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Elezioni USA 2024

Elezioni USA 2024, quando e come si vota per i candidati Trump e Harris: guida alle presidenziali

Mancano poche ore alle elezioni presidenziali USA 2024, che si terranno domani, martedì 5 novembre: gli orari dell’election day sono diversi a seconda dello Stato, sia per l’ora locale che per i diversi fusi orari negli Stati Uniti. I seggi chiuderanno dalla mezzanotte, ora italiana, e proseguiranno fino alle 7:00 di mattina. Tutto quello che c’è da sapere sulla sfida tra la candidata democratica Kamala Harris e il candidato repubblicano Donald Trump, e cosa dicono gli ultimi sondaggi.
A cura di Luca Pons
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Mancano poche ore alle elezioni presidenziali degli Stati Uniti 2024, che si terranno domani, martedì 5 novembre. L'election day in molti casi inizierà alle ore 7, ora locale (tra le 13 e le 18 ora italiana, a seconda del fuso orario). Gli elettori statunitensi sono chiamati a votare per il o la presidente degli Stati Uniti d’America che succederà a Joe Biden. I principali candidati sono Kamala Harris per il partito democratico e Donald Trump per i repubblicani.

Tra i temi più discussi su cui i candidati si scontrano ci sono l'immigrazione e la politica estera, ma anche l'aborto e i diritti civili, oltre naturalmente alla politica economica. Chi vincerà le elezioni presidenziali il 5 novembre non si insedierà immediatamente: la cerimonia avverrà a gennaio 2025. Questo significa che, formalmente, il mandato partirà solo a gennaio e durerà per quattro anni, fino all'inizio del 2029.

Il sistema elettorale negli Stati Uniti è indiretto: non vincerà chi otterrà il maggior numero di voti dai cittadini, ma chi riuscirà ad ottenere 270 ‘grandi elettori'. Ciascuno Stato esprime un certo numero di grandi elettori, deciso in base alla sua popolazione. Il candidato che prende più voti in uno Stato, ottiene il sostegno dei suoi grandi elettori. Questo rende particolarmente decisivi alcuni Stati chiave, detti Swing States, cioè quelli in cui il risultato è più incerto. Gli ultimi sondaggi confermano questa incertezza, soprattutto in Pennsylvania, che potrebbe essere tra gli Stati determinanti per assegnare la presidenza.

Quando si vota per le elezioni USA 2024: date e orari per Stato

Il territorio degli Stati Uniti comprende sei fusi orari diversi, quindi parlare di ‘ora di inizio' del voto può essere complicato. In tutti gli Stati i seggi apriranno la mattina di martedì 5 novembre, ora locale, e chiuderanno alla sera dello stesso giorno. Nella maggior parte dei casi si inizierà alle 7 di mattina e si concluderà tra le 7 e le 8 di sera. Per l'Italia, questi orari però possono variare parecchio in base allo Stato, e quindi al fuso orario.

Nella costa orientale del Paese si applica l'Eastern standard time (Est) che comprende 23 Stati: Connecticut, Delaware, il distretto della Columbia, Florida (per la maggior parte), Georgia, Indiana (per la maggior parte), Kentucky (solo per metà), Maine, Maryland, Massachusetts, Michigan, New Hampshire, New Jersey, New York, North Carolina, Ohio, Pennsylvania, Rhode Island, South Carolina, Tennessee (per metà), Vermont, Virginia e West Virginia.

In tutti questi Stati, i seggi apriranno tra le 6 e le 7 di mattina, quindi tra le 12 e le 13 di mattina in Italia. E dappertutto chiuderanno tra le ore 19 e le ore 20, quindi tra l'una e le due italiane. L'unica eccezione è lo Stato di New York, dove si potrà votare fino alle 21 (quindi fino alle tre italiane), e Indiana e Kentucky, dove si terminerà alle 18. La Pennsylvania, uno degli Stati chiave più contesi, si trova in questa zona e i seggi chiuderanno alle due di notte in Italia.

