L’unica possibilità razionale è che nessuno ci creda, a questa guerra tra Russia e Nato, per interposta Ucraina. Che tutti abbiano i più raffinati analisti a disposizione che negano l’esistenza di questa possibilità, anche con due eserciti schierati al confine. Che tutti abbiano ben chiara una soluzione diplomatica e ci stiano arrivando coi coltelli in bocca per strappare qualcosa in più del dovuto. Perché altrimenti, se davvero dovessimo credere a quel che vediamo, a un mondo che nel 2022, più un secolo dopo il primo conflitto mondiale e nel bel mezzo di una pandemia globale, precipita in una guerra tanto evitabile quanto catastrofica, ci sarebbe davvero da rabbrividire.
Provate a pensarci due secondi: una guerra tra la Russia di Putin e un Paese che vuole entrare nella Nato, protetto dalla Nato, e guidato dall’ultradestra nazionalista, alle porte dell’Europa, un conflitto nel quale si intersecano antichi e mai sopiti odi etnici e religiosi e questioni economiche di rilevanza globale, prima tra tutte quella energetica. Un conflitto tra due blocchi – quello russo e quello Occidentale – entrambi provvisti di numerose testate atomiche. Un conflitto che avviene in un contesto economico che definire precario è un eufemismo, con l’inflazione che galoppa dopo la recessione del 2020-2021. Davvero pensate che tutto questo possa ridursi a un piccolo conflitto su scala regionale? Davvero pensate che prima o poi non chiamerà in causa anche noi?
Evidentemente no, non è possibile vada davvero a finire così male. Perché in fondo la Russia sa che non può permettersi – né economicamente, né politicamente – di invadere l’Ucraina, che le sue finanze non sono in grado di sopportare i costi dell’occupazione di un Paese grande due volte e mezzo l’Italia. Perché in fondo i Paesi europei non la vogliono nemmeno, l’Ucraina nella Nato. Perché in fondo gli americani non vogliono davvero regalare la Russia alla sfera d’influenza cinese. Perché l’Ucraina tutto vuole fuorché una carneficina della sua popolazione.
Tutto congiura a favore della diplomazia e della pace, insomma. Eppure non c’è parte in causa, in questo chicken game da adolescenti cresciuti male, che pare prendere in seria considerazione quanto bruci il fuoco con cui sta giocando. Non lo fa la Russia, che continua ad ammassare truppe al confine con l’Ucraina e in territorio bielorusso. Non lo fa l’Ucraina, che a causa della pressione della destra nazionalista rifiuta di prendere in considerazione la possibilità di fare un passo indietro di fronte alla possibilità di far parte della Nato e di sedersi al tavolo dei negoziati a partire dagli accordi di Minsk che sancirono – si fa per dire – il cessate il fuoco nel 2014. Non lo fanno gli Usa di Joe Biden, che ogni volta che apre bocca sembra voler alzare il livello della tensione di qualche atmosfera. Non lo fa l’Europa, al solito impotente, che traccheggia in ordine sparso, con le velleità di protagonismo dei suoi leader inversamente proporzionali al loro peso geopolitico. Non lo fa nemmeno l’opinione pubblica, che a questo giro – e a differenza di quanto accadde meno di vent’anni fa per l’Iraq, stavolta non si è mobilitata per chiedere la pace e una soluzione diplomatica delle controversie.
Tutti sembrano vivere un tempo sospeso in cui di guerra – perlomeno in Europa – se ne può parlare finché si vuole, ma non succederà mai, in cui gli eserciti sono strumenti di mera deterrenza, in cui la popolazione può morire di tutto quel che vuole, ma non sotto le bombe. Non succederà, e probabilmente avranno avuto ragione tutti, Ma se mai succederà sarà anche colpa di questa generale incosciente sottovalutazione di una crisi che avrebbe meritato ben altra prudenza e per ben altra attenzione per le conseguenze. Non succederà, ma se succederà ci ricorderemo della pandemia come di un’epoca di gioia e felicità. Svegliamoci, finché siamo in tempo.