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Cristiano decapitato in India perché rifiutava di convertirsi all’Induismo

Un giovane cristiano è stato decapitato dal suocero perché si è rifiutato di convertirsi all’Induismo. Grazie alla complicità di uno sciamano, il padre della sposa ha allontanato il genero e, mentre pregava secondo un rituale induista, lo ha ucciso decapitandolo.
A cura di Laura Murino
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Un ragazzo di 35 anni, Tapas Bin, di fede cristiana, è stato decapitato nel villaggio di Teliamura nel distretto di Tripura, la zona nord-orientale dell'India, dal padre di sua moglie. Tapas Bin, insegnante del villaggio, ha sposato Jentuly tre anni or sono. Tuttavia, Gobinda Lamatiya, il padre della sposa, essendo un fervente seguace della religione locale, l’Induismo, non aveva mai accettato la religione del giovane. Nonostante le pressanti richieste dell’uomo affinché Bin si convertisse, quest’ultimo non ha mai ceduto alle pressioni del suocero, fino a quando Gobinda Lamatiya lo ha ucciso, decapitato e ne ha nascosto il corpo; il cadavere di Tapas Bin è stato trovato qualche giorno fa in un ruscello poco fuori dal villaggio. L’uomo, un impiegato del dipartimento di scienze e tecnologia del Governo di 55 anni, è riuscito a scappare facendo perdere le sue tracce.

La polizia, indagando sui fatti, ha scoperto che Godinba Lamatiya aveva pianificato il delitto grazie all'aiuto di uno sciamano, Khrishapada Jamatiya. Khrishnapada, un uomo di 42 anni, arrestato dalla polizia, ha già confessato: raccontando nei minimi dettagli i fatti agli inquirenti, lo sciamano ha anche riferito che, poco prima che venisse ucciso, il ragazzo stava recitando insieme a lui una preghiera rituale induista. La figlia del mandante dell’omicidio ora teme per la sua vita e per quella del figlio avuto con la vittima perché, secondo quanto ha raccontato alle forze dell’ordine, il padre non aveva mai riconosciuto il matrimonio e sarebbe capace di uccidere anche lei e il nipotino.

Il contesto socio-politico in cui è inserito il villaggio di Teliamura è molto delicato. Situato, infatti, al confine con il Bangladesh, la zona di Tripura fino al 1950 era una zona di religione esclusivamente induista. Dal 1950 in poi, con l'arrivo di varie missioni cristiane, la zona si è pian piano cristianizzata fino a raggiungere, nel 1991, un incremento del 90% di popolazione cristiana. I cristiani oggi sono circa 115.000 e si contano ben 750 chiese. Vessata da gruppi indipendentisti, la regione indiana assiste a scontri politici e sociali mascherati da guerre religiose. Distinguere quali siano le ragioni che muovono attacchi verso minoranze religiose è complicato e non vanno mai sottovalutati i fattori economici e quindi sociali che si nascondono nella violenza. In momenti di crisi, di grande povertà e di insicurezza personale il capro espiatorio più debole risultano essere, nella maggior parte dei casi, le minoranze etniche, culturali o religiose e in particolar modo le differenze religiose offrono infinite giustificazioni per atti che, fuori da questo sistema legittimatorio, risulterebbero inaccettabili ai più. Ciò non toglie che l'India dovrebbe affrontare con leggi adeguate il dilagare delle violenze verso le minoranze cristiane che, solo nel 2011, hanno subito più di 170 attacchi più o meno intensi da parte dei nazionalisti indù.

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