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Elezioni USA 2024

Elezioni Usa, l’esperto: “Ritiro di Biden è unica speranza che hanno i democratici per vincere”

Il professor Mattia Diletti, docente della Sapienza Università di Roma ed esperto di politica americana, ha commentato a Fanpage.it il primo dibattito televisivo avvenuto tra Joe Biden e Donald Trump per la corsa alla Casa Bianca. “Brutto spettacolo per la democrazia Usa. Biden è andato molto male, ora gli chiedono di farsi da parte. Trump ha condotto il gioco ma dicendo bugie epocali”, ha spiegato il professore.
Intervista a Mattia Diletti
Docente della Sapienza Università di Roma ed esperto di politica americana.
A cura di Eleonora Panseri
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"Il fatto che il dibattito si sia svolto con questo anticipo, a giugno, è un'assoluta novità e non è un fatto secondario, soprattutto dopo averlo visto. Perché è evidente che sia andato molto male per Biden, c'è anche un hype mediatico negli Stati Uniti, con una pressione molto forte da parte di esperti, media, politici che chiedono a Biden di farsi da parte".

A commentare così a Fanpage.it il primo dibattito televisivo avvenuto tra Joe Biden e Donald Trump per la corsa alla Casa Bianca è il professor Mattia Diletti, docente della Sapienza Università di Roma ed esperto di politica americana. "C'è, per esempio, un'articolo di Thomas L.Friedman, un commentatore molto autorevole, uscito sul New York Times a proposito di questo. Il fatto che il dibattito si sia svolto a giugno può però aiutare per un eventuale ma complicato cambio in corsa".

Professor Mattia Diletti, docente della Sapienza Università di Roma ed esperto di politica americana.
Professor Mattia Diletti, docente della Sapienza Università di Roma ed esperto di politica americana.

Professore, lei come descriverebbe questo primo dibattito?

Il dibattito ha dato un'immagine negativa della democrazia americana ed entrambi sono un presidente e un ex presidente impopolari. A volte il fatto che abbia una fanbase così motivata a suo favore, ci fa dimenticare che Trump ha un indice di gradimento sotto il 50% ed è malvisto da un pezzo di America moderata che guarda con disagio al fatto che ci sia in corsa un candidato condannato. Da altri invece è visto come un estremista, una scheggia impazzita.

Però, in generale, è stato un brutto spettacolo anche per il ruolo che hanno avuto i giornalisti. I due si sono potuti insultare senza che nessuno moderasse e Trump ha potuto dire un numero sconfinato di ‘bugie' senza che un giornalista potesse fare fact-checking perché era vietato dagli accordi tra gli staff. Siamo oltre ogni accettabilità e ragionevolezza.

Per esempio, Trump, prima di entrare, ha sostenuto, come fece nel 2016 e nel 2020, che il suo concorrente avrebbe preso droghe per sostenere il dibattito. E ha detto anche altre cose enormi. Non è possibile che una democrazia come quella degli Stati Uniti possa permettere che si arrivi a questo livello, io sono rimasto esterrefatto. Se la democrazia americana continua a degenerare in questo modo, di riflesso degenerano anche le nostre perché siamo troppo interconnessi.

Com'è andato Donald Trump?

Visto dall'elettore trumpiano, per i suoi canoni, è andato bene, anche se non benissimo. Non ha fatto particolari scivoloni, c'era la paura che ‘desse di matto', nessun particolare errore. Ha ‘fatto Trump', nel senso che ha detto una serie di cose false, bugie epocali, come il fatto che Biden sia favorevole all'aborto anche dopo il nono mese di gravidanza.

Ma, come si dice in gergo calcistico, entrava in campo controllando la partita e, di fatto, l'ha controllata. Anche il format l'ha aiutato molto, il non avere contraddittorio. Lui è una figura che non lo ammette, anche se in democrazia non è il massimo. Ha basato la sua fortuna sul sentimento anti-establishment, è arrivato nel momento giusto.

