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Damasco, bombe su un bus militare: almeno 14 morti

Quattordici persone sono morte e altre sono rimaste ferite a causa di un attentato compiuto stamattina contro un autobus militare a Damasco, capitale della Siria. A riferirlo l’agenzia di stampa ufficiale Sana, citando una fonte dell’esercito, secondo la quale il veicolo è stato  investito dall’esplosione di due ordigni.
A cura di Davide Falcioni
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Quattordici persone sono morte e altre sono rimaste ferite in seguito a un attentato compiuto stamattina contro un autobus militare a Damasco, capitale della Siria. A riferirlo l'agenzia di stampa ufficiale Sana, citando una fonte dell'esercito, secondo la quale il veicolo è stato  investito dall'esplosione di due ordigni, posizionati all'interno  dello stesso bus, al passaggio su ponte Hafez al-Assad alle 6.45 (le  5.45 italiane). Un terzo ordigno, rimasto inesploso, è stato fatto  successivamente brillare dagli artificieri.  L'attentato non è stato al momento rivendicato, ma in molti sospettano che possa esserci stata la mano dell'Isis, organizzazione che più volte negli ultimi mesi ha colpito le forze armate del regime di Assad con modalità simili a quelle di oggi.

Il ministro dell’Interno siriano, Mohammad al-Rahmoun, ha commentato l'accaduto al canale al-Suriya spiegando che “l’attacco è arrivato dopo aver eliminato il terrorismo dalla maggior parte del territorio nazionale. Coloro che hanno pianificato questo atto codardo volevano colpire il maggior numero possibile di cittadini". Il ministro ha rassicurato che "continueremo a perseguire i terroristi che hanno commesso questo crimine efferato ovunque si trovino". L’attentato odierno è il più grave nella capitale siriana da quando le forze governative hanno preso il controllo dei sobborghi precedentemente controllati dai ribelli. Ad oggi, infatti, le forze  armate del presidente Bashar Assad controllano la maggior parte della Siria grazie al decisivo sostegno ricevuto dagli alleati Russia e Iran. La guerra civile iniziata nel marzo 2011 dalle contestazione contro il suo regime ha causato la morte di oltre 350mila persone, mentre la popolazione è tuttora per metà sfollata, con 5 milioni di abitanti rifugiati all’estero.

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