Detenuti e schiavizzati: costretti a lavorare gratis per Starbucks e Victoria’s Secret
Da una settimana i detenuti nordamericani hanno iniziato uno sciopero coordinato contro ciò che descrivono come una “moderna forma di schiavitù”. Negli Usa i reclusi sono costretti a lavorare per pochi centesimi all'ora o addirittura gratis. Nelle prigioni federali la “paga” oscilla tra i 12 e i 40 centesimi all'ora. In Texas, Arkansas e Georgia, non vengono nemmeno pagati. La data che i detenuti hanno scelto per iniziare lo sciopero non è causale. Il 9 settembre di quarantacinque anni fa ci fu la rivolta di Attica nello Stato di New York; la più grande sollevazione carceraria degli Stati Uniti che portò poi alla chiusura di quel penitenziario.
La protesta – organizzata dal Comitato dei lavoratori detenuti (Iwoc) – si è diffusa in quaranta carceri di ventiquattro Stati. In un comunicato, il gruppo afferma: “Quarantacinque anni dopo Attica, l’ondata di cambiamento torna nelle prigioni statunitensi. Speriamo – prosegue il documento – di mettere fine alla schiavitù carceraria rendendola impossibile, rifiutando di continuare a essere schiavi”.
Sono 900.000 i reclusi considerati idonei al lavoro, su un popolazione carceraria di quasi due milioni e mezzo (la più alta al mondo). E i detenuti non vengono occupati solo per dipingere o riparare le infrastrutture, pulire le latrine o servire i pasti agli altri carcerati ma del loro lavoro si avvantaggiano le grandi multinazionali che hanno fatto accordi con le prigioni, sia pubbliche che private. Ed è così che mentre scontano la loro pena, i detenuti puliscono i prodotti di Wal-Mart, impacchettano il caffè di Starbucks, cuciono i vestiti di Victoria's Secret e gestiscono i call center di AT&T. “Il sistema è arricchito grazie alla manodopera gratuita dei prigionieri", denuncia il Free Alabama Movement, un gruppo per i diritti umani delle persone in carcere. E ai detenuti non è permesso aderire a un sindacato, dato che le leggi sul lavoro non li classifica come dipendenti.
Il giro d’affari legato al lavoro dei carcerati è enorme. Signature Packaging Solutions – una ditta che lavora per il gruppo Starbucks – utilizza i detenuti di Washington per confezionare caffè e i Game Boy di Nintendo. In Texas, invece, i reclusi producono scope e spazzole, biancheria da letto e materassi, water, lavandini e docce. E ancora: Federal Prison Industries, un’azienda governativa, ha ammesso che oltre alle uniformi e alle scarpe dei soldati, i detenuti si sono occupati anche della componentistica dei missili Patriot.
Nonostante l'uso dei telefoni cellulari in carcere sia vietato, il coordinamento dello sciopero è stato reso possibile grazie alle nuove tecnologie. E da fuori, parenti e amici sostengono le rivendicazioni dei detenuti utilizzando Facebook e Youtube. Non si conosce il grado di adesione allo sciopero in quanto le autorità carcerarie non hanno diffuso nessun dato. E’ emerso però che la protesta ha costretto i funzionari del penitenziario di Holman in Alabama a farsi carico dei lavori svolti normalmente dai reclusi. Come ha ricordato il Comitato organizzativo: “Non possono far funzionare queste strutture senza di noi”.
Negli ultimi mesi nelle carceri degli Stati Uniti ci sono state diverse proteste. L’ultima in ordine di tempo il 7 settembre in Florida, all’Holmes Correctional, dove quattrocento reclusi si sono ribellati contro il trattamento inumano a cui erano sottoposti. Anche alcune sigle sindacali che rappresentano le guardie carcerarie sono preoccupate per la situazione e riconoscono che il malcontento che regna nelle carceri rende il loro lavoro più pericoloso.