Ma va anche detto che, se non avessimo questo sistema elettorale basato sui ‘grandi elettori' e su 50 competizioni che si sommano, Trump non sarebbe un candidato plausibile perché è troppo estremista. Ricordiamo che nel 2016 ha vinto prendendo 3 milioni di voti in meno di Hillary Clinton ma vincendo negli Stati giusti. Nel 2020 ha perso di 7 milioni di voti.

I repubblicani e lui però sono stati capaci di sfruttare politicamente il meccanismo elettorale per conquistare uno spazio. Noi descriviamo quest'America in rivolta, contro l'establishment, ed è tutto vero, ma questa, anche dal punto di vista del voto, è minoritaria. Perché in alcuni Stati decisivi funziona Trump oppure, come nel 2016 con Clinton, non funziona l'altro candidato.

Sulle tematiche affrontate durante il dibattito cosa possiamo dire?

Sui temi loro hanno detto esattamente quello che ci si aspettava dicessero, da questo punto di vista non c'è stata alcuna sorpresa. Ma questo era un dibattito tutto sul vedere a che punto erano i candidati. E l'occhio era soprattutto puntato su Biden, perché Trump in qualche modo entrava nel match ‘favorito'. L'unica preoccupazione del suo staff era che esagerasse, ma lui, come già detto, non si è avventurato in cose pericolosissime. E il test era proprio sulla persona, più che sui contenuti.

Perché è stato organizzato con questo largo anticipo?

Questo è difficile capirlo perché sono stati soprattutto i democratici a volerlo. Sui social adesso ci sono commenti di malpensanti: sostengono che questo dibattito potesse essere l'ultimo treno per testare Biden. Ma lo ha voluto proprio lo staff dell'attuale presidente, dato che si sentiva indietro nel gradimento degli americani, quindi poteva essere un modo per riportare al centro il candidato. Ma se questa era la ratio, possiamo dire che lo staff di Biden ha perso questa opportunità e che chi invece pensava alla sua sostituzione ora ha filo da tessere.

Dopo il dibattito infatti sono tanti quelli che sono tornati su questa ipotetica sostituzione…

Io direi che non si parla d'altro, se uno apre i giornali americani questo è il tema. Ci sono i titoli del Washington Post e del New York Times, gli editoriali, c'è il commento anonimo di uno dello staff di Biden che dice: ‘We are fu**ed up, siamo fo***ti".

Ma quali sono le debolezze che hanno visto in Biden nel dibattito e negli scorsi mesi?

La capacità cognitiva, la tenuta fisica e mentale. Il tema di cui si parla da settimane è stato quello della campagna elettorale. Il presidente non riusciva a finire le frasi: aveva chiaramente delle frasi preparate sotto i 40 secondi, aveva più tempo ma non le finiva per paura di avventurarsi da qualche parte e c'era il giornalista che gli diceva: ‘Guardi che ha più tempo'.

Ha fatto anche una gaffe gigantesca a un certo punto. A volte sono cose che possono non contare, ma ora, siccome tutti guardavano a questo, resta il tema: la capacità di Biden di essere credibile come candidato. E lui questa sera ha ricevuto una picconata pazzesca.

Ci sono stati anche altri episodi di cui sono stati diffusi i video, come quello del G7, per esempio?

Sì, però lì ancora si poteva dire che erano dei contenuti manipolati, invece in questo caso era un test pieno. In passato sono stati manipolati dei video di Biden per farlo sembrare in difficoltà cognitiva, mentre in realtà si trattava di situazioni del tutto normali. Ma questa era una diretta. Quindi, adesso la strada dei democratici diventa molto complicata.

Può essere quindi letto come una sorta di autosabotaggio? Cosa succederà adesso?

Lo è stato, ma il problema è che ora, dal punto di vista tecnico, per fare in modo che salga a bordo un altro o un'altra candidata è necessario che Biden decida con il suo staff di farsi da parte. Ed è complicato perché negli Stati Uniti, di fatto, i partiti non sono fatti come quelli europei, non c'è una segreteria che ti sfiducia, il presidente in carica è anche il capo del partito. Quindi, secondo me, una delle cose che fino a oggi ha reso complicata una sostituzione di Biden anche prima è proprio il meccanismo.

