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Guerra in Ucraina

“Ecco come ho scoperto di essere stata avvelenata”: parla l’attivista anti Putin Elvira Vikhareva

“Era una dose letale, ma sono ancora viva. E continuerò a lottare contro l’indifferenza che alimenta questa guerra”, dice l’oppositrice di Putin a Fanpage.it. “Questo è un regime di assassini, ma la colpa è di tutti noi”.
A cura di Riccardo Amati
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“Non posso dirle tutto. È come se tenessi molte persone in ostaggio, in questo Paese: quelli che mi hanno aiutato e che mi aiutano ancora”, premette Elvira Vikhareva. “Temo per la loro incolumità, oltre che per la mia. Oggettivamente, ho molta paura. Le dirò quel che posso”. La raggiungiamo al telefono a Mosca in piena notte, dopo aver atteso che terminasse un trattamento medico. All’inizio è titubante. Poi invece parla a lungo, e il suo diventa uno sfogo. Racconta come ha scoperto di avere nei tessuti una dose di sali di metalli in grado di uccidere persone ben più forti di lei. E racconta dei suoi sospetti su chi potrebbe esser stato: “Ero nel mirino dei servizi di sicurezza, che hanno seguito tutta la mia attività politica e pubblicistica, guardato tutti i miei video, preso informazioni su di me”. Racconta di come non volesse credere di esser stata vittima di un tentato omicidio. E della fatica di parlarne, alleviata dalla certezza di doverlo fare “per scuotere l’indifferenza che mantiene al potere questo regime di assassini”. Si sente addosso una grande responsabilità. “La colpa della guerra in Ucraina è di tutti noi russi”, spiega. “Dovevamo protestare Putin finché era possibile”. E ha una certezza: “Non importa quanto mi vogliano morta o quanto sia spaventata. Continuerò a lottare. Non mi hanno zittito”.

Elvira Vikharova

Quando ha cominciato a star male e come si è curata?

Ho iniziato a sentirmi male alla fine di novembre, e ho avuto una nuova crisi in febbraio. Non pensavo a un avvelenamento. Semmai a una specie di intossicazione. Purtroppo la nostra sanità pubblica è un disastro. Mi hanno visitato superficialmente. Mi hanno lasciato un giorno intero a urlare in una stanza d’ospedale senza curarmi. Il dolore era insopportabile. Infine, mi è stata diagnosticata una gastrite acuta.

Gastrite? Roba che dovrebbe passare alla svelta.

E siccome non mi passava, ho cominciato a farmi visitare in alcune cliniche private. Mi hanno curato per lo stomaco. Nessun miglioramento. Nausea continua, tachicardia grave, intorpidimento delle gambe e delle braccia. Ho dovuto interrompere le mie trasmissioni su Youtube. Ormai avevo problemi di coordinazione. Non vedevo più bene. Ho avuto infezioni alla pelle e alle unghie. Mi sono cadute le ciglia. Mi sentivo come se fossi finita sotto un treno. E anche adesso, mentre le parlo, non riesco a fermare un forte tremore delle mani.

E quando si è accorta che poteva trattarsi di avvelenamento?

Quando un medico ha voluto indagare sulla presenza di sostanze tossiche nel mio sangue. E ha trovato 3 milligrammi di bicromato di potassio (un sale di metallo estremamente tossico e cancerogeno, ndr). Corrisponde a una dose letale, mi hanno detto. Ma non sono morta. Qualche settimana dopo, la presenza indesiderata si era ridotta a 1,5 milligrammi. A tutt’oggi, è ancora nel mio corpo.

Perché ha deciso solo adesso di denunciare quanto le succede?

Ho negato anche a me stessa, il più a lungo possibile, l’ipotesi di esser stata avvelenata. Non volevo attIrare attenzione, né fare di me stessa una vittima o un’eroina.

Ma adesso lo è diventata.

Non potevo più far finta. Quel che mi è capitato mi ha convinto una volta per tutte che i veri simboli della Federazione Russa sono diventati il maglio di Prigozhin (il fondatore e finanziatore dei mercenari Wagner, che uccidono a colpi di maglio chi ritengono “un traditore”, ndr) e il veleno con cui vengono eliminati o si tentano di eliminare gli oppositori politici e i nemici del regime veri o presunti. Un regime di assassini. Così, Ho raccontato la mia storia. Per cercare di combattere l’indifferenza. L’indifferenza è la radice della guerra e della violenza. Quel che sta succedendo nel mio Paese e — per colpa del mio Paese — in Ucraina è dovuto all’indifferenza.

E perché i russi sono indifferenti? Perché non protestano più?

Perché se hai una posizione contro la guerra e la esponi apertamente, se ti opponi a ciò che sta accadendo, verranno alle cinque del mattino a perquisirti la casa, e ti arresteranno. O ti prenderanno di peso durante una pacifica protesta, ti sbatteranno con violenza in un avtozak (il cellulare della polizia russi, ndr) e poi ti tortureranno.

