”È una nuova guerra fredda senza ideali, la situazione è esplosiva”: l’allarme del politologo russo
“Non ci sono segnali di uno sgretolamento del potere, le élite che il presidente ha selezionato lo sostengono compatte e il Cremlino non ha altra scelta se non la continuazione del conflitto”: Ilya Matveev, scienziato politico di San Pietroburgo, non è ottimista. “L’economia russa sta adeguandosi alle esigenze belliche”, nota. “Mentre la situazione finanziaria del Paese appare sostenibile e la vastità della sua popolazione in teoria permette di andare avanti all’infinito o quasi”.
E mentre in Ucraina si muore, “il mondo è alle prese con la Nuova guerra fredda”. Che, contrariamente alla prima versione, “non ha ideali, è combattuta solo per il denaro e il potere: è una guerra fredda ad alto livello di degrado”. A confrontarsi sono “due imperialismi in fondo simili”. Perché la plutocrazia di Putin “non è che una caricatura del capitalismo americano”.
Non è “un’alternativa credibile”. Unica differenza, “il tradizionalismo retrogrado che propone”.
Il politologo è profondamente contrario alle limitazioni della libera circolazione nell’Unione Europea dei comuni cittadini russi e alla fortificazione dei confini intrapresa da Paesi come la Finlandia: “L’Europa deve articolare una visione della Russia del futuro, con cui rapportarsi positivamente”
Matveev, fondatore di testate come Openleft.ru e specialista dell’economia del suo Paese, oltre che della politica, è anche uno studioso del socialismo democratico. Fanpage.it lo ha raggiunto com una videochiamata nella località dove è emigrato dopo l’invasione dell’Ucraina da parte delle forze armate russe.
La guerra sarà lunga?
Lunga e terribilmente distruttiva. Catastrofica per l’Ucraina e, in modo diverso, anche per la Russia. Le statistiche indicano che la nostra produzione militare sta gradualmente aumentando: le forze armate avranno presto rifornimenti adeguati. Il commercio di idrocarburi continua ad assicurare una relativa stabilità finanziaria. E poi ci sono i russi. Il Paese è immenso. Solo una piccola parte della popolazione abile è stata mobilitata. Una nuova chiamata alle armi non porterebbe a niente di determinante, perché ritengo che Mosca non abbia comunque le capacità per ottenere una vittoria decisiva e definitiva. Ma ha certo la capacità di prolungare il conflitto.
Il prolungamento della guerra è un obbiettivo preciso del Cremlino?
È l’unico modo in cui il regime vede il futuro. Non ha altre scelte. Il compito è “non perdere la guerra”. Al Cremlino si è capito che non c’è la capacità per vincerla, anche se Putin in fondo ci spera ancora. Si vuole sole evitare la sconfitta. Questo dilata i tempi.
E se ci fosse una sonora sconfitta russa sul terreno?
Il potenziale offensivo dell’Ucraina non è esaurito. Una campagna come quella dello scorso autunno su Kherson è possibile. E una nuova vittoria sul campo potrebbe spingere la Russia ad avviare vere trattative. È possibile. Non estremamente probabile. Ma possibile.
Quali sono le implicazioni della guerra in Ucraina per il potere in Russia?
Non vedo alcun segnale di “sgretolamento”, per il potere di Putin. Si è circondato di persone obbedienti e codarde. Nei suoi 22 anni al comando, ha avuto tutto il tempo di escludere chi fosse abbastanza audace da criticarlo in modo diretto. Chi oggi fa parte del sistema non si oppone mai apertamente a Putin. Dice di sì a qualsiasi cosa. Non c’è alcuna frattura nella classa dirigente. Chi non era pronto a conformarsi è stato scartato. È in prigione, in esilio o comunque emarginato. Penso anche a gente fedele a Putin, ma non al punto da assentire su tutto.
Come Alexey Kudrin, l’ex ministro delle finanze “degradato” a manager di un’azienda privata?
Kudrin, è l’esempio più chiaro: è una delle poche persone che Putin abbia mai definito “un vero amico”. Per undici anni ministro delle Finanze, fu bruscamente accantonato. Messo poi a capo della Corte dei Conti, adesso è stato ulteriormente declassato a top manager di Yandex, il Facebook russo. Motivo: Kudrin pur non criticando direttamente la guerra in Ucraina ha osato avvertire delle conseguenze economiche negative, in un riunione con Putin, un anno fa.
