Emergenza umanitaria in Somalia, per l’Onu “il Paese è sull’orlo di una carestia”
Fame, guerre e inflazione. La gravissima crisi umanitaria, ambientale e politica che imperversa in Somalia, consegna ai suoi abitanti un Paese sempre più nel baratro. L'Agenzia delle Nazioni Unite per il coordinamento e la gestione degli affari umanitari ha lanciato oggi, lunedì 5 settembre, un altro disperato allarme sulla situazione ormai critica e fuori controllo. Lo ha fatto per bocca del suo sottosegretario, Martin Griffiths, in un comunicato stampa da Mogadiscio, dove al momento si trova impegnato in una missione. Le sue parole lasciano ben poco spazio all'immaginazione: "La carestia bussa alla porta. Quello di oggi è l'ultimo avvertimento".
Attualmente, 7 milioni di persone sono strette nella morsa dell'insicurezza alimentare, altre 213mila sono in condizioni del tutto disperate. Sono 1,5 i milioni di bambini che soffrono per via della malnutrizione. Questi i dati allarmanti diffusi dal World Food Program. Dopo decenni di guerre civili e instabilità politica, ora il paese fa i conti con gli effetti disastrosi del conflitto russo-ucraino: prima dell'apertura delle ostilità, la Somalia acquistava per il 90% del suo fabbisogno il grano dalla Russia. Risorse adesso diventate inagibili per via delle sanzioni nei confronti di Mosca e la conseguente inflazione. Ad aggravare la situazione è stata poi la quasi totale assenza di piogge, circoscritta ad eventi limitati solo ad alcune aree ristrette e per periodi di tempo brevissimi.
"Le stagioni di ottobre-dicembre 2020, marzo-maggio 2021, ottobre-dicembre 2021 e marzo-maggio 2022 sono state tutte segnate da precipitazioni al di sotto della media, lasciando ampie zone della Somalia, dell'Etiopia meridionale e sudorientale e del Kenya settentrionale e orientale di fronte al siccità più prolungata della storia recente. La stagione delle piogge marzo-maggio 2022 è stata la più secca mai registrata negli ultimi 70 anni", si legge proprio nell'ultimo rapporto dedicato alla siccità nel Corno D'Africa a cura dell'OCHA. Quella attuale sarebbe quindi la quinta stagione delle piogge caratterizzata da siccità diffusa. Un'eternità per la popolazione oramai stremata dalla fame.
La carestia potrebbe scoppiare nel giro di poche settimane in alcune regioni, tra ottobre e novembre, se il bestiame e i raccolti continueranno a morire e l'impennata dei prezzi continuerà a erodere il potere d'acquisto. L'ultima carestia dichiarata in Somalia, nel 2011, ha ucciso un quarto di milione di persone. Di fronte a questa crisi, il Wfp sta lavorando per aumentare la sua risposta alimentare e nutrizionale di emergenza per raggiungere un totale di 4,5 milioni di persone al mese, ma avrebbe bisogno di 327 milioni di dollari fino a gennaio 2023 per continuare a salvare vite umane. Il divario tra fame e risposta umanitaria si sta allargando.
"Nell'ospedale di Baidoa abbiamo avuto il privilegio non invidiabile di vedere i bambini così malnutriti che riuscivano a malapena a parlare", ha riferito sempre in conferenza stampa Griffiths, partito alla volta del paese lo scorso 1 settembre per incontrare le comunità colpite, i funzionari governativi e le organizzazioni partner. "Abbiamo bisogno di più finanziamenti, in particolare per le organizzazioni somale. Perché sono le organizzazioni somale, come è il caso in molti paesi, a essere i soccorritori in prima linea, i primi soccorritori, a prendersi il rischio, a fare le consegne, con il supporto di molte altre coraggiose e importanti agenzie umanitarie. Quindi ci servono più fondi", ha dichiarato lo stesso sottosegretario.
La guerra civile: l'altro eterno flagello per il Paese
Come se non bastasse la siccità, a spargere sale sulle ferite contribuisce, in maniera decisa, anche il conflitto tra le forze coalizzate del governo federale somalo e i gruppi jihadisti presenti nel territorio. Come riporta il quotidiano locale Somali Guardian, la scorsa notte il gruppo terroristico islamico di Al-Shabaab ha assaltato un convoglio che trasportava rifornimenti per la città di Mahas, nella Somalia centrale, scortato da milizie filo-governative. Almeno 20 persone avrebbero perso la vita a seguito dell'agguato.
La cellula somala di Al-Qaeda da una quindicina d'anni vuole imporre alla Somalia una versione estrema della sharia, la legge islamica. Si tratta dello stesso gruppo che per mesi ha tenuto in ostaggio la cooperante italiana Silvia Romano, rapita in Kenya nel novembre 2018. Cacciati da Mogadiscio nel 2011, il gruppo ha perso il controllo della maggior parte delle città ma conserva una notevole presenza nelle campagne, dove spesso organizza attentati insidiando il governo nazionale di Mogadiscio appoggiato dall'Onu.