Egitto, Patrick Zaki resta in carcere: il ricorso è stato respinto
Patrick George Zaki deve restare in carcere. E’ stato infatti respinto il ricorso presentato contro l’ultimo prolungamento della custodia cautelare dello studente egiziano dell’università di Bologna in prigione da febbraio con l'accusa di propaganda sovversiva su internet. “Il ricorso è stato respinto”, ha detto all’ANSA una sua legale, Hoda Nasrallah, riferendosi al pronunciamento odierno di una corte di assise del Cairo. Zaki è comparso in aula, ha riferito inoltre la legale. L’udienza era stata stata segnalata ieri dalla rete degli attivisti che chiede la sua liberazione.
Gli avvocati del ragazzo hanno impugnata la decisione di rinnovo della detenzione di altri 45 giorni pronunciata il 7 ottobre e che tiene Patrick in un carcere del complesso carcerario di Tora, all’estrema periferia sud della capitale egiziana. Dopo una prima fase di cinque mesi di rinnovi quindicinali ritardati dall’emergenza Covid, per Zaki ora si è in quella dei prolungamenti di 45 giorni. La custodia cautelare in Egitto può durare due anni.
Le accuse a suo carico sono basate su dieci post di un account Facebook che i suoi legali considerano fake ma che hanno configurato fra l’altro i reati di diffusione di notizie false, incitamento alla protesta e istigazione alla violenza e ai crimini terroristici, reati che secondo Amnesty gli fanno rischiare fino a 25 anni di carcere.
A causa della pandemia da Coronavirus, le visite già sporadiche consentite ai familiari sono diventate ancora più rare, come ha raccontato qualche settimana fa a Fanpage, la sorella Marise: "Con il Coronavirus le visite sono diventati impossibili. Prima non potevamo vederlo spesso, è vero, ma con l'epidemia le cose sono diventate praticamente impossibili. Non lo vedo da marzo mentre i miei genitori lo hanno visto separatamente”. "Mia madre dice che Patrick è molto dimagrito – spiega Marise – ma non so molto altro. Vuole tornare a studiare, rivuole la sua vita di sempre e vuole tornare a Bologna. Noi siamo molto spaventati per quanto riguarda l'epidemia, perché non sappiamo se i detenuti riescono ad avere l'accesso alle cure mediche, soprattutto i dissidenti come mio fratello sui quali l'attenzione della stampa estera è comunque alta".