Ma il fatto che personaggi vicini al regime siano colpiti da sanzioni personali da parte dell’Occidente non li fa dubitare nemmeno un po’ della opportunità di restar fedeli al capo?
Hanno tutti i loro “santuari”. Rifugi sicuri, come Dubai. E poi hanno permessi di residenza o seconde cittadinanze nei Paesi europei. Comunque, sono relativamente pochi gli associati al regime di Putin sotto sanzione. Molti possono ancora viaggiare tranquillamente in Europa. E le riviste patinate sui resort esclusivi, gli yacht e i marchi di lusso dell’Occidente continuano a essere pubblicate in russo: le vendite non sono diminuite.
Che ne pensa invece delle sanzioni contro i normali cittadini russi. Che non possono più entrare liberamente in Finlandia o nei paesi baltici, per esempio.
Questa guerra riflette le divisioni di classe. A chi è veramente ricco non viene rifiutato niente. Se sei russo e hai una villa in Finlandia, nessuno ti fa problemi alla frontiera. Ma se sei un poveraccio che deve viaggiare attraverso la Finlandia per raggiungere i tuoi familiari nell’Unione Europea, ti negano l’entrata.
La Finlandia sta costruendo una barriera di filo spinato sul confine russo. Non potrebbe provocare guai futuri, a guerra finita, in un ipotetico dopo-Putin? I fili spinati tendono a creare risentimenti duraturi.
L’Europa deve articolare la visione di una futura Russia democratica e pacifica, e di relazioni positive. Quella di non volerne più saper niente e di fortificare le frontiere è una pessima idea, anche se è comprensibile vista l’attuale aggressività di Mosca. Si rischia di creare una sorta di Corea del Nord. Ma con le dimensioni territoriali e militari di una superpotenza. Del tutto imprevedibile e in grado di provocare danni di ogni tipo.
Lei parla di una futura Russia democratica, però nel suo Paese nessuno protesta più. I sondaggi indicano che il sostegno a Putin e alla sua guerra è alto.
I sondaggi di opinione in Russia non hanno validità alcuna. Perché ogni critica alla guerra è considerata un reato ed è perseguibile penalmente. Anche per un post privato, rivolto solo ad amici, si può finire in galera. Cosa mai dovrebbe rispondere uno che viene raggiunto dalla telefonata di un centro statistico alla domanda “cosa pensi della guerra”? Nessuno dirà mai di essere contrario. Le statistiche erano sospette anche prima, perché i regimi autoritari sono di per sé un ostacolo all’attendibilità dei sondaggi. Ora sono del tutto inaffidabili.
La Russia è diventata uno Stato totalitario?
No. Il regime non ha ancora un controllo monolitico sulla società, né una ideologia strutturata. E non mobilita la popolazione attraverso organizzazioni ad hoc. Non ha al momento tutte le caratteristiche del totalitarismo.
Quindi resta “solo” un regime autoritario. Ha qualche somiglianza col fascismo, come ritiene lo storico americano Timothy Snyder?
È sicuramente un autoritarismo, dato che il potere è un mano a un gruppo di persone non responsabile di fronte alle istituzioni. Ed è un regime che si sta rapidamente “fascistizzando”: sta cercando di implicare sempre più persone nei crimini di Stato. Si impongono le lezioni di patriottismo e la versione putiniana della Storia nelle scuole, si spiegano ai bambini le falsità ufficiali riguardo alla “operazione militare speciale” in Ucraina, si incoraggia la delazione dei cosiddetti “patrioti” nei confronti di pacifisti e oppositori del regime.
Eppure in molti in Occidente considerano la Russia di Putin un Paese “di sinistra”. Un po’ per il retaggio sovietico, un po’ perché comunque si oppone agli Usa, con tutto quel che gli Usa rappresentano. Lei, come studioso del socialismo, che ne pensa?
La Russia di oggi è l’opposto di un Paese socialista. Ha il poco invidiabile record mondiale delle diseguaglianze e delle differenze di reddito. Lo Stato sociale viene costantemente indebolito. Il sistema è classista perché privilegia le élite vicine al potere e una cricca di miliardari e funzionari corrotti. A scapito del resto della popolazione.
