sistema educativo, inoltre, ha dovuto affrontare anche il ritorno di oltre 600.000 persone, dopo la stretta delle autorità pakistane sull'immigrazione proveniente dall'Afghanistan. E per molti dei bambini che ritornano in patria con le loro famiglie, la scuola è un lusso che non si possono permettere.

“L’educazione smette di essere una priorità quando stai morendo di fame”, ha affermato Inzar Gul, un profugo afghano rimpatriato dal Pakistan. Così i suoi quattro figli sono costretti a rovistare tra i rifiuti nella speranza di trovare un po’ di cibo. La stessa sorte di Jawid, che con solo quattordici anni raccoglie spazzatura da rivendere per portare un po’ di soldi a casa. Rimpatriato nel 2016 assieme alla famiglia, il sogno di Jawid di andare a scuola si è infranto con la povertà in cui è obbligato a vivere.

Secondo gli ultimi dati diffusi da Save the Children, quest’anno oltre 400.000 bambini – più di mille al giorno – abbandoneranno la scuola. A causa dell’incremento della violenza in tutto il Paese, quasi quattro milioni non hanno nemmeno iniziato l’anno scolastico. “Oggi doveva essere un giorno felice per tanti ragazzi che dopo un lungo inverno avrebbero dovuto far ritorno a scuola”, ha dichiarato Ana Locsin, direttrice di Save the Children in Afghanistan. “Invece, è un giorno ammantato di tragedia per milioni di loro che non possono accedere all'istruzione e stanno lottando per sopravvivere”, ha aggiunto. Il rischio concreto – denuncia l'Ong – è che il futuro di questi bambini sia segnato dallo sfruttamento: dal lavoro minorile al reclutamento forzato in qualche gruppo armato fino ai matrimoni precoci o la schiavitù sessuale.

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