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Dopo 40 anni ammette di aver “ucciso” il bimbo al quale badava: “Le mie botte lo resero disabile a vita”

Terry McKirchy, ex babysitter oggi 62enne, ha ammesso di aver picchiato Benjamin Dowling, il bimbo di 5 mesi al quale badava nel 1984. Da quel giorno, Dowling è stato costretto su una sedia a rotelle e non è mai riuscito a parlare o a mangiare senza assistenza. Nel 2019, all’età di 35 anni, Benjamin è deceduto per complicazioni dovute alle percosse ricevute da piccolo. Oggi la donna ha ammesso l’omicidio colposo di Dowling.
A cura di Gabriella Mazzeo
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Terry McKirchy
Terry McKirchy

Una donna di 62 anni ha confessato davanti ai giudici americani di aver "ucciso un uomo" a Fort Lauderdale, in Florida. Terry McKirchy, ex babysitter, non ha però assassinato Benjamin Dowling nel modo in cui ci si aspetterebbe: la donna ha infatti confessato di aver colpito la vittima quando aveva pochi mesi, costringendola su una sedia a rotelle e causandone la disabilità a vita.

Nel 1984, la donna lavorava come babysitter per la famiglia Dowling che aveva un bambino di 5 mesi. Il piccolo, secondo quanto emerso all'epoca, ebbe un'emorragia cerebrale mentre si trovava nella sua abitazione di Fort Lauderdale. A causarla, stando alle ultime evidenze e alla confessione di McKirchy, sarebbero state le percosse che l'allora piccolo Benjamin subiva dalla donna.

In una lettera ai genitori del 35enne deceduto il 16 settembre 2019, l'ex babysitter ha confessato quanto fatto, raccontando di aver picchiato il bambino perché esausta per il troppo lavoro. "Dovevo occuparmi dei figli degli altri ed erano tanti. Tanti bambini contemporaneamente – scriveva -. L'ho colpito per la frustrazione. Ho agito d'impulso, mi sono scagliata su Benjamin mentre gli altri bambini piangevano".

La famiglia Dowling
La famiglia Dowling

Da quel giorno del 1984, Benjamin Dowling ha lottato per tutta la vita con una condizione di disabilità fisica e psichica irreversibile. L'uomo è rimasto sulla sedia a rotelle per 35 anni e durante il processo, la madre ha raccontato che fino al giorno della morte non è  mai stato in grado di parlare o di mangiare autonomamente. Nel corso degli anni, Benjamin è stato più volte sottoposto a interventi chirurgici che però non hanno dato l'esito sperato.

"Il giorno in cui mio figlio è rimasto ferito – ha raccontato la madre di Dowling nell'aula di tribunale dove si è tenuto il processo – l'ho visto che tremava tra le braccia della babysitter. Io ero appena rientrata a casa, ho visto il suo corpo inerte mentre era in braccio a McKirchy.Aveva solo i pugni serrati. Secondo i dottori, le percosse hanno provocato quell'emorragia".

L'ex babysitter non ha mostrato alcuna emozione mentre i giudici leggevano la sua confessione davanti ai familiari della vittima. "So di aver rovinato la vostra vita – scriveva nella lunga lettera indirizzata ai genitori di Dowling – e mi dispiace per quello che ho fatto".

Prima di dichiararsi colpevole per omicidio colposo, la donna era stata accusata di omicidio di primo grado. Nonostante l'ammissione di colpevolezza, la 62enne rischia l'ergastolo.

I genitori della vittima
I genitori della vittima

L'ex bambinaia fu arrestata il giorno dopo le percosse al bimbo di 5 mesi dopo una denuncia dei genitori. Davanti alle autorità si è sempre dichiarata "non colpevole", almeno fino a pochi giorni fa, quando con la sua lettera ha ammesso la correlazione tra le botte e l'emorragia cerebrale che ha causato la disabilità irreversibile di Benjamin. Nel 1985, McKirchy provò ad uscire di prigione asserendo di "non aver mai cercato di uccidere" il bambino.

La donna era infatti incinta di 6 mesi e nonostante lo stato interessante nel quale si trovava, i giudici decisero che avrebbe dovuto trascorrere tutti i weekend in prigione e uscire solo durante la settimana per lavorare. Quando diede alla luce suo figlio, fu posta in libertà vigilata e lì rimase per almeno 3 anni.

A maggio la 62enne è tornata in carcere per scontare la propria pena nella prigione della contea di Broward. "Crescendo, Benjamin ci ha insegnato molte cose – hanno affermato i genitori della vittima dopo l'ultima udienza – e la prima tra queste è stata la compassione. Ci ha fatto ragionare sull'empatia, la pazienza e la comprensione. Siamo molto sorpresi dalla confessione di questa donna, non pensavamo che saremmo arrivati a questo punto. Ne siamo felici perché quest'ammissione ci ha permesso di accettare la morte di nostro figlio, ma non ha cancellato il dolore".

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