Ma non sta esagerando? Siamo pur sempre in Russia. Mica in Afghanistan o in Iran, per citare due Paesi dove secondo le organizzazioni internazionali la tortura è davvero molto diffusa.

La repressione in Russia è ormai totale e utilizza ogni mezzo. Io ne sono la dimostrazione. Ma ci sono tanti diversi casi, senza arrivare a tentativi di omicidio o alla tortura. Un esempio di oggi: una persona è stata incriminata solo per aver risposto a un sondaggio sociale per strada. È per tutto questo le persone si limitano a tenere la bocca chiusa.

Però non è solo paura o passività. In molti sostengono il regime.

Ma sono molti anche quelli la pensano come me. E che odiano tutto questo. Solo, vivono il loro sentimento privatamente. Ognuno dentro di sé. Vista la violenza della repressione, ci si autoconvince dell’inutilità di protestare. E non si fa niente contro il potere di Putin. Altrimenti la guerra all’Ucraina non ci sarebbe mai stata. Non è sostegno al regime. È paura e senso di impotenza. Che diventano indifferenza.

Lei a quanto pare rischia la pelle, in Russia. Perché non lascia il Paese?

Non lascio la Russia perché ho scelto un percorso personale preciso. Né io nei miei colleghi politici dell’opposizione, a partire da Alexey Navalny, abbiamo mai sperato per un attimo che il regime potesse correggersi, che le cose nel Paese potessero cambiare da sole. E, vista la repressione imposta da questa dittatura, il nostro lavoro è difficile e la sua mole è enorme, se vogliamo una nuova Russia. Mi sono presa una responsabilità e non la eluderò. E poi, durante e dopo la mia esperienza alle elezioni comunali di Mosca (Vikhareva nel settembre 2022 voleva candidarsi per il consiglio di un distretto della capitale ma le autorità glielo impedirono per presunte irregolarità nella documentazione da lei presentata, ndr), ho incontrato tante persone che vedevano in me un aiuto, e mi ringraziavano per non essere andata via. Non voglio tradirle.

Ha ancora contatti diretti con loro?

Non ho più alcuna possibilità di incontrare il mio elettorato, purtroppo. E ora ho dovuto sospendere anche i miei interventi video. Mi impegno quindi in attività educative e a sostegno della pace. Faccio quel che posso.

Ma gli oppositori che hanno lasciato la Russia hanno fatto male?

No. Capisco benissimo chi vuol lasciare il Paese per sfuggire a questa tirannia. Anzi, vorrei sottolineare che in molti vorrebbero ma non possono. Perché per partire servono soldi. E la povertà è molto diffusa, in Russia. Quesa è una cosa in cui Putin ha un indubbio successo: aumentare la povertà nel Paese.

Secondo lei, i russi hanno una responsabilità collettiva per la guerra in Ucraina?

Sì. Per non essersi ribellati a Putin finché è stato possibile. Quando c’era ancora un po’ di spazio per poterlo fare. Quel che sta succedendo in Ucraina è la colpa di tutti noi.

Ha idea di chi possa averla avvelenata?

Non so chi è stato. Non credo qualcuno che conosco. Non qualcuno della mia cerchia. Il Cremlino incita a colpire i cosiddetti “traditori” che si oppongono alla guerra e a Putin. La Russia è diventata piena di delatori e di sostenitori aggressivi del regime pronti a denunciarti o peggio.

Ma come è avvenuto? Qualche indizio ce l’avrà pure, no?

Non posso dire molto. Non voglio mettere in pericolo chi con me ha indagato per capire chi fosse coinvolto. Ci sono alcuni fatti, però, che voglio menzionare: altre tre donne sono state avvelenate nello stesso periodo. Hanno avuto sintomi del tutto simili ai miei. Si sono riprese e adesso si trovano fuori dalla Russia. E negli stessi giorni è morto un uomo, sempre per avvelenamento. I mandanti e gli esecutori, nel mio come negli altri casi, sono ignoti. So per certo, però, che agenti dei servizi di sicurezza leggevano le mie pubblicazioni e guadavano il mio canale Youtube per capire se potevo essere accusata di “estremismo” e “terrorismo politico”. E sapevano tutto di me. A partire dalle attività politiche che svolgo da più di sette anni e dalle mie chiare posizioni anti-Putin. Ero sotto la loro continua attenzione. Ma, fino all’avvelenamento, ho sempre ritenuto modesta la mia esposizione. Non credevo di essere in pericolo. Non ho preso particolari misure per evitare attentati. Ho poi scoperto che avrei dovuto essere più circospetta.

Ha un messaggio i suoi avvelenatori?

Non importa quanto sperino di vedermi morta o incapacitata o solo spaventata. Io non rinuncerò alle mie posizioni. Non intendo rimanere in silenzio.

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