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Essere giornalisti in Messico: la storia di Lydia Cacho

Lydia Cacho è una giornalista e attivista messicana che dal 2005 riceve costantemente minacce di morte a causa del suo lavoro. Il suo impegno, però, non è mai venuto meno.
A cura di Alfonso Biondi
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Giornalista messicana

Un mestiere pericoloso, soprattutto in Messico. I giornalisti e gli operatori dell'informazione che lavorano in Messico rischiano spesso di essere aggrediti e uccisi, soprattutto se pestano i piedi a qualcuno. E i dati diffusi dalla Commissione nazionale per i diritti umani parlano da soli: dal 2000 nello stato dell'America centrale sono stati uccisi almeno 70 giornalisti. A parte le vittime, sono 13 i cronisti rapiti dei quali non si ha più notizia. A rischiare è chi si occupa di corruzione, criminalità organizzata, narcotraffico, prostituzione e pedofilia. Il tutto in un clima di impunità che fa sì che i responsabili  non paghino quasi mai per i reati commessi.

LYDIA E LOS DEMONIOS DEL EDEN- E' in questo clima che vive e lavora Lydia Cacho, giornalista, scrittrice e attivista messicana per i diritti delle donne e dei bambini. Le minacce a Lydia inizano ad arrivare nel 2005, anno in cui esce il suo libro Los Demonios del Edén. Nel libro la scrittrice denuncia un circuito di pedopornografia e prostituzione che operava nonostante della cosa fossero a conoscenza politici e uomini d'affari dello stato di Quintana Roo e di Puebla.  Viene accusato in maniera esplicita Jean Succar Kuri (noto proprietario di alberghi), citando le dichiarazioni delle vittime e le prove filmate con videocamera nascosta. Accuse anche a politici come Emilio Gamboa Patrón e Miguel Ángel Yunes.

ARRESTATA ILLEGALMENTE- Nello stesso anno Lydia viene citata per diffamazione da Kamel Nacif Borge- un uomo d'affari di Puebla accusato da Cacho di proteggere Succar Kuri- per poi essere illegalmente arrestata da un gruppo di poliziotti. Dalle parole si passa subito ai fatti: la donna viene malmenata e, prima di essere rilasciata su cauzione, subisce minacce e intimidazioni.  Poco dopo vengono fuori delle intercettazioni che provano come Nacif Borge e Mario Plutarco Marín Torres (Governatore di Puebla) si fossero accordati per l'arresto e i maltrattamenti della donna in modo da intimidirla. Nel 2007 la Corte Suprema del Messico dichiara che l'arresto era ingiustificato e, per questo motivo, la donna viene invitata a lasciare il Paese dalla Commissione nazionale per i diritti umani. Ma lei resta e, come se nulla fosse, continua la sua attività di cronista e attivista, impegnandosi da sola a indagare e risolvere casi riguardanti omicidi e abusi su donne a Ciudad Juárez.

LE NUOVE MINACCE- Nel 2010 Lydia pubblica un nuovo libro ("Las esclavas del poder"): stavolta la sua denuncia riguarda la tratta di donne e ragazze. Come di consueto  vengono fatti i nomi delle persone presumibilmente legate a queste reti criminali. Le minacce però continuano ad arrivare: il 14 giugno di quest'anno la scrittrice riceve minacce di morte in un'email indirizzata alla Fondazione Lydia Cacho, che ha sede in Spagna. Il 17 giugno un'altra minaccia le giunge via telefono da uno sconosciuto. Si tratta dell'ultimo avvertimento.

LYDIA: "NON MI FARANNO TACERE"- Ma Lydia non ha nessuna intenzione di farsi intimidire. Come riportato da Foxnews Latino, la donna ha dichiarato che le minacce di morte non fermeranno il suo lavoro a difesa dei diritti delle donne: "Vogliono mettere a tacere il mio lavoro e il mio impegno per i diritti delle donne perché sanno che li abbiamo colpiti. Ma questo non succederà". E sulla provenienza delle ultime minacce, la donna già s'è fatta qualche idea: "Per fortuna abbiamo già ipotizzato da dove arrivino le minacce- ha dichiarato- e, sebbene non siamo ancora certi del nome del responsabile, faremo presto delle rivelazioni". In bocca al lupo, Lidia.

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