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Dopo le esplosioni di settembre l’Iran vieta cercapersone e walkie-talkie sui voli

“Ai passeggeri degli aerei è vietato portare a bordo o in stiva qualsiasi dispositivo di comunicazione elettronica, ad eccezione dei telefoni cellulari”, così il portavoce dell’Organizzazione per l’Aviazione Civile dell’Iran.
A cura di Susanna Picone
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Le esplosioni simultanee dei cercapersone in Libano
Le esplosioni simultanee dei cercapersone in Libano

Stop ad alcuni dispositivi di comunicazione elettronica sui voli commerciali: è quanto ha deciso l’aviazione civile iraniana, che vieta ai passeggeri di portare a bordo cercapersone e walkie-talkie, secondo quanto ha reso noto l'agenzia di stampa Isna.

Una decisione che arriva dopo che, lo scorso settembre, ci sono state una serie di esplosioni prima di cercapersone e poi walkie-talkie attribuite a Israele. "Tutti i dispositivi di comunicazione, a eccezione dei telefoni, sono vietati a bordo dei voli passeggeri e cargo", è quanto ha riferito Isna, citando il portavoce dell'aviazione civile iraniana Jafar Yazerlo. "I passeggeri dovrebbero evitare di portare tali dispositivi, inclusi cercapersone, dispositivi wireless e walkie-talkie, per garantire la sicurezza dei voli", ha aggiunto.

La più grande compagnia aerea del Medio Oriente, Emirates con sede a Dubai, aveva preso una decisione simile all'inizio di ottobre, e anche altre compagnie aeree nella regione hanno adottato restrizioni dopo i fatti di settembre.

Il 17 settembre scorso (e poi anche il giorno successivo) esplosioni simultanee di cercapersone e walkie-talkie hanno provocato decine di morti e migliaia di feriti in Libano esplodendo tra le mani di diversi membri di Hezbollah, gruppo radicale libanese sostenuto dall’Iran che utilizza dispositivi simili proprio per motivi di sicurezza come alternativa ai cellulari ritenuti più vulnerabili.

Secondo quanto rivelato nei giorni scorsi dal Washington Post, il progetto era in fase di studio da circa un decennio e Israele attendeva solo l'occasione giusta per metterlo in pratica. Il Washington Post ha ricostruito i retroscena di quella operazione raccogliendo le testimonianze di politici, diplomatici e funzionari della sicurezza israeliani, libanesi e statunitensi, interpellati sotto anonimato.

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