Elezioni in Turchia, cosa succede: il futuro di Erdogan in bilico e i rapporti con Putin a rischio
La notte delle due Turchie, quella nazionalista che guarda agli ultimi 20 anni di storia con fedeltà e orgoglio, e quella democratica, del cambiamento, alle prese con inflazione e disoccupazione, una Turchia più europea e lontana da Putin. Le elezioni di ieri, domenica 14 maggio, hanno rimarcato quanto il Paese sia polarizzato e col passare delle ore giunge la certezza del ballottaggio: si deciderà tutto tra due settimane.
Il presidente uscente Recep Tayyip Erdogan non ce l'ha fatta al primo turno e, nonostante le accuse di brogli elettorali, lo sfidante e candidato di opposizione Kemal Kilicdaroglu, ha guadagnato voti, ma a balzare agli occhi è la percentuale di voto, come spiega a Fanpage.it il professore Giuseppe Acconcia, docente di Sociologia politica all'Università di Padova e professore di State and society in north africa and the mediterranean region all'Università Statale di Milano.
“C'è stata un'alta affluenza alle urne che ha superato il 90 percento, e questo ci dice una cosa fondamentale: c'è una grande voglia di democrazia da parte del popolo turco – spiga il professore – questa è stata per Erdogan l'elezione in cui si è sentito maggiormente in bilico, ha rischiato e ancora rischia, ma non dimentichiamo che lui ha una collocazione molto identitaria e questo potrebbe portarlo alla riconferma al ballottaggio. Intanto la sua Alleanza popolare si è assicurata la maggioranza in Parlamento, e dunque il suo controllo”.
Professore Acconcia, la Turchia si avvia verso il ballottaggio, tra accuse di brogli e un'altissima affluenza al voto
C'è stata un'alta affluenza alle urne che ha superato il 90 percento, e questo ci dice una cosa fondamentale: c'è una grande voglia di democrazia da parte del popolo turco, ma soprattutto di partecipazione visto che sono andati in massa a votare. C'è stato un clima, nel giorno di voto, che alcuni osservatori hanno definito "di cambiamento".
Per quanto riguarda le accuse di brogli elettorali, è evidente che ci sono state delle discrepanze nella diffusione dei risultati: al momento l'unica cosa certa è che ci sarà un ballottaggio tra i due candidati, cioè tra il presidente uscente Recep Tayyip Erdogan e il candidato di opposizione Kemal Kilicdaroglu. Questa è già di per sé una vittoria per l'opposizione perché è la prima volta che Erdogan viene portato al ballottaggio, le opposizioni si sono unite, dalla sinistra verde agli altri partiti moderati e islamisti, per opporsi al partito repubblicano e al presidente. E il solo fatto che Erdogan sia rimasto sotto il 50 percento è comunque significativo, si tratta di un primo successo della coalizione.
Tra i risultati degni di nota c'è anche la sinistra filocurda che ha riconfermato la presenza in Parlamento
La sinistra filocurda, cioè il Partito democratico dei popoli (HDP), ha superato lo sbarramento ed è entrata in Parlamento, si tratta di fatto di una conferma visto che era già presente, ma il fatto che un partito curdo sia in Parlamento è un segno positivo perché rappresenta un nuovo passo nella costruzione della sua solidità.
Da qui si apre la questione della campagna elettorale e del conteggio dei voti: la sinistra dice che ci sono stati brogli sistematici, ma questo ovviamente va provato. Quello che è certo è che ci sono state richieste di riconteggio dei voti da parte del partito di Erdogan nei seggi dove era in svantaggio, questo ha rallentato la pubblicazione dei risultati e il candidato di opposizione Kilicdaroglu ha parlato di ostruzione nei conteggi. È evidente che non sono stati diffusi in maniera limpida i voti, tanto è vero che i media vicini all'opposizione dicevano che aveva superato Erdogan, ma questa possibile avanzata di Kilicdaroglu dai dati ufficiali non c'è.