Però Putin ha riportato allo Stato o a conglomerati riconducibili allo Stato le attività economiche strategiche. Non sarà socialismo ma nemmeno capitalismo. Che sistema economico c’è, in Russia?
La Russia di Putin è la caricatura di un paese capitalista. Il presidente e i suoi sodali hanno ereditato l’immagine del capitalismo creata dalla propaganda sovietica: una società di ricconi col cilindro in testa, macchine di lusso e residenze principesche mentre il resto della popolazione vive in povertà. E hanno deciso di costruire proprio questo tipo caricaturale di capitalismo. In cui quelli col coppello a cilindro, le Ferrari e i castelli sono loro. Davvero è una società enormemente iniqua.
Resta il fatto che in politica internazionale Putin propone un multipolarismo più o meno “terzomondista” che molti — anche in Italia — vedono come una valida alternativa all’ “eccezionalismo” americano.
La Russia non è un’alternativa. Il vero obiettivo di Putin in politica estera è la rivendicazione della sfera d’influenza russa nello spazio post-sovietico. In pratica, vuole un Paese che sia esattamente come gli Stati Uniti: un potere imperialista.
Ma lo scopo dell’invasione dell’Ucraina è solo difensivo, dice Putin. Si tratta di difendersi dall’espansione della Nato.
I motivi sono più profondi. Al Cremlino si ritiene che l’Ucraina sia parte dell’identità della Russia come grande e potente Stato imperiale. Si prende alla lettera quel che disse una volta Zbigniew Brzezinski (consigliere per la sicurezza nazionale del presidente Usa Jimmy Carter, ndr): “Mosca senza Kyiv non è una superpotenza”. Quindi, lo scopo della guerra è soggiogare l’Ucraina e farne, se non parte della Russia, uno Stato subordinato come la Bielorussia. Si tratta di un’aggressione imperialista dalle molte sfaccettature, in corso da decenni. Con una sua dimensione coloniale. Putin ha perseguito la destabilizzazione politica del Paese vicino sostenendo la presidenza Yanukovych, ha acquisito attività imprenditoriali per colonizzarlo economicamente, ha intrapreso misure attive con i suoi servizi di sicurezza. Visto che niente ha funzionato. Ha infine scelto la “soluzione finale”. Per ridurre Kyiv a una sorta di “dipendenza coloniale”. Come Minsk.
Insomma, la Russia di Putin secondo lei è un potere imperialista e quindi non rappresenta un’alternativa all’America. Ma l’Urss era anch’essa di fatto imperialista. E, a torto o a ragione, rappresentava un’alternativa per tanti.
L’Unione Sovietica, almeno con la retorica, un’alternativa la proponeva. Sosteneva in modo articolato di rappresentare un’opzione diversa rispetto all’ordine mondiale dettato dal capitalismo. I leader dell’Urss parlavano di una società egualitaria e di relazioni internazionali pacifiche. Putin, no. L’unica alternativa che propone è un retrogrado tradizionalismo: avversione al femminismo, alle persone Lgbt, al progresso sociale. Se vi piace un Paese così, allora la Russia fa per voi. Ma in politica internazionale, che attrazione dovrebbe mai avere Mosca? Il propugnato multipolarismo si riduce a uno scontro continuo e molto pericoloso tra due blocchi imperialisti. Nient’altro.
È in corso una nuova guerra fredda?
È in atto una lotta senza quartiere fra quello che in Russia chiamiamo “Occidente collettivo”, e Mosca. È la Nuova guerra fredda. Peggiore della prima. Perché allora c’erano periodi di distensione, mentre oggi le relazioni sono costantemente assenti o a livelli infimi. Inoltre, la Cina si avvicina sempre più alla Russia. E gli Stati Uniti sono sempre più in rotta di collisione con Pechino. La situazione è esplosiva.
Un’altra differenza, oltre a quanto ha appena detto?
Allora c’erano narrative ideologiche antagoniste. Ma nella Nuova guerra fredda la Nato e la Russia sono solo due imperialismi a confronto. È una guerra fredda senza ideali. Si fa tutto solo per il denaro e il potere. Si potrebbe dire che è una guerra fredda ad alto livello di degrado.