Dominique Pelicot chiede perdono alla moglie che ha drogato e fatto violentare da 50 uomini: “Me ne pento”
"Vorrei cominciare con il rendere omaggio al coraggio della mia ex moglie. Mi rammarico per quello che ho fatto". Sono queste le parole pronunciate oggi nell'aula del tribunale di Vaucluse, in Francia, da Dominique Pelicot, accusato di aver drogato per oltre dieci anni la ex moglie Gisèle a sua insaputa e di averla fatta violentare da una cinquantina di uomini che convocava via internet, nel corso di una delle ultime udienze del processo sugli stupri di Mazan, arrivato alle battute finali.
"Ho fatto soffrire la mia famiglia da 4 anni, chiedo loro perdono", ha continuato il 70enne imputato in quella che era oggi la sua ultima occasione per prendere la parola in aula, rivolgendosi alla ex moglie, ai 3 figli e ai 7 nipoti. La sentenza per lui e per gli altri 50 imputati presenti, tutti uomini di età compresa tra i 27 e i 74 anni, che a più riprese hanno stuprato Gisèle, vittima della "sottomissione chimica" del marito, è attesa per giovedì 19 dicembre dopo tre mesi e mezzo di udienze: rischiano un totale di 600 anni di carcere.
Pelicot ha anche ribadito di aver detto "tutta la verità" dall'inizio del processo e ha ringraziato la corte per avergli consentito di rimanere seduto su una "sedia speciale" a causa dei suoi problemi di salute. Ha chiesto di "essere dimenticato" per via una "vergogna interiore", aggiungendo che "la privazione di non vedere i propri cari è peggiore della privazione della libertà. Posso dire a tutta la mia famiglia che li amo. Ecco, avete il resto della mia vita nelle vostre mani", ha concluso, rivolgendosi ai cinque magistrati professionisti del tribunale che dovranno decidere il suo destino.
Gli abusi, avvenuti tra il 2011 e il 2020 a Mazan, dove Dominique e Gisèle abitavano, sono stati scoperti nel 2020 quando l'uomo è stato arrestato per un reato a sfondo sessuale non correlato alle violenze e la polizia ha trovato nei suoi dispositivi elettronici migliaia di foto e video ripresi durante gli stupri. Nel frattempo la donna, dopo l'avvio del processo, è diventata un simbolo della lotta alla ‘cultura dello stupro‘ e la sua storia ha aperto il dibattito sulla possibilità di modificare la legge sulla violenza sessuale in Francia.