Dall’Egitto allo Yemen, un vento di cambiamento soffia sui paesi arabi
Un vento nuovo soffia sul mondo arabo, un vento forte e potenzialmente rivoluzionario, un vento di libertà e riscossa senza precedenti per molti paesi dove, per la prima volta, movimenti di protesta guidati da forze e persone laiche, provenienti dalla società civile, si ribellano alla povertà ed alla disperazione nelle quali sono costrette a vivere da regimi dittatoriali che non assicurano nemmeno i più elementari diritti civili. La grandezza e la novità di questo vento hanno portato ad un'insurrezione spontanea delle popolazioni arabe, propagata attraverso le reti sociali create da internet e dalla telefonia mobile e senza obbedire a nessun capo o partito: gli ex sudditi si sono convertiti in cittadini che esprimono la propria esasperazione rompendo il clichè che vede gli arabi rassegnarsi al fatalismo ed alla arbitrarietà ed i luoghi comuni che bollano come assolutamente incompatibili tra loro l'Islam e la democrazia.
Se per storia intendiamo il progresso dell'umanità verso livelli più alti di libertà e giustizia, allora quella che si sta improvvisamente manifestando, in tutta la sua forza dirompente, in Medio Oriente è la Storia con la S maiuscola. Obama nel suo discorso del 1 febbraio ha detto: "Negli ultimi giorni la passione e la dignità che hanno dimostrato i cittadini egiziani, sono state d'ispirazione per tutti i paesi del mondo, incluso gli Stati Uniti, e per tutti quelli che credono che la libertà umana è inevitabile" alludendo alla centinaia di migliaia di egiziani che stanno lottando per la democrazia nella valle del Nilo. Piazza Tahir è diventata il simbolo, il cuore pulsante di una lotta per il pane, per la libertà e per la dignità che coinvolge l'intero mondo arabo e che è iniziata diverse settimane fa con l'immolazione del giovane tunisino Mohamed Bouazizi, al quale la polizia aveva sequestrato il carrello delle verdure con il quale si guadagnava da vivere.
Dal gesto disperato del giovane Mohamed è iniziata la cosiddetta "rivoluzione del gelsomino" tunisina che è riuscita a scacciare il dittatore Ben Ali e ad aprire in questo paese la strada verso un processo di transizione democratica; e presto, molto presto, il fuoco accesso da Mohamed si è propagato per tutto il Nord Africa portando con sè un'incredibile desiderio di riscatto: dal despotismo, dalla corruzione, dalla disuguaglianza sociale e dell'arretratezza economica. Le fiamme hanno circondato l'egiziano Mubarak, che, per cercare di spegnerle, ha annunciato che non tornerà a presentarsi alle elezioni presidenziali dopo trenta anni. Con grande sorpresa di coloro che scommettevano sull' immobilità dell'"umma" araba, Algeria, Yemen, Giordania, Marocco sono diventate gli scenari di proteste ed i loro governanti, terrorizzati, in tutta fretta hanno cambiato i governi o promesso riforme.
Dall'Atlantico al Golfo Persico, il mondo arabo è senza dubbio una realtà molto complessa e diversificata ma sorprendentemente con profondi elementi di identità comuni che vanno dalla storia alla lingua, dalla cultura alla religione fino alla recenti, scottanti, vicende di attualità. Al fallimento generalizzato delle classi politiche ed economiche, si aggiunge, inoltre, una fortissima presenza giovanile: bambini, adololescenti, giovani, costituiscono la metà ed in alcuni paesi i due terzi dell'intera popolazione. Abitano in città, studiano e soprattutto sanno quello che succede nel mondo grazie alla televisione, ad internet ed ai cellulari. La loro vitalità, il loro desiderio di avere almeno il minimo di ciò che hanno gli "occidentali", contrasta in maniera esplosiva con la frustrazione delle loro tristi esistenze, creando così una polveriera che prima o poi era destinata ad esplodere. Lo sta facendo adesso nel 2011, perchè la gente è stanca di dover scegliere tra l'autocrazia e le teocrazia (costretta fino ad ora tanto dai loro governanti quanto da quelli occidentali), e vuole la democrazia.
Nonostante gli interessi geopolitici statunitensi che, forse, non permettono ad Obama di scomettere a fondo su questa rivoluzione democratica araba, il Presidente americano nel suo discorso del 1 febbraio ha chiarito: "Difendiamo i valori universali, incluso il diritto del popolo egizio alla libertà di riunirsi, alla libertà di espressione ed alla libertà di informazione". Nel discorso Obama ha detto "egizio" ma avrebbe potuto dire benissimo "arabo".