L'altro fuso orario più comune è il Central standard time (Cst), che è un'ora più indietro rispetto all'Est. Qui si trovano: Alabama, Arkansas, Illinois, Iowa, Kansas, Kentucky (l'altra metà), Louisiana, Minnesota, Mississippi, Missouri, Nebraska, North Dakota, Oklahoma, South Dakota (solo per metà), Tennessee (l'altra metà), Texas, Wisconsin.  Anche in questo caso, nella quasi totalità degli Stati i seggi apriranno tra le 6 e le 8 (quindi tra le 13 e le 15 italiane) e chiuderanno tra le 19 e le 20 (quindi tra le due e le tre di notte).

Il fuso orario più lontano da questi Stati si registra alle Hawaii, dove i seggi apriranno alle 7 di mattina, che saranno le 18 italiane. Le urne chiuderanno alle 19 locali, quindi alle sei di mattina di giovedì in Italia (anche se, nel caso specifico, alle Hawaii si vota in gran parte per posta). In assoluto, gli ultimi seggi a chiudere saranno quelli in Alaska, dove si può votare fino a mezzanotte, e quindi fino alle dieci di mattina italiane. Tutto il resto del Paese, inclusa la popolosa costa occidentale, si trova nel mezzo di questi due estremi, e qui lo spoglio inizierà tra le tre e le cinque del mattino italiane.

È utile sottolineare quando chiuderanno i seggi nei sette Stati chiave, che sono considerati quelli più importanti. In Pennsylvania si concluderà alle due di notte italiane, così come in Georgia (nella maggior parte dei seggi). In North Carolina alle due e mezza, in Michigan tra le tre e le quattro, in Wisconsin e Arizona alle quattro. Infine, in Nevada le votazioni si chiuderanno alle cinque.

La mappa del fuso orario negli USA
La mappa del fuso orario negli USA

Chi sono i candidati principali alle elezioni USA: la sfida Trump-Harris

Nella corsa per la presidenza ci sono più di due candidati, ma è chiaro che la sfida coinvolge soprattutto i due volti più noti. Kamala Harris, vicepresidente in carica, è candidata per i democratici. Donald Trump, ex presidente, è il candidato dei Repubblicani.

Kamala Harris, 60 anni, è la prima donna e la prima persona non bianca a ricoprire la carica di vicepresidente negli Usa. Sua madre, Shyamala Gopalan, era una biologa indiana emigrata negli Stati Uniti nel 1958 per studiare all'università di Berkeley. Suo padre, Donald J. Harris, era un economista afro-giamaicano.

Dopo aver studiato ad Harvard, Harris ha svolto gran parte della sua carriera nella professione legale: dal 2002 come procuratrice distrettuale di San Francisco, e dal 2010 come procuratrice generale della California, lo Stato in cui è nata. Dal 2017 è stata la senatrice della California, eletta con il partito democratico. Nel 2020 ha tentato di ottenere la nomination democratica per la presidenza, ma si è ritirata prima delle primarie ed è stata scelta da Joe Biden come vicepresidente. Quest'anno, dopo il ritiro di Biden dalla corsa elettorale, ha ricevuto la nomina dei democratici come candidata.

Donald Trump, 78 anni, è un imprenditore che ha già ricoperto l'incarico di presidente degli Stati Uniti dal gennaio 2017 al gennaio 2021. Nato in una famiglia estremamente ricca (è diventato tecnicamente milionario all'età di otto anni), si è laureato in economia all'Università della Pennsylvania.

Dopo diversi investimenti – soprattutto immobiliari – in gran parte falliti negli anni Novanta, dal 2004 al 2015 ha condotto il programma The Apprentice. Nel 2016 ha ottenuto a sorpresa la nomination del partito repubblicano per le elezioni presidenziali, e ha vinto contro la democratica Hillary Clinton. Nel suo periodo alla Casa bianca, molti analisti ritengono che Trump abbia spinto il partito repubblicano verso politiche sempre più di estrema destra. Nel 2020, dopo aver perso la rielezione, Trump ha contestato più volte la votazione sostenendo che fosse truccata.

Chi sono i candidati vicepresidente: Tim Walz e JD Vance

Tim Walz, 60 anni, è il candidato vicepresidente scelto da Kamala Harris. Walz è attualmente il governatore del Minnesota. Originario del Nebraska, si è laureato in Scienze politiche al Chadron State College e ha ottenuto un master in leadership educativa dall'Università statale del Minnesota. Dopo aver insegnato per anni e aver svolto una carriera nella Guardia nazionale dell'Esercito, il suo ingresso in politica è arrivato nel 2004 con l'iscrizione al partito democratico e nel 2006 con l'elezione alla Camera per il Minnesota. Ha ricoperto l'incarico fino al 2019, quando ha vinto l'elezione per diventare governatore del Minnesota.

