Egitto, caos intorno a Mubarak: oggi scade l’ultimatum
Le proteste al Cairo sono continuate per tutta la notte, anche se stamattina sembra essere tornata la calma a piazza Tahir, epicentro delle proteste contro Mubarak da più di una settimana. Gli spari risuonano sporadicamente all'inizio le giornata in cui l'opposizione ha fissato l'ultimatum per le dimissioni del presidente. I fedeli di Mubarak cantano: "Libereremo il paese", mentre chi manifesta contro la dittatura confida che oggi, dopo la preghiera di mezzogiorno, scenda in piazza una nuova marea umana per chiedere una volta per tutte la fine del regime.
Tutte le indicazioni, dunque, lasciano presagire che l'Egitto si appresta a vivere il giorno più duro e incerto dall'inizio della rivolta. Il ministro della difesa Mohamed Husein Tantawi, è arrivato in piazza Tahir scortato dai soldati per controllare la situazione: "L'Egitto è un paese forte. La situazione è sotto controllo" ha detto ai giornalisti cercando subito dopo di sminuire l'importanza delle proteste: "Non tutto il paese e a piazza Tahir" ha aggiunto.
Sotto controllo in realtà la situazione non sembra e proprio Piazza Tahir ieri si è convertita nuovamente in un campo di battaglia, nonostante l'intervento dell'esercito che più volte ha cercato di calmare la folla infuriata con degli spari in aria. Con il crescere della tensione, gli uomini più vicini a Mubarak temono che le dimissioni del presidente non siano sufficienti; per questo motivo non sorprende che durante la notte il "New York Times" ha riportato che la Casa Bianca sta negoziando con gli ufficiali egiziani un piano affinchè Mubarak lasci il potere immediatamente lasciando al vicepresidente Suleiman, mano destra del presidente, il comando del Governo di transizione con l'appoggio dell'esercito. Ipotesi, però, che non sembra piacere a Mubarak il quale durante un'intervista ha dichiarato: "Mi ha molto rattristato vedere cittadini egiziani combattere tra di loro. Me ne sarei già andato, ma lascerei il paese nel caos", continuando "Non mi importa quello che la gente dice di me, a me importa solo il futuro dell'Egitto".
Poco dopo il vice presidente Omar Suleiman, uomo chiave nella crisi, è apparso in televisione per calmare la situazione. Impossibile: in primo luogo, è difficile calmare da uno schermo a due folle che si attaccano con tutto ciò che hanno a portata di mano; secondo, perché la maggior parte della violenza è arrivata proprio dal governo, che ha promosso l'ira dei fedeli, come per la caccia ai giornalisti stranieri, a volte armati perfino di fucili (ieri i morti, secondo il Ministero della Salute, sarebbero 13, cifra però destinata a crescere molto, e migliaia le persone ferite); terzo, perchè non si possono trasmettere messaggi contraddittori con la speranza che qualcuno funzioni.