Alle primarie contro Biden non è stato presentato un candidato alternativo credibile e ora i dem dovranno inventarsi un colpo di scena stile Hollywood che sia insieme ipercomunicativo, ma anche fattibile tecnicamente. Le campagne americane per l'elezione di un presidente costano quasi un miliardo di dollari. E questo soldi dove li trovano adesso? La cassa di Biden è sua, quello che arriverà dove li trova i soldi? Il colpo di scena si farà alla convention di agosto o ci sarà uno scontro?

C'è anche tanta politica locale che va alle elezioni a novembre che ha paura di essere agganciata a un presidente debole, ha paura di essere trascinata nelle sconfitta. Il meccanismo tuttavia diventa complicato senza una volontà di Biden di farsi da parte e anche avere una macchina elettorale subito funzionante non è uno scherzo. Sicuramente è un'ipotesi complessa di cui però si sta discutendo ovunque negli Stati Uniti, in pubblico sui giornali e, immagino, in diverse telefonate e chat di staff e ministri.

Ci sono già dei nomi di possibili sostituti?

Sì, è tempo che si fa il nome di Michelle Obama, che ha sempre detto di no. Però in lei c'è un vantaggio, quello della popolarità e della familiarità con le competizioni elettorali. Perché ricordiamoci che negli Usa si elegge una famiglia alla Casa Bianca e quella degli Obama ha avuto una macchina elettorale funzionante. Quindi, lei sa come si guida quella macchina.

Poi c'è un altro nome, quello della Governatrice del Michigan, Gretchen Whitmer. Un nome affidabile perché potrebbe essere popolare per il profilo che ha negli Stati in bilico, dove veramente si decidono le elezioni, come il Michigan o il Wisconsin, tutti Stati che si sposano bene con il suo profilo.

Si sta valutando anche la vicepresidente, Kamala Harris, ma se ne parla male, dopo un anno che era in carica era già data per bruciata. Insomma, questi sono un po' i nomi che circolano, ma adesso si vedrà.

Perché né i repubblicani né i democratici sono riusciti a trovare candidati alternativi?

Di nuovo va fatta una considerazione di sistema, ovvero che la democrazia americana ha presentato una debolezza strutturale nell'aver permesso a un candidato che ha favorito un assalto al Congresso, un'altra istituzione, di potersi candidare. Com'è stato possibile che Trump, che sembrava spacciato nel 2021, è tornato in sella? Perché i repubblicani hanno continuato a considerarlo la migliore opzione in piazza e hanno accettato che un outsider conquistasse il partito.

Per i democratici invece la questione di Biden è sempre stata quella dell'età. È naturale che un presidente si ripresenti, ma il gioco politico interno ai dem non è stato all'altezza di porre la questione al momento giusto. Ma è un meccanismo complicato, come dicevamo, non è facile convincere un presidente in carica a lasciare. L'ultimo che lo fece volontariamente fu Lyndon Johnson nel 1968 quando si sentiva spacciato elettoralmente per le proteste per la guerra in Vietnam. Fare un'operazione come quella di allontanare un presidente in carica porta un grado di conflittualità interna altissimo.

Quindi, Joe Biden dovrebbe davvero ritirarsi?

Secondo me, è l'unica speranza che hanno i democratici per vincere le elezioni nel 2024. Potrei prendere una cantonata epocale, visto che è una cosa molto complicata tecnicamente, ma è anche auspicabile, soprattutto quando comincia un tam-tam così, anche nel tuo campo, in cui tutti ti dicono fatti da parte e sei in un momento in cui per una serie di motivi hai perso l'entusiasmo di una parte di elettorato.

Perché, appunto, le elezioni americane si vincono per pochi decimali e da chi riesce a motivare meglio il proprio campo. Un presidente che non riesce a farlo è un problema. Questa operazione però andrà fatta in un modo che spieghi perché non è stata fatta prima, ci vorrà proprio una sceneggiatura per fare questa cosa. La situazione quindi resta complicata e favorevole ai repubblicani.

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