Tim Walz
Tim Walz

J.D. Vance, 40 anni, è il candidato vicepresidente scelto da Donald Trump. Fino a pochi anni fa conosciuto soprattutto come scrittore, Vance ha scritto il libro Hillbilly Elegy, o Elegia americana, che lo ha portato alla notorietà nel 2016. Laureato alla Università statale dell'Ohio, ha ottenuto un dottorato in legge a Yale. Dopo aver collaborato con varie testate, anche in seguito al successo del suo libro – in cui raccontava la prospettiva di una parte degli Stati Uniti impoverita dal declino economico degli ultimi decenni e dimenticata da buona parte della politica nazionale – lo stesso Vance si è candidato con i repubblicani.

J.D. Vance
J.D. Vance

Le sue posizioni scettiche (e anche duramente critiche) nei confronti di Donald Trump sono state messe in evidenza da molti osservatori. Queste risalivano a prima della sua candidatura a senatore dell'Ohio, nel 2021. Una volta eletto anche grazie al sostegno pubblico dello stesso Trump, Vance ha avvicinato le sue posizioni politiche a quelle del presidente. Dopo essere stato scelto come candidato vicepresidente, Vance non ha esitato a dare voce spesso alle posizioni più estreme della destra repubblicana.

Il programma elettorale di Donald Trump

Il programma elettorale di Donald Trump tocca vari punti. Il suo sito ufficiale riporta un programma di venti punti. Dalla "chiusura dei confini" per "fermare l'invasione di migranti", alla "più grande deportazione della storia americana". Ma anche "fermare l'epidemia di crimine dei migranti".

Si parla di "mettere fine all'inflazione" e rendere "l'America il produttore dominante di energia nel mondo". Il programma promette anche di potenziare la manifattura, tagliare le tasse per i lavoratori (e azzerare quelle sulle mance), bloccare il settore delle auto elettriche, e anche "ricostruire le nostre città, inclusa Washington Dc".

Trump prevede di "difendere la libertà di parola, di religione e il diritto di portare armi", ma anche di "evitare la terza guerra mondiale" riportando "la pace in Europa e nel Medio Oriente". In più, vuole "mettere fine all'armamento dei governi contro il popolo americano", "rafforzare e modernizzare il nostro esercito" rendendolo "il più forte e potente al mondo senza dubbi".

Tutto questo "senza tagli al Medicare e senza aumenti dell'età pensionistica". Ma tagliando i fondi alle scuole che "promuovono la teoria critica della razza, l'ideologia gender e altri contenuti razziali, sessuali o politici inappropriati". Infine, Trump promette di "tenere gli uomini fuori dagli sport femminili" (un'espressione transfobica per riferirsi alle donne trans) e di "deportare i radicali pro-Hamas" per rendere i campus dei college "di nuovo sicuri e patriottici".

Il programma elettorale di Kamala Harris

Il programma elettorale di Kamala Harris è strutturato in 13 punti, e si trova interamente sul suo sito ufficiale. Anche se non è inserito in modo esplicito tra i punti del suo programma, però, uno degli ambiti su cui Harris ha puntato di più è l'aborto: la libertà delle donne di decidere sul proprio corpo, che è anche uno dei temi su cui Trump è più ‘debole', è stato un vero e proprio cavallo di battaglia per la democratica. Tanto da invitare le donne a votare ‘in segreto' per lei, anche senza dirlo ai mariti conservatori.

Al primo posto nel programma ufficiale c'è il taglio delle tasse per i lavoratori e le lavoratrici, seguito da un abbassamento dei prezzi sugli alimenti e sui prodotti della spesa. Ma anche sulle spese sanitarie e sui farmaci, nonché sull'energia. Harris punta sull'"aiutare gli americani a comprarsi una casa e a permettersi l'affitto", e mira a investire "nelle piccole aziende che portano crescita, innovazione e lavoro".

