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Diario da Kabul/3 – Scuole anziché lacrime

Terza puntata del reportage da Kabul di Enrico Campofreda. Il tentativo delle donne di emanciparsi nel mondo del lavoro, malgrado l’oppressione degli uomini e i divieti del governo karzai.
A cura di Enrico Campofreda
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Najla, Nasrin, Samira, Arzoo si emancipano con l’antica arte del cucito e altre abilità artigianali che imparano in una delle scuole tenute da Opwac (Organization Promoting Afghan Women’s compatibilities) nella capitale afghana. Le insegnati sono tre donne determinatissime e due giovani uomini, il clima è partecipato e festoso. Il governo afghano, tramite il ministero dell’Istruzione, spedisce periodiche ispezioni di verifica ma non offre finanziamenti che giungono solo da Ong amiche. La direttrice di Opwac è Latifa Ahmadi, trentuno anni, tre figli e un amore immenso per le donne del suo Paese che accompagna nella ricerca di normalità. Dice “L’istruzione è l’obiettivo primario, quel diritto che i talebani avevano calpestato e che Karzai cerca di limitare. Un recente editto della Shura degli Ulema, che vuole impedire il lavoro misto di donne e uomini, è stato firmato dal presidente”.

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Istruzione e piccola impresa – “In passato abbiamo tenuto corsi a Herat, Farah, Mazar-e Sharif, Jalalabad, dal 2010 purtroppo alcune scuole sono chiuse per mancanza di fondi. In province come Ghazni e Wardak, dove la presenza talebana è forte, s’insegna in maniera informale in case private. Non si possono rilasciare attestati ma lo scopo istruttivo è raggiunto egualmente. Emancipare le donne dall’unica e opprimente occupazione domestica e dalla sudditanza agli uomini può condurle verso forme di piccola impresa e commercio. Ci sono precedenti che in futuro potrebbero venire sostenuti tramite il microcredito. Sono esempi utili a risollevare economie familiari dalla povertà e da un presente cronicizzato nell’assistenza. Il domani che ci prospetta lo Stato è nerissimo”.

Autocritica – “Però dobbiamo farci un’autocritica. Nel 2003 abbiamo sostenuto Karzai, gli Stati Uniti dicevano che quest’uomo avrebbe aiutato la nazione e il popolo. Una falsità indecorosa. Karzai ha garantito gli interessi americani e di una cerchia cui appartiene. Ecco qualche dato. Il suo governo ha inserito il 25% di donne negli apparati statali. Detta così sembra una conquista straordinaria, se non fosse che queste donne sono usate come alibi. Nei ministeri e nelle strutture dove lavorano non possono decidere nulla, e per quelle migliaia inserite nell’apparato ce ne sono milioni abbandonate in condizioni d’arretratezza tribale come alcune delle cinquantenni che vengono da noi a imparare a leggere e scrivere perché finora nessuno gliel’ha consentito“.

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“Un’infinità di promesse mancate. Oggi il 70% delle donne afghane sono analfabete. Nel 2010 l’impiego femminile s’aggirava al 30%, nel 2012 è sceso al 18%. Non lo dice Opawac ma il ministero del Lavoro afghano. E ancora: ridotte in questo stato di abbandono il 66% delle nostre donne ha problemi psicologici, lo ammette il ministero della Salute. Se pensiamo che gli Stati Uniti hanno speso in questi anni 564 miliardi di dollari – e sto parlando dell’apparato amministrativo e burocratico della missione, non delle spese militari – c’è da chiedersi dove sia finito questo mare di denaro. Non è un segreto che l’80% degli aiuti internazionali (i dati sono del ministero delle Finanze di Kabul) servono a mantenere l’apparato stesso.

Cooperazione coi criminali – “Aggiungo altro? Dei 60 milioni di dollari della Cooperazione Internazionale il 99% è finito nei canali della corruzione governativa e dei criminali che la gestiscono. Così ci ritroviamo con sei milioni di bambini abbandonati che vivono nelle strade e una cifra identica di disoccupati. Verrebbe da piangere ma noi non lo facciamo perché non è nostro costume lamentarci, e poi perche’ 34 anni di guerre ci hanno prosciugato pure le lacrime. Invece dico con orgoglio che assieme al mio staff dal 2008 abbiamo formato quasi un migliaio di donne e sono sicura che costoro saranno un pilastro della nazione liberata dalla cricca dei criminali e dall’occupazione occidentale che li protegge e li fa prosperare”.

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