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False accuse e finte foto di sequestri: la nuova truffa che allarma l’Australia

In scena sempre il solito schema: l’accusa di aver compiuto un crimine e l’iniziale richiesta di soldi. Poi l’escalation, con le foto dei finti sequestri da mandare ai genitori. Nel Nuovo Galles del Sud, salgono a 4 le vittime della truffa dei “falsi rapimenti”.
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Foto NSW Police
Foto NSW Police

Sono preoccupanti i dati provenienti dal Nuovo Galles del Sud (NSW), stato dell’Australia sud-orientale. Negli ultimi tempi, infatti, secondo quanto riportato dalla NSW Police sembra spopolare una nuova truffa che prende di mira giovani studenti di origine cinese e le loro famiglie.

Solo nell’ultimo mese, sono 4 i casi di truffa segnalati dalla polizia, per un totale di oltre 750,000 dollari pagati dalle vittime. Lo schema è ricorrente e prevede un’iniziale chiamata, generalmente in mandarino, nella quale al giovane viene comunicato che è coinvolto in un crimine: per evitare di essere arrestato o perfino deportato, allo studente viene chiesto di pagare ingenti somme di denaro.

Lo sconosciuto interlocutore generalmente si qualifica come un rappresentante delle autorità cinesi o direttamente come un ufficiale di polizia. Tramite l’uso di apposite tecnologie, risulta impossibile localizzare la chiamata e anche le modalità di comunicazione usate negli stadi successivi della truffa sono criptate e quindi non accessibili alle forze dell’ordine (WhatsApp, WeChat).

Si tratta di un piano complesso, un’estorsione che procede per gradi: inizialmente, quindi, al giovane vengono chiesti dei soldi per salvarsi dall’arresto; dopo l’invio, però, avviene un’escalation.

A quel punto alla vittima viene chiesto di inscenare il proprio rapimento: i giovani devono scattarsi delle foto in cui sembrano sequestrati, con polsi e caviglie legate, vestiti strappati o direttamente senza. Queste foto vengono poi spedite alle famiglie, nella quasi totalità dei casi residenti in Cina, accompagnate da una richiesta di immediato riscatto.

Foto NSW Police
Foto NSW Police

In uno dei quattro casi denunciati nel NSW, la vittima è una ragazza 22enne di origini cinesi ma attualmente residente a sud di Sydney. Racconta di aver ricevuto una chiamata da quella che era convinta fosse la polizia cinese, che dopo averle comunicato che era coinvolta in un atto illegale, le chiedeva 20,000 dollari (da versare rigorosamente su un conto all’estero) per dimostrare la sua innocenza.

Dopo il primo versamento, però, il ricatto era continuato, con l’ulteriore richiesta di 174,000 dollari. In questo caso alla giovane era stato chiesto di fingere il proprio rapimento in una camera d'hotel, per poter poi inviare la foto ai genitori e ottenere così il riscatto.

Fortunatamente per la studentessa, qualcuno dall’università, notando il malessere della giovane, si è messo in contatto con la polizia locale, che è riuscita a risalire alla ragazza prima che la truffa finale potesse compiersi.

“È vergognoso prendersela con studenti internazionali – afferma il detective capo Joe Doueihi – la maggior parte vive in un Paese nuovo, lontana dai propri cari per la prima volta nella loro vita”.

La polizia ha quindi diffuso un avviso che mette in guardia gli studenti: si consiglia, in caso di chiamate del genere, di riagganciare e contattare immediatamente il Consolato Cinese a Sydney e di avvertire la NSW Police.

“Le vittime non devono assolutamente vergognarsi o provare imbarazzo nel denunciare l’accaduto”, conclude Doueihi, che assicura che la polizia sta lavorando al fianco del governo, delle università e delle Ambasciate Cinesi per porre immediatamente fine a questo fenomeno.

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