Erdogan non ha commentato le accuse di brogli, ma si dice pronto al ballottaggio: quanto si sente effettivamente in pericolo?
Questa è stata per lui l'elezione in cui si è sentito maggiormente in bilico, ha rischiato e ancora rischia. Un elemento importante è il fatto che c'è stata, a questo primo turno, una forte partecipazione dei giovani turchi, gli stessi che vivono difficoltà economiche, che sono disoccupati e che hanno voglia di andare all'estero. C'è stata una fortissima partecipazione anche dei giovani turchi che vivono in Europa, che hanno fatto arrivare voti dall'estero. Questo mostra una cosa centrale: la società turca è polarizzata, è divisa, una parte è vicina al presidente Erdogan e l'altra parte vorrebbe un cambiamento, con una coalizione più capace di superare questi ultimi 20 anni di governo.
Secondo molti candidati del Partito di Sinistra verde l'alta partecipazione al voto è data dal fatto che la Turchia vive un contesto di inflazione economica fortissima: le persone hanno manifestato il proprio malcontento. In più si aggiunge il fatto che Kilicdaroglu, che ha un passato da sindacalista, che ha parlato di diritti dei lavoratori, dei diritti delle donne e anche l'inclusione della comunità LGBTQ+, ha raccolto una grossa fetta di elettori.
Se Erdogan dovesse perdere le elezioni, la Turchia potrebbe rivalutare anche la sua posizione in merito al conflitto in Ucraina, e dunque ai rapporti con il presidente russo Putin
Quello geopolitico è un aspetto fondamentale: Erdogan finora ha fatto comodo al presidente russo Vladimir Putin perché ha rappresentato una sorta di mediazione nel conflitto in Ucraina soprattutto per questioni legate al grano e al gas. La Turchia è infatti diventata l'hub del gas russo verso l'Europa. Se dovesse vincere il candidato di opposizione sicuramente, anche per il fatto che c'è tutta la parte della sinistra filocurda che lo sostiene, da una parte potrebbe esserci il rilascio dei prigionieri politici, in particolare dei leader di HDP, ma anche un disimpegno turco in Rojava e nel nord della Siria, da sempre considerata pericolosa e dunque da tenere sotto controllo.
Quindi è evidente che da un punto di vista geopolitico, la sconfitta di Erdogan può far pensare a un possibile disimpegno della Turchia in generale in nord Africa e Medioriente: lo stesso Kilicdaroglu ha fatto dichiarazioni pro Nato durante la campagna elettorale, con l'obiettivo di riportare il Paese al centro anche dei rapporti con l'Europa, soprattutto in merito alla questione dei migranti.
Il nazionalista Sinan Ogan potrebbe essere decisivo al ballottaggio in Turchia
Quello che non è ancora emerso in maniera evidente è che al di là del fatto che si vada al secondo turno, c'è una questione legata alla maggioranza parlamentare che in questo momento è nelle mani dell'alleanza tra AKP, il partito di Erdogan, e il Partito del Movimento nazionalista (MHP), e che rappresenta un problema. Avere una maggioranza parlamentare dà la sicurezza ad Erdogan che, anche nel caso di sconfitta, potrebbe mantenere le mani sul Parlamento.
Evidentemente in questo rientra la figura di Sinan Ogan che per anni ha militato nel partito MHP che sostiene Erdogan: lui ufficialmente non ha dato ancora un endorsement completo e quindi non è escluso che il suo elettorato si spacchi in due, anche perché ci sono stati alcuni partiti nazionalisti che hanno sostenuto un'altra coalizione, quindi bisognerà vedere quale sarà la risposta a livello individuale.
Non dobbiamo dimenticare che Erdogan ha una collocazione molto identitaria e che quindi polarizzerà ancora di più gli elettori in vista del secondo turno: questo potrebbe favorirlo e portarlo alla conferma, che sarebbe una sconfitta per quei temi di cui parlavamo prima, quindi legati ai diritti dei lavoratori, alle questioni geopolitiche e ai giovani che sono andati in massa a votare.