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Terremoto in Turchia e Siria

“Crollato paesino di 1500 abitanti, non c’è acqua”: il racconto di un italiano a Kilis dopo il sisma

Mimmo Dundar Akbas ha raccontato a Fanpage.it le ore dopo il sisma a Kilis, cittadina sul confine tra Turchia e Siria. “Ci sono paesi e strade interamente distrutti, facciamo fatica a trovare cibo e acqua potabile”
A cura di Gabriella Mazzeo
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le foto da Kilis, sul confine tra Turchia e Siria
le foto da Kilis, sul confine tra Turchia e Siria
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Il terremoto di magnitudo 7.9 che ha colpito la Turchia e la Siria nella notte di lunedì 6 febbraio ha causato il crollo di intere cittadine con migliaia di vittime e centinaia di sfollati. La Protezione Civile ha dovuto occuparsi tempestivamente delle operazioni di ricerca per salvare i dispersi. Gli scavi sono tutt'ora in corso e per fortuna danno i loro frutti: solo poche ore fa, infatti, in Turchia una bambina è stata salvata dopo 40 ore sotto le macerie mentre in Siria il piccolo Ygit ha riabbracciato la mamma dopo 52 ore.

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Nel frattempo, però, le scosse di assestamento continuano. Secondo quanto raccontato a Fanpage.it da Mimmo Dundar Akbas, collaboratore Time4Life e modenese "adottivo", nella notte tra lunedì e martedì sono state registrate scosse "ogni 10 minuti". "Sono state violente– ha raccontato in un'intervista telefonica -. Noi abbiamo dormito in macchina dopo il primo terremoto anche se per fortuna la nostra casa non è stata completamente distrutta nonostante i danni riportati. Abbiamo trascorso la notte fuori e nonostante tutto quelle scosse ci hanno fatto davvero paura. In serata ci siamo radunati attorno al fuoco acceso nella piazza di Kilis per farci coraggio e per far scaldare donne e bambini. In tanti non hanno più nulla".

le foto da Kilis, sul confine tra Turchia e Siria
le foto da Kilis, sul confine tra Turchia e Siria

Akbas ha raccontato una situazione estremamente difficile: a Kilis e in provincia è difficile reperire acqua potabile, cibo e prodotti per l'igiene personale. "Gli aiuti del governo? Dovrebbero arrivare, certo, ma le strade sono distrutte – ha spiegato -. Ci vorrà molto tempo, troppo per le persone che ne hanno bisogno. A Kilis sono crollati diversi palazzi e molte case, gli sfollati stanno dormendo nelle tende o in macchina, ma non possiamo andare avanti per molto. I cittadini stanno iniziando ad arrendersi e a valutare di tornare a casa nonostante la paura, ma in questo momento non è saggio. Le scosse di terremoto stanno continuando e non sappiamo ancora per quanto sarà così. Ho accettato di portare le mie figlie nell'abitazione di un nostro familiare in campagna, ma non in questo momento. Non è saggio".

le foto da Kilis, sul confine tra Turchia e Siria
le foto da Kilis, sul confine tra Turchia e Siria

La forza delle repliche sta fortunatamente diminuendo. "Si tratta di eventi con una magnitudo comunque vicina al valore 3, ma sono meno violenti di quelli registrati nella notte tra lunedì e martedì. Non sappiamo però quando si interromperanno, nessuno può dirlo. Kilis non somiglia più a se stessa, ci sono case ridotte in polvere ma ci sono cittadine messe anche peggio".

Tra queste, anche alcuni paesini di poco più di 1000 abitanti. Sono quelli i centri più in difficoltà: case, negozi, strade e uffici sono spariti in pochi minuti per diventare tragicamente polvere.

"A circa 30 chilometri da qui c'è un paesino – ha raccontato ancora Akbas a Fanpage.it – che conta circa 1500 abitanti. Quel paese è crollato interamente, non è rimasto più nulla. Le strade spaccate a metà rendono però quasi impossibile raggiungerlo, i soccorsi sono in serie difficoltà. Da quei luoghi stanno trasportando i feriti meno gravi nell'ospedale di Kilis che riesce ancora a curare le persone, ma altrove i nosocomi sono al collasso".

Mimmo Dundar Akbas, foto da Facebook
Mimmo Dundar Akbas, foto da Facebook

"Qui tutto tace, scuole, negozi e uffici resteranno chiusi per almeno due settimane. Le persone vogliono stare accanto alle loro famiglie o aiutare nelle ricerche di cari dispersi. I bambini sono attoniti, sicuramente sentono la mancanza della loro normalità. Noi stiamo cercando di prenderci cura di loro, di fare in modo che non manchi loro nulla. Io sono perfino rientrato in casa per portare via i loro abiti e coperte per scaldarsi, ma c'è chi non se la sente e chi non può farlo. Ci auguriamo che il governo e la comunità internazionale agiscano in fretta, perché qui le persone hanno bisogno di sostegno. Nessuno vuole tornare in una casa non sicura, ma tutti abbiamo bisogno di lavarci e di stare al caldo".

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