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Cambiamenti climatici

Everest, con lo scioglimento dei ghiacciai riemergono i corpi di centinaia di alpinisti morti

Il cambiamento climatico sta accelerando lo scioglimento di ghiacci e neve sul Monte Everest; così riemergono i corpi di centinaia di alpinisti morti in un secolo di scalate alla vetta più alta del mondo.
A cura di Davide Falcioni
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I corpi di centinaia di alpinisti che nel corso dei decenni hanno tentato di raggiungere la vetta dell'Everest, la montagna più alta del mondo con i suoi 8.849 metri di quota, stanno riemergendo a causa dal cambiamento climatico: l'aumento delle temperature, infatti, sta accelerando lo scioglimento dei ghiacci e delle nevi portando alla luce moltissimi dispersi, per lo più uomini vittime di incidenti o del maltempo.

Tra quanti quest'anno hanno scalato la cima più alta dell'Himalaya c'era anche una squadra il cui scopo non era quello di raggiungere il "picco del mondo", bensì recuperare i resti di esistenze dimenticate. Tra molti pericoli, il team ha già recuperato cinque corpi congelati, poi trasportati a Kathmandu, la capitale nepalese. Due sono stati pre-identificati in attesa di "test dettagliati" per confermare la loro identità, secondo Rakesh Gurung del ministero del Turismo del Nepal.

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Questa campagna nepalese tra l'Everest e le vicine vette Lhotse e Nuptse è irta di pericoli e difficoltà. "A causa degli effetti del riscaldamento globale, corpi e rifiuti diventano sempre più visibili man mano che la copertura nevosa diminuisce", ha spiegato ad Afp Aditya Karki, maggiore dell'esercito nepalese a capo di una squadra di 12 soldati e 18 alpinisti. Oltre 300 persone sono morte scalando la montagna himalayana dall'inizio delle spedizioni negli anni '20, otto dei quali solo negli ultimi sei mesi. Molti corpi sono rimasti dispersi, alcuni nascosti dalla neve o nei profondi crepacci della montagna e con ogni probabilità lì resteranno per sempre. Altri, ancora vestiti con la loro colorata attrezzatura da arrampicata, sono diventati punti di riferimento per la vetta per gli scalatori, portando soprannomi come "Stivali verdi" o "La bella addormentata". Molti corpi si trovano nella cosiddetta "zona della morte", dove l'aria rarefatta e i bassi livelli di ossigeno aumentano il rischio di mal di montagna.

Il recupero dei cadaveri ad alta quota è un argomento molto controverso per la comunità degli alpinisti: ogni spedizione infatti costa migliaia di dollari e sono necessari fino a otto soccorritori per ciascun corpo, uomini che a loro volta rischiano la vita per recuperare cadaveri. Ad alta quota è difficile trasportare carichi pesanti e un uomo morto può pesare più di 100 chili. Per Aditya Karki, tuttavia, questo sforzo è necessario. "Dobbiamo riportarne indietro il più possibile", dice. "Se continuiamo a lasciarli lì le nostre montagne si trasformeranno in cimiteri".

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