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Egitto, confermata la condanna a morte per l’ex presidente Morsi

La pena capitale inflitta in relazione alle accuse di aver pianificato l’evasione di massa dal carcere dei vertici dei Fratelli musulmani nel 2011.
A cura di Antonio Palma
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La Corte d'assise del Cairo ha confermato oggi la condanna a morte per l'ex presidente egiziano Mohamed Morsi, salito al potere dopo la caduta di Mubarak e finito alla sbarra per vari reati dopo essere stato destituito dai militari nel 2013. La condanna capitale è stata inflitta a Morsi in relazione alle accuse di aver pianificato l’evasione di massa dal carcere dei vertici dei Fratelli musulmani nel 2011 e di aver partecipato alle aggressioni alle forze dell’ordine durante la primavera araba in Egitto. Le accuse in particolare sono danneggiamento e incendio alla prigione, omicidio, tentato omicidio, saccheggio del deposito di armi del carcere, liberazione di prigionieri. La condanna a morte preliminare era stata inflitta il mese scorso, ma la sentenza definitiva è arrivata dopo il parere del Gran Muftì, a cui giudici hanno chiesto di interpretare la «legge islamica» e che ha un ruolo di consulenza per il governo. Contemporaneamente confermate le condanna a morte per impiccagione anche per altri imputati eccellenti, tra i quali Mohammed Badie, guida suprema dei Fratelli Musulmani, per Mohammad al-Katatny, presidente del partito della Fratellanza, e per Yusuf al-Qaradawi, telepredicatore considerato punto di riferimento spirituale per i Fratelli Musulmani che però è latitante.

In precedenza invece i giudici avevano convertito in ergastolo la pena capitale contro l’ex capo dello Stato egiziano in relazione ad un'altra accusa: quella di spionaggio in favore di organizzazioni straniere. In particolare Morsi era accusato di aver rivelato segreti di stato e militari ad Hamas, agli Hezbollah libanesi e ai Pasdaran iraniani per compiere attentati. Nello stesso processo invece condannato a morte Khairat el-Shater, che nel 2012 si era candidato alle presidenziali prima che al suo posto arrivasse Morsi a causa dell'inammissibilità della candidatura da parte della Commissione elettorale. Pena capitale anche per altri leader della Fratellanza, latitanti e per questo processati in contumacia.

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