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Guerra in Ucraina

L’Ucraina ha conquistato l’Isola dei Serpenti (e la versione russa non sta in piedi)

Kiev ha riconquistato l’Isola dei Serpenti dopo mesi di combattimenti e almeno 10 raid nell’ultima settimana. L’esercito ucraino ha messo in campo il meglio dell’arsenale fornito dai partner internazionali. Mosca minimizza: “Siamo andati via per buona volontà”
A cura di Gabriella Mazzeo
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Era dal 23 giugno che Kiev stava provando a riconquistare l'Isola dei Serpenti. Le forze speciali di Putin l'avevano invasa nelle fasi iniziali della guerra, proprio il 24 febbraio scorso, incontrando solo la resistenza di alcuni marinai ucraini che non vollero arrendersi. Dopo 4 mesi dall'inizio dell'invasione, l'esercito ucraino è riuscito a piantare nuovamente la propria bandiera sul suolo dell'isola. "Le nostre forze armate hanno fatto un grande lavoro – ha scritto su Twitter Andriy Yermak, consigliere del presidente Zelensky – e hanno finalmente cacciato i russi".

Mosca però ha minimizzato il successo di Kiev. "Le nostre forze armate hanno solo raggiunto gli obbiettivi prefissati e sono andate via in segno di buona volontà per permettere l'esportazione del grano" ha affermato pochi minuti dopo l'annuncio il generale Igor Konashenkov, portavoce del ministero della Difesa russo