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Darfur, il rapimento di Francesco Azzarà sarebbe opera della tribù dei Rezegat

L’operatore di Emergency Francesco Azzarà sarebbe nelle mani della tribù araba dei Rezegat. I motivi del rapimento sono ancora sconosciuti; intanto la Farnesina chiede il silenzio stampa.
A cura di Alfonso Biondi
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Emergency

Francesco Azzarà, il 34enne operatore di Emergency rapito a Nyala, nel Darfur, sarebbe prigioniero della tribù araba dei Rezegat. L'informazione arriva da una fonte dell'intelligence sudanese contatta dal Corriere della Sera. I Rezegat sono una tribù filogovernativa che negli scorsi anni costituiva l'ossatura dei janjaweed, i cosiddetti "diavoli a cavallo": si trattava di milizie irregolari che seminavano il panico per tutto il Darfur, uccidendo accanendosi contro i civili, distruggendo e razziando villaggi, violentando donne. Adesso si attendono le richieste dei rapitori.

Azzarà

La Farnesina, intanto, chiede il silenzio stampa. In una nota diffusa oggi dal Ministero degli Esteri si legge che "l'Unità di Crisi della Farnesina, in stretto contatto con Emergency e la missione ONU in Darfur (UNAMID) e in pieno coordinamento con l'Ambasciata a Khartoum, ha attivato tutti i canali disponibili presso le Autorità locali per una soluzione della vicenda. D'accordo con Emergency, con cui si mantiene un collegamento continuo, la Farnesina chiede inoltre il silenzio stampa per facilitare la liberazione del connazionale". Il Ministro Franco Frattini, inoltre, starebbe seguendo personalmente gli sviluppi del caso.

Francesco Azzarà è stato rapito il 14 agosto mentre si stava recando in auto verso l'aeroporto di Nyala, capitale de Sud Darfur. Le cause del suo rapimento sono al momento sono ancora sconosciute. Già perché, come ha spiegato anche il Ministro Frattini, Azzarà lavorava nell'unico ospedale pediatrico specialistico e, per questo motivo, era molto amato dalla gente così come è amata Emergency per la sua intensa attività di volontariato.

Il sindaco di Motta San Giovanni, paese del reggino di cui è originario Azzarà, ha diffuso una nota nella quale auspica di riabbracciare al più presto, e insieme a tutta la comunità locale, il giovane operatore di pace:" La Comunita' mottese – si legge nella nota – vive in trepidante attesa per le sorti di Francesco e si stringe alla famiglia in un atto di piena solidarietà".

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