Ecatombe a New York, morto l’88 per cento dei malati sottoposti a ventilazione
New York è diventata uno dei maggiori focolai di Coronavirus in tutto il mondo. Al momento, solo nella Grande Mela si contano più di 15mila morti su un totale di 46.784 registrati in tutto il Paese. Una vera e propria ecatombe nella città che non dorme mai, ma che si è dovuta fermare davanti allo tsunami causato dall'infezione da Covid-19. A conferma di ciò arrivano anche i numeri di uno studio condotto del Consorzio di ricerca del Northwell Health, il più grande sistema sanitario nello Stato di New York, nelle strutture a quest'ultimo ricondotte. Stando all'analisi pubblicata sul Journal of American Medical Association, quasi tutti i malati che avevano bisogno del supporto del ventilatore per poter respirare non ce l'hanno fatta. Non solo. Dal primo marzo al 4 aprile l'88 per cento dei malati sottoposti a ventilazione è morto nei 12 ospedali che fanno capo al Northwell Health.
In totale, il 21% dei pazienti Covid-19 curati presso il Northwell Health è deceduto, ovvero 553 pazienti. Ma tra il 12% di chi aveva bisogno di ventilatori per respirare il tasso di mortalità è salito all'88%, soprattutto per gli over 65. Lo studio ha esaminato le cartelle cliniche elettroniche di 5700 pazienti ricoverati all'interno del Northwell Health, dando anche una fotografia dei soggetti più colpiti dalla patologia oltreoceano. L'età media dei ricoverati è di 63 anni e il 94% di essi presenta almeno una patologia pregressa, Nello specifico, il 57%, soffre di pressione alta, il 41% è obeso e il 34% ha il diabete. "Dei pazienti che sono morti, quelli con diabete avevano maggiori probabilità di aver ricevuto ventilazione meccanica invasiva o cure in terapia intensiva rispetto a quelli che non avevano il diabete", hanno scritto i ricercatori guidati da Safiya Richardson del Feinstein Institutes for Medical Research. Si è inoltre registrato un tasso di mortalità superiore tra gli uomini, rispetto alle donne, come è successo d'altronde anche in Italia. "Avere comorbilità serie aumenta il rischio di complicazioni nei pazienti infetti – ha sottolineato Karina Davidson, una delle autrici dello studio -. Per questo vogliamo che i pazienti con gravi malattie croniche prendano precauzioni e richiedano cure mediche in anticipo, qualora inizino a mostrare segni e sintomi di infezione. Ciò include sapere se sono stati esposti a qualcuno che ha questo virus, quindi la tracciabilità dei contagi diventa fondamentale".