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Opinioni

Così la Cina vuole diventare il mediatore globale che fa finire tutte le guerre del mondo

Mentre il mondo parla di Xi in Russia, primo a visitare Putin dall’invasione, i principali partiti di Taiwan prospettano una visita rispettivamente in Usa e in Cina, Quest’ultima sarebbe la prima dal 1949. Dopo la riapertura dal Covid, il terzo mandato di Xi e gli accordi tra Arabia e Iran, la Cina si rimette al centro della scena internazionale come attore di pace, in Europa così come in Medio Oriente e nel Pacifico.
A cura di Gian Luca Atzori
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È il primo leader di una grande potenza a visitare Putin dall’invasione ucraina, ma è nulla rispetto al primo ex-Presidente di Taiwan a visitare la Cina dal 1949. Ieri Xi Jinping è atterrato a Mosca in quello che ha prospettato essere un viaggio “fruttuoso” di tre giorni, il quale ha generato non poche preoccupazioni nella sfera politica e pubblica occidentale. Tuttavia, se ad una parte i due capi di Stato si son trovati nel ribadire la propria partnership, attirando su di sé l'attenzione globale, dall’altra i leader dei due principali partiti di Taiwan (Repubblica di Cina), hanno dichiarato di volersi recare rispettivamente negli Usa e in Cina nelle prossime settimane.

L’isola contesa dai continenti

Dal 27 marzo, l’ex presidente Ma Ying-jeou, leader del Guomindang (storico partito nazionalista sconfitto da Mao ed emigrato sull’isola di Formosa), si recherà in Cina per un viaggio di ben 12 giorni tra Nanchino, Wuhan, Changsha, Chongqing e Shanghai con una nutrita delegazione di ex-consiglieri e studenti.

Per Ma, la visita ha lo scopo di allentare le tensioni con Pechino in un periodo estremamente critico per i rapporti nello Stretto, allo scopo di scongiurare un eventuale conflitto e riconquistare la fiducia del proprio popolo in concomitanza delle elezioni previste per il prossimo gennaio. “Invece di comprare più armi, sarebbe meglio aumentare gli scambi tra i giovani delle due sponde dello Stretto di Taiwan”, ha dichiarato ieri Hsiao Hsu-tsen, direttore esecutivo della Ma Ying-jeou Foundation. "Più sono in grado di promuovere la loro amicizia, meno rischi ci saranno",

Nonostante il viaggio abbia la benedizione di Pechino, la capitale non rientra nelle tappe della lista, almeno per ora, così come non c’è traccia di incontri con il Presidente Xi. Infatti per Ma Xiaoguang, portavoce dell'Ufficio per gli affari di Taiwan, si tratta di un viaggio per "rafforzare gli scambi di giovani e aggiungere nuova vitalità allo sviluppo delle relazioni e della pace attraverso lo stretto".

L’ex-Presidente Ma ha governato Taiwan dal 2008 al 2016, riconosce il principio dell’Unica Cina, anche se con un concetto di Cina differente da quello di Xi. L’attuale presidente Tsai, leader del Partito Democratico Progressista (DPP) invece ha un visione più indipendentista, non sposa il principio dell’Unica Cina e ha cercato maggiore sostegno, anche armato, da parte di Washington. "L'ex presidente Ma ignora totalmente il fatto che i comunisti cinesi hanno continuato ad accrescere la pressione contro di noi, comprese l'intensificazione delle minacce militari e l'isolamento internazionale", afferma infatti Chang Chih-hao, portavoce del DPP.

Le visite che fanno infuriare la Cina

Non a caso, molto presto la presidente Tsai effettuerà un doppio scalo negli Stati Uniti come parte di un viaggio in America Centrale. Attraverserà Los Angeles e New York e pianifica di incontrare il portavoce della Camera Usa Kevin McCarthy. Pechino si è detta molto preoccupata. Accadde già nel 2019, durante la guerra commerciale, quando Tsai fu accolta da una folla di sostenitori per le strade ma anche da un titolo del New York Times che recitava: “Taiwan President Risks Infuriating China With U.S. Visit”. Qualche giorno dopo il Dipartimento della Difesa approvò uno stanziamento di due miliardi in armamenti per Taipei. Per Ma Xiaoguang  “il partito della signora Tsai non dovrebbe fare affidamento sulla forza straniera”, che "attirerebbe il fuoco contro di sé" e richiederebbe il "pagamento di un prezzo".

Ma forse è proprio ciò che la Tsai cerca in periodo pre-elettorale. “Generare una reazione anticipata di Xi avrebbe dato il tempo all’opposizione del Guomindang di spostare il focus del voto” scrive Lorenzo Lamperti, direttore editoriale di China Files di sede a Taiwan, “con un secondo viaggio di Tsai e una reazione cinese più vicina alle elezioni, il Dpp è convinto di trarre vantaggi alle urne”. “Una seconda visita, stavolta più ‘ufficiale – continua Lamperti – metterebbe Xi spalle al muro: reagendo in modo aggressivo favorirebbe la nemesi Dpp alle elezioni, ma in caso contrario darebbe un’immagine debole sul fronte interno. Spinto a fare qualcosa di “nuovo”, non è escluso che mandi per la prima volta jet o navi entro le 12 miglia nautiche dalle coste di Taiwan in una inedita dimostrazione di sovranità.”

La mediazione cinese tra Arabia e Iran

Se a queste dinamiche e visite si aggiunge quella di Xi in Russia, gli ultimi accordi raggiunti con Arabia Saudita e Iran, e i precedenti passaggi in Europa, si inizia a intravedere il “gioco” a cui da qualche settimana ha ripreso a giocare strategicamente la Cina, in particolare dopo la conferma del terzo mandato di Xi, la riorganizzazione interna al Partito, e l'uscita dalla politica zero-covid che imprigionava il paese.

Venerdì è stato siglato a Pechino l’accordo che ha ristabilito le relazioni diplomatiche tra Riyadh e Teheran, in seguito ad anni di relazioni estremamente complicate e portando la Cina a rivendicare quel di mediatore di tregua globale che fino ad ora era esistito solo a parole. Soprattutto, visto come entrambi i paesi in questione, Arabia e Iran, stanno combattendo una guerra per procura in Yemen su opposti schieramenti da ormai otto anni.

“È uno sviluppo che indica la nuova volontà del presidente Xi Jinping di sfruttare il suo peso economico nei negoziati con terze parti”, scrive Charlie Campbell da Singapore sul Time, “rifiutando così esplicitamente il mantra non-interventista dell'ex leader riformista Deng Xiaoping, ‘nascondi i tuoi punti di forza, aspetta il tuo momento’. Xi sembra aver svolto personalmente un ruolo nell'intermediazione dell'accordo”.

24 punti per la pace tra Russia, Europa e Medio Oriente

La Cina ha presentato per l’Europa un piano di pace in 12 punti. Per il Medio Oriente ha parlato di 5 punti. Altri 4 punti per la questione siriana e 3 punti per la questione palestinese con la soluzione della convivenza in due stati. Questo, perlomeno, per quanto riguarda le dichiarazioni del portavoce degli esteri Wang Wenbin.

Tuttavia, come abbiamo scritto qui su Fanpage.it, non si tratta altro che di una rivisitazione della già vista Global security initiative. Di recente, questo tipo di cooperazione per la pace è stata il fulcro della narrazione di Wang Yi, capo della diplomazia cinese, durante il suo viaggio in Francia, Italia, Germania e Ungheria. Tra le proposte accennate si è parlato di cessate il fuoco, della prevenzione contro le armi nucleari e soprattutto del rispetto della sovranità territoriale dei paesi “per eliminare le cause della guerra alla radice”. Ciò riguarda, dunque, non solo l'esito del conflitto ucraino ma anche questioni come Hong Kong e Taiwan, la cui “sovranità cinese” non potrebbe essere messa in dubbio, in quanto parte della politica dell’Unica Cina riconosciuta dalla gran parte dei governi (Usa compresi). Una situazione differente dal Donbass e dalla Crimea.

Quel sapore di Hu Jintao

Xi Jinping mira a riportare la Cina al centro dell’arena internazionale cercando di far identificare il paese come una potenza responsabile e un mediatore indispensabile. Un'azione che ricorda gli schemi della strategia “Peaceful Rise” di Hu Jintao, ex presidente allontanato pubblicamente durante l’ultimo Congresso in cui venne rieletto Xi. Una crescita pacifica necessaria soprattutto a creare le condizioni ideali per commerciare e far crescere la ricchezza in diverse aree del mondo, senza guardare al colore politico o alle interferenze di regime. Una condizione valida tutt’ora dopo la crisi pandemica ma, in generale, negli investimenti cinesi e su tutta la cosiddetta Nuova Via della Seta.

Un anno di equilibrismo

L’accordo tra Arabia e Iran è un esempio vero di cosa intende Pechino per ordine multipolare ribadito in questi giorni a Mosca e alternativo all’egemonia americana. La realtà, tuttavia, è molto più complessa e vede una Cina sempre sul filo dello stesso equilibrismo di un anno fa. Da una parte la partnership con la Russia è strategica sul piano geopolitico, dall’altra Usa e Ue sono i principali partner commerciali di Pechino e sono fondamentali per la tenuta dell’economia. Motivo per il quale, nonostante Xi supporti Putin, il sostegno è prevalentemente di natura economica. Se fosse vera l’accusa -non provata- che stia fornendo armi a Putin, le porte dell’occidente si chiuderebbero generando una recessione globale. Con gli Usa in questo momento i rapporti sono critici, in particolare dopo il mancato riavvicinamento causa Ufo (ne abbiamo parlato qui). Di sicuro però il messaggio nei confronti dell’Ue è abbastanza chiaro.

Il metro per comprendere Pechino

La pace perciò è realmente importante per Xi e per la crescita cinese, tuttavia, non sarebbe mai disposto ad ottenerla a costo di una sconfitta totale di Putin. Secondo Simone Pieranni (Chora Media, fondatore di China Files), Xi non ha una vera e propria road map, teme un regime change in Russia e un possibile governo filo-occidentale. Bisogna inoltre considerare sempre che "il primato della politica estera cinese, è quello di fare affari” continua Pieranni su SkyTg24 “l’elemento commerciale è quello più importante ed è forse quello che bisogna guardare per comprendere le mosse” di Xi. Un adagio che richiama la narrazione storica del Win-win cinese, dove si vince entrambi, è vero, ma anche dove la prima lettera maiuscola non è mai un errore.

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Classe 1989, Sinologo e giornalista freelance, è direttore tecnico e amministrativo di China Files, canale di informazione sull'Asia che copre circa 30 aree e paesi. Collabora con diverse testate nazionali e ha lavorato per lo sviluppo digitale e internazionale di diverse aziende tra Italia e Cina. Laureato in Lingue e Culture Orientali a La Sapienza, ha proseguito gli studi a Pechino tra la BFSU, la UIBE e la Tsinghua University (Master of Law – LLM).  Atzori è anche Presidente e cofondatore dell'APS ProPositivo, organizzazione dedita allo sviluppo locale in Sardegna e promotrice del Festival della Resilienza.  
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