Gli investimenti riguardano anche la "forza industriale". Parte del programma prevede anche di rafforzare le "opportunità" in tutte le comunità degli Stati Uniti, e non solo in quelle in zone più ricche. Infine, il programma prevede di "proteggere la possibilità degli americani di andare in pensione con dignità". E, per quanto riguarda le tasse, l'obiettivo è rendere il sistema "più equo".

Come si vota alle elezioni USA e come funziona il sistema elettorale

Alle elezioni statunitensi si può esprimere il proprio voto nel giorno delle elezioni, oppure anche in precedenza, per posta. La votazione per posta è disponibile in 47 Stati, e in alcuni casi inizia già oltre sette settimane prima della data del voto. In certi Stati, come ad esempio le Hawaii, la maggior parte dei voti viene espressa per posta. Lo stesso vale per gli statunitensi residenti all'estero.

Il sistema elettorale degli Usa è indiretto. Ovvero, i cittadini sceglieranno tra Kamala Harris-Tim Walz e Donald Trump-J.D. Vance, ma alla fine la vittoria non andrà direttamente a chi avrà ottenuto più voti. Ciascuno Stato, in base alla sua popolazione, dispone di un certo numero di ‘grandi elettori', che sono 538 in tutto. Il voto dei cittadini darà l'indicazione ai ‘grandi elettori' su chi devono sostenere. Il candidato presidente che arriva a 270 grandi elettori ha vinto l'elezione.

Chi altro viene eletto durante il voto del 5 novembre

Il 5 novembre non si eleggerà solo il nuovo (o la nuova) presidente e il nuovo vicepresidente degli Stati Uniti. Infatti, in ogni Stato gli elettori saranno chiamati a votare anche per rinnovare la Camera dei deputati. Tutti i 435 seggi della Camera dovranno essere riassegnati. Attualmente la maggioranza è dei repubblicani, ma per pochi seggi, e i sondaggi mostrano che il risultato finale è incerto: i democratici potrebbero avere l'opportunità di prendere il ‘controllo' della Camera.

Il 5 novembre verrà anche rinnovata una parte del Senato. Sui cento seggi complessivi, 33 andranno a rielezione. In questo caso, la situazione è opposta. La maggioranza attualmente è dei democratici, ma i repubblicani hanno buone probabilità stando ai sondaggi – di ottenerla.

Chi sono i grandi elettori e come è composto il Collegio elettorale

I grandi elettori sono i delegati che ciascuno Stati invia, dopo l'elezione, al Collegio elettorale (che non è un luogo fisico, dato che tutti saranno nella capitale del proprio Stato). Si tratta di 538 persone in tutto, divisi tra i vari Stati in proporzione alla loro popolazione. A scrutinio segreto, i grandi elettori voteranno di fatto per scegliere il (o la) presidente degli Stati Uniti. Chi arriverà a 270 voti avrà vinto.

Ogni grande elettore dovrà – anche se tecnicamente il sistema elettorale permette un margine di discrezionalità – votare per il candidato che ha vinto nel suo Stato. Ad esempio, lo Stato di New York ha 28 grandi elettori: se in quello Stato vincerà Kamala Harris, saranno 28 voti a suo favore. Se Donald Trump vincerà in Texas, i 40 grandi elettori di quello Stato saranno ‘suoi'.

In tutti gli Stati tranne Maine e Nebraska, non importa di quanto il candidato presidente vince: se ottiene più voti degli altri candidati, anche di pochissimo, riceve tutti i grandi elettori di quello Stato. Questo contribuisce al fatto che un candidato presidente può anche prendere un numero di voti più alto del suo avversario, a livello nazionale, ma essere comunque sconfitto perché non ha ottenuto abbastanza grandi elettori.

Cosa sono gli Stati chiave e perché sono importanti per i risultati del voto

Gli Swing States, o "Stati chiave", sono quegli Stati in cui il risultato del voto è più incerto. Proprio perché, come detto, in quasi tutti i casi basta vincere di poco per assicurarsi i grandi elettori di uno Stato, quelli dove l'elettorato è più indeciso risultano decisivi nel calcolo finale per arrivare a 270. In questa elezione, sono considerati Stati chiave:

  • Michigan
  • Wisconsin
  • Georgia
  • Arizona
  • North Carolina
  • Nevada
  • Pennsylvania

Quest'ultimo è forse lo Stato in cui i sondaggi sono più incerti in assoluto. Mentre negli altri qualche indicazione è emersa, in Pennsylvania nelle ultime settimane il lieve vantaggio che Kamala Harris aveva accumulato è sostanzialmente sparito, e ora le rilevazioni vedono i due candidati a pochissimi decimi percentuali di distanza l'uno dall'altro. Poiché la Pennsylvania assegna ben 19 grandi elettori, questo potrebbe essere uno Stato particolarmente cruciale per il risultato dell'elezione.

Come funziona lo spoglio per i risultati con il fuso orario negli Stati Usa

Lo spoglio in tutti gli Stati inizia nel momento in cui i seggi chiudono. Come visto, poiché negli Stati Uniti ci sono ben sei fusi orari diversi, in alcune parti del Paese il conteggio inizierà mentre in altre le urne sono ancora aperte. Non si aspetterà che in tutte le zone del Paese siano terminate le operazioni di voto prima di partire con il conteggio.

Lo spoglio richiederà diverse ore, e potrà procedere a ritmo diverso nei vari Stati. Man mano che il conteggio prosegue, diventerà sempre più facile capire chi abbia vinto in ciascuno Stato, anche prima che tutte le schede siano state registrate. Man mano, nel corso della notte elettorale, gli Stati saranno ‘chiamati' per l'uno o per l'altro candidato, ovvero assegnati a loro sulla base delle proiezioni statistiche mentre il conteggio continua.

Ciò significa che il nome del vincitore o della vincitrice potrebbe essere noto prima che lo scrutinio si chiuda ufficialmente. Non è detto che ciò accada, però: soprattutto visto quanto sono incerti i sondaggi, è possibile che si debba aspettare parecchio prima che gli Stati chiave siano ‘chiamati'. Nel 2020, ad esempio, Joe Biden vinse la Georgia per appena 12mila voti.

Cosa dicono gli ultimi sondaggi sul voto del 5 novembre

I sondaggi nazionali, quando mancano ormai poche ore al voto, assegnerebbero un vantaggio a Kamala Harris in Iowa: il dato sarebbe "sbalorditivo" dal momento che lo Stato dell'Iowa è storicamente repubblicano. Nell'indagine in questione, condotta da Selzer & Co per il quotidiano locale Des Moines Register – Mediacom tra 808 votanti, Harris ottiene il 47% di consensi, mentre Trump arriva al 44%, riferisce TV 2.

In generale le rilevazioni assegnano un leggero vantaggio a Kamala Harris: 48% contro 46,8%. Considerando come funziona il sistema dei grandi elettori, però, avere un vantaggio di questo tipo serve a poco. Per capire chi vincerà le elezioni bisogna guardare soprattutto i sondaggi nei sette Stati chiave.

Tra questi, negli ultimi giorni alcuni hanno iniziato a ‘pendere' di più da una parte o dall'altra. In Michigan Harris ha un vantaggio di poco più di un punto, in Wisconsin di poco meno. In Georgia e North Carolina Trump conduce per circa un punto e mezzo, in Arizona per circa due punti. Si parla di vantaggi che sono comunque entro i margini di errore dei sondaggi, ma in generale la maggior parte delle rilevazioni propende per questi risultati.

In Nevada e Pennsylvania, invece, i distacchi sono ancora più ridotti. Nel primo Trump ha uno 0,4% di vantaggio, nel secondo uno 0,1%. In Nevada il testa a testa va avanti da settimane. Ma c'è un motivo per cui la Pennsylvania è particolarmente importante: il suo numero di grandi elettori. Sono 19, e se tutte le altre previsioni venissero rispettate (cosa che, come visto, non è affatto scontata), basterebbero per vincere o perdere l'elezione.

In Pennsylvania, Harris è sempre stata in vantaggio – seppur di poco – dalla fine di luglio in avanti. Nel mese di ottobre però i consensi per Trump sono aumentati, e alla metà del mese è avvenuto il sorpasso. Si parla comunque di decimi. La Pennsylvania ha sempre votato candidati democratici nelle elezioni dal 1992 a oggi, con un'unica eccezione molto significativa: nel 2016, quando il candidato era Donald Trump. E nel 2020 Joe Biden vinse con un margine decisamente ristretto.

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