Damasco, armi chimiche su tre ospedali, almeno 200 morti: “Molti sono bambini e neonati”
“Non c'è un posto dove scappare, nessun luogo è sicuro”, afferma Mahr Abu Fadi, un abitante di Douma, periferia est di Damasco, una delle aree più colpite in questi giorni dall'aviazione siriana e dai jet russi. Da lunedì, tutta la Ghouta orientale, il sobborgo della capitale siriana, è sotto un pesante attacco e il bilancio è drammatico: almeno 200 le vittime tra i civili, molti dei quali bambini. Le squadre di soccorso non fanno in tempo ad estrarre dalle macerie i sopravvissuti dell’ultimo raid che già si contano altri morti. Solo nella giornata di ieri, sono stati uccisi 73 civili, tra cui venti bimbi e quindici donne.
Bombardamenti senza sosta, notte e giorno, dove il fronte di battaglia sono le aree densamente popolate di civili. Colpi di mortaio e bombe hanno colpito indiscriminatamente case, interi edifici, moschee, scuole e ospedali. “Questi sono i quattro giorni peggiori che la Ghouta orientale abbia mai attraversato”, ha detto Hamza, un dottore di Arbin. “Come medico – ha aggiunto sconsolato – la cosa più difficile è dover curare i tuoi cari, i tuoi colleghi, i tuoi vicini, i tuoi parenti”. Una escalation di violenza provocata dall'offensiva dell’esercito di Assad e dai suoi alleati per riconquistare le ultime roccaforti ancora in mano ai ribelli. Formazioni di insorti che vedono anche la presenza delle milizie jihadiste di Hay’et Tahrir al-Sham (Hts, affiliato ad Al Qaeda), responsabili di aver abbattuto un caccia russo Su-25 e ucciso il pilota il 3 febbraio scorso. La dura risposta di Mosca non si è fatta attendere e nessun luogo si è salvato dalle bombe.
Tre ospedali bersaglio degli attacchi
Ad essere colpiti, ancora una volta, gli ospedali delle città di Maarat al-Numan e Kafranbel, a sud di Idlib, e l’unico centro medico di Beit Sawa, nella periferia orientale di Damasco. Dopo il bombardamento, l’ospedale nazionale Al-Salam di Maarat al-Numan è stato dichiarato fuori uso. Il nosocomio era un importante centro pediatrico dove solo nel mese scorso sono nati 674 bimbi. Nell'attacco sono morte cinque persone, tra cui una neonata e suo padre. “L’ospedale Al-Salam è l’unica maternità per la città di Maarat al-Numan e le aree circostanti”, ha dichiarato il dottor Mohamad Al-Hosni. “Fornisce assistenza ai bambini malati e prematuri e ha un grande reparto di incubatrici. Colpire un ospedale che si prende cura solo delle donne incinte e dei loro bimbi – ha aggiunto il medico – è un crimine di guerra”.
Attacchi con gas cloro
Nei raid degli ultimi giorni sarebbero state utilizzate anche armi chimiche. A Saraqeb, importante snodo viario nella provincia di Idlib, domenica sera nove persone sono state ricoverate con gravi difficoltà respiratorie. I Caschi bianchi – il corpo di protezione civile che opera nelle zone fuori dal controllo governativo – hanno affermato che le vittime presentavano i sintomi di intossicazione da gas cloro.
L’uso del cloro in guerra è vietato dalla Convenzione sulle armi chimiche, ma non è la prima volta che il regime di Assad viene accusato di impiegare questo tipo di armamento sulla popolazione civile. L’ultima denuncia risale al primo febbraio, quando a Douma, poco distante dalla capitale, tredici persone sono rimaste intossicate dopo un raid dell’aviazione siriana. “Abbiamo informazioni che il regime di Assad ha usato il gas cloro contro il suo popolo più volte nelle scorse settimane”, ha dichiarato Nikki Haley, la rappresentante degli Stati Uniti all’Onu. Da parte sua, il regime di Bashar al Assad ha negato le accuse classificandole come menzogne.
L’escalation militare sulle roccaforti ribelli sta infiammando anche le relazioni tra Stati Uniti e Russia. “Questi attacchi devono finire adesso”, ha scritto Heather Nauert, la portavoce del dipartimento di stato americano. “La Russia deve usare la sua influenza su Damasco – si legge in una nota diffusa ieri – affinché il regime siriano consenta all'Onu di fornire immediatamente l’assistenza umanitaria alla popolazione”. Ma da Mosca non sono arrivati segnali positivi: “Vorremmo vedere un cessate il fuoco e la fine della guerra, ma non sono sicuro che i terroristi siano d'accordo", la replica di Vassily Nebenzia, il rappresentante russo al Consiglio di sicurezza. Per cercare di fermare i massacri di civili, Panos Moumtzis, il coordinatore umanitario Onu per la Siria, ha chiesto l’immediata cessazione delle ostilità per almeno un mese per consentire l’invio di aiuti umanitari e l’evacuazione dei malati e dei feriti. “Se ci fosse una pausa sufficientemente lunga delle ostilità – scrivono le Nazioni Unite – le evacuazioni mediche e i convogli di aiuti potrebbero riprendere nella Ghouta orientale salvando la vita di centinaia di persone che hanno bisogno di cure mediche urgenti, compresi molti bambini gravemente malati”.
Nel frattempo, a migliaia di siriani della Ghouta orientale non resta altro che guardare il cielo per cercare di mettersi in salvo prima che una bomba li uccida.