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Egitto – L’Annunciatrice TV indossa il velo, indignati insorgono: “Era meglio Mubarak”

Un’annunciatrice della TV egiziana compare in video indossando il velo ed è scandalo: “L’Egitto fa un passo indietro”, “Era meglio Mubarak”, “Egitto ostaggio dell’integralismo”. Per la serie: siete tutti liberi di autotedeterminarvi, ma che sia fatto come piace a noi.
A cura di Anna Coluccino
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Solo un anno fa, la rivoluzione egiziana veniva salutata come l'inizio di una nuova era per il paese nordafricano. L'occidente ha riconosciuto se stesso in quelle modalità di emancipazione ed ha stabilito che – in fondo – si trattava di cosa buona e giusta. Le cose, poi, non sono andate esattamente come ci si aspettava e la frangia islamista della rivolta – quella che faceva capo ai Fratelli Musulmani – ha preso il comando dimostrando di avere il sostegno della maggioranza (seppur risicata) del paese. La rivolta egiziana era rivolta contro un governo autoritario, corrotto, repressivo, iniquo, ma non aveva spiccate caratteristiche di emancipazione dai dogmi islamici. Anzi, in molti dei ribelli i richiami alla "sobrietà" avevano molto a che fare con il credo religioso. Questo stato di cose può piacere o meno, lo si può considerare aderente ai propri principi o contrario ad essi ma – ammesso che rappresenti il sentire della maggioranza del popolo egiziano – la democrazia impone che venga rispettato. Ovviamente può anche essere combattuto, ma ad osteggiarlo dev'essere il popolo egiziano, secondo i mezzi che riterrà più opportuni, nella speranza di riuscire a convincere la maggior parte delle donne e degli uomini del paese che esiste un'alternativa migliore per tutti. La democrazia questo è.  E non se ne possono modificare le coordinate a proprio uso e consumo, salvo non preoccuparsi minimamente delle contraddizioni alle quali si dà vita.

Ecco perché non intendo aderire al codazzo di quanti, all'indomani dell'apparizione di un'annunciatrice velata nella televisione egiziana, già sentenziano: "Era meglio Mubarak". I Fratelli Musulmani, nella persona di Mohamed Morsi Isa al-Ayyat, hanno vinto le elezioni, rappresentano il sentire della maggioranza della popolazione egiziana e se esiste un numero consistente di egiziani che non lo ritiene vero allora ci sarà una nuova rivolta e le cose cambieranno ancora. Possiamo augurarci che andrà così? Sicuramente.
Possiamo pretendere di dare lezioni di civiltà a un popolo le cui donne e i cui uomini scelgono di essere governati in base a determinanti principi? No. Questo non è possibile.

Pare che del diritto dei popoli ad autodeterminarsi nessuno abbia più voglia di conservare rispetto. Ormai da molti decenni l'occidente va veicolando un messaggio che si è impresso a fuoco anche nei modus pensandi più illuminati: la cultura delle nazioni dell'ovest del pianeta Terra  è la migliore possibile, chi se ne discosta è incivile, primitivo, barbaro, involuto e va redarguito, ricondotto sulla via del giusto (in qualche caso anche con la forza). Secondo la maggior parte degli individui, il percorso verso l'evoluzione della specie umana è uno e uno soltanto e – pertanto – l'unica differenza che è concesso fare è tra chi è più avanti nella scala evolutiva e chi è più indietro. E gli arretrati devono correre se vogliono stare al passo con il resto del mondo, altrimenti di che si lamentano – poi – se l'occidente non può far altro che sfruttare le loro risorse naturali e la loro forza lavoro? Con chi vogliono prendersela se non può esser loro concesso lo status di pari tra pari?

L'attacco indiscriminato al velo che nasconde i volti di alcune donne arabe è un chiaro esempio di presunzione e arroganza culturale. Un volto velato non è migliore – a prescindere – di un volto svelato. Non esiste alcuna legge evolutiva che assecondi o suggerisca un simile giudizio. I concetti di giustizia e libertà (non a caso scelti – strumentalmente – dai Fratelli Mussulmani come parole d'ordine) non si esprimono in forme rigide e immutabili, in tal caso si parla di dogmi, e non è attraverso le adesioni dogmatiche che l'essere umano cresce in consapevolezza e autocoscienza. Tagliando con l'accetta: non si può sostituire il dogma del velo con il dogma del non-velo. Parlando di democrazia e laicità, solo i governi che garantiscono (e tutelano) la scelta del singolo riguardo le libertà individuali possono dirsi tali e – in questo quadro – è più democratico Mubark che impone il volto scoperto anche alle donne che, per scelta personale, avrebbero voluto coprirlo o i Fratelli Mussulmani che lasciano (almeno apparentemente, almeno fino a questo momento) che siano le donne a decidere se velarsi o meno? Se poi è il concetto stesso di democrazia ad essere messo in discussione, allora è tutt'altra storia, ma se è in nome della democrazia che si fanno certi attacchi allora consentitemi di storcere il naso. Non è onesto vestirsi da ribelli quando il proprio stile di vita non viene riconosciuto e poi diventare ortodossi quando il proprio stile di vita è quello adottato dal potere a scapito di altri.

Una donna velata non può essere considerata – aprioristicamente e acriticamente – meno evoluta di una donna non velata. Il punto, invece, è un altro: quella donna vuole portare il velo o vi è costretta? E se vi è costretta prova a ribellarsi o accetta e promuove la sua subalternità alla legge, alla religione, all'uomo? Solo nel caso in cui una donna venga costretta – socialmente, legalmente o fisicamente –  a fare qualcosa che non vuole si può ingaggiare una battaglia a sostegno dell'emancipazione da una precisa condizione. In caso contrario, si finisce sempre e comunque per perpetrare  atteggiamenti neo-coloniali che, nella storia, non hanno mai portato a un miglioramento delle condizioni di giustizia e libertà; condizioni che, invece, dovrebbero sempre essere definite da un dialogo incessante tra l'individuo e le sue comunità di riferimento e non imposte dall'alto. Un sistema di valori e metodi non può essere considerato – in maniera stabile e definitiva – superiore a un altro. Perché è così facendo che, presto o tardi, si finisce con il decidere di imporre un sistema all'intero universo-mondo, con le conseguenze che sappiamo, vediamo, sperimentiamo, subiamo ogni giorno.

È evidente che se la possibilità di portare o meno il velo in TV si tramuta in un obbligo non scritto esiste un gigantesco problema di libertà per cui vale la pena spendere più di una parola, ma finché la scelta di indossare o meno il velo resta in mano alla donna, per quale ragione l'occidente continua a credere che la sua democrazia pret-à-porter sia migliore di quelle che emergono altrove?

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