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Fermati 12 uomini del branco che ha stuprato e tatuato Khadija, ma c’è chi non le crede

Arrestati 12 uomini sospettati di essere i componenti del branco che ha sequestrato e violentato Khadija. L’orrore subito dalla 17enne ha suscitato un’ondata di indignazione in tutto il mondo ma in Marocco c’è anche chi dubita della veridicità del suo racconto. La straziante vicenda di Khadija, però, dimostra come nel Paese nordafricano la violenza contro le donne continui ad essere diffusa e tollerata.
A cura di Mirko Bellis
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Khadija, la 17enne marocchina rapita e violentata mostra i tatuaggi che gli aguzzi hanno inciso sul suo corpo
Khadija, la 17enne marocchina rapita e violentata mostra i tatuaggi che gli aguzzi hanno inciso sul suo corpo

La polizia marocchina ha arrestato 12 uomini sospettati di essere i componenti del branco che ha sequestrato, violentato e torturato Khadija, la ragazza 17 enne che la settimana scorsa ha denunciato pubblicamente il suo calvario durato quasi due mesi. In un’intervista concessa all'emittente locale ChoufTv, Khadija ha raccontato di essere stata rapita a metà giugno da due uomini mentre si trovava a casa della zia a Oulad Ayad, una piccola città del centro del Marocco a 150 chilometri da Marrakech.

Sotto la minaccia di un coltello, la giovane è stata portata nella casa di uno dei sequestratori e stuprata a turno da almeno dieci persone. “Mi violentavano uno dopo l’altro”, è stata la straziante confessione di Khadija. Durante la sua prigionia i suoi rapitori l’avrebbero costretta a mantenere relazioni sessuali con altri uomini a cambio di soldi e droga. All'orrore del rapimento e lo stupro, Khadija ha dovuto sopportare anche l’umiliazione delle sevizie dei suoi aguzzini che hanno tatuato su tutto il suo corpo scritte oscene e persino una svastica sulla mano destra. "Mi hanno tatuato le braccia, non ricordo il giorno in cui è successo; mi sono svegliata una mattina e ho scoperto che le mie braccia erano gonfie e mi facevano male. È stato terribile – il racconto del suo tormento – ho pianto ma a nessuno importava. Non hanno avuto nessuna compassione”. “Ho cercato di scappare più volte – ricorda Khadija – ma sono stata catturata e picchiata, mi hanno torturato in ogni modo, non mi davano niente da mangiare o da bere. Non mi era permesso neanche fare la doccia”.

Il governo marocchino non ha fatto finora nessuna dichiarazione sulla straziante vicenda della ragazza. La polizia locale ha confermato di aver arrestato alcuni uomini, ma non fornito ulteriori dettagli. E’ stato Ibrahim Hashane, membro del pool di avvocati che si è offerto di assistere Khadija, a riferire che gli arrestatati, tra i 18 e i 27 anni, sono accusati di sequestro di persona, stupro di gruppo e violenze. In totale i sospettati sono 15 e, oltre agli uomini già finiti in manette, gli inquirenti marocchini stanno dando la caccia ad altre tre persone che sono riuscite a fuggire. Secondo indiscrezioni apparse sulla stampa marocchina, uno degli accusati avrebbe confessato la sua partecipazione nel sequestro e stupro di Khadija. Gli imputati dovrebbero comparire davanti al giudice la settima prossima.

Nel frattempo, cominciano ad emergere altri particolari sul sequestro dell’adolescente. Abdelwahed Saadi, un assistente sociale e vicino della famiglia della ragazza, ha detto che il padre di Khadija ha denunciato la sua scomparsa, ma le autorità non avrebbero iniziato alcuna indagine. “Sono persone semplici. Il padre è malato e non ha potuto fare molto per liberare sua figlia. Dove viviamo noi prospera il crimine e il traffico di droga. Le persone qui sono derubate alla luce del sole”, ha detto in un'intervista telefonica. Khadija è prima di tutto una vittima di un ambiente squilibrato. Così come i suoi sequestratori”. La ragazza ha raccontato di aver tentato di fuggire dai suoi abusatori senza mai riuscirci.

Dopo quasi due mesi di prigionia, ha detto che suo padre è riuscito a parlare al telefono con uno degli aguzzini e lo ha convinto a liberarla promettendogli che non sarebbe andato a denunciarlo. Senza il coraggio di Khadija, il crimine commesso contro di lei sarebbe rimasto impunito. La ragazza, una volta libera, ha trovato la forza di denunciare alla polizia gli abusi subiti. “Voglio giustizia. Devono pagare per quello che mi hanno fatto”, ha detto. “Non li perdonerò mai, mi hanno distrutta”.

La terribile esperienza vissuta da Khadija ha suscitato la rabbia in tutto il Paese nordafricano. Su Twitter è stato lanciato l'hashtag “siamo tutti Khadija” e una petizione su change.org ha già raggiunto oltre 70mila firme per chiedere al re Mohammed VI di fornire a Khadija assistenza medica e psicologica per aiutarla a superare il trauma. Una gara di solidarietà che, grazie alle rete, ha coinvolto migliaia di persone in tutto il mondo.

Ma accanto a chi esprime dolore e indignazione per quanto accaduto alla 17enne c’è anche chi sta dubitando della veridicità del suo racconto. Houcine Harshi, presidente dell'associazione marocchina per la difesa dei diritti umani, è scettico rispetto a quanto riferito dalla ragazza perché Khadija era conosciuta in paese per le sue frequentazioni con tossicodipendenti. Anche i parenti degli arrestati si sono fatti sentire e in un’intervista hanno affermato che la giovane si sarebbe allontanata di sua volontà e che i genitori ne erano consapevoli. Un’esperta nella rimozione di tatuaggi, infine, ha detto di aver incontrato Khadija e che i segni sul suo corpo sarebbero precedenti al periodo in cui è stata sequestrata.

A febbraio, il parlamento marocchino ha approvato una legge riconoscendo per la prima volta alcune forme di abuso e criminalizzando la violenza domestica. Ma in Marocco, i maltrattamenti contro le donne rimangono diffusi e continuano ad essere un tema tabù. “Difficilmente una donna o una ragazza, sia nelle aree urbane sia in quelle rurali, non ha mai subito molestie sessuali o minacce di violenza sessuale negli spazi pubblici”, afferma Un Women, l'agenzia delle Nazioni Unite dedicata all'uguaglianza di genere e l’emancipazione delle donne. “Commenti sessuali indesiderati, palpeggiamenti e molte altre forme di molestie sono spesso banalizzati e raramente contrastati dalle leggi”, si legge nel rapporto dell’organizzazione. Un maschilismo diffuso in cui i mariti non esistano a confessare di ritenere legittimo lo stupro coniugale. Un sondaggio, condotto nel 2016 e pubblicato a febbraio, ha rilevato che il 62% degli uomini intervistati ritiene che le donne debbano tollerare la violenza per preservare l'unità della famiglia.

La verità di quanto vissuto da Khadija verrà stabilita dalla magistratura marocchina ma, come dichiara Abdelwahed Saadi, “in nessuna circostanza si deve giustificare uno stupro”. "Questa ragazza è minorenne – ha concluso l’assistente sociale – e dice di essere stata abusata e violentata. Le sue parole devono essere prese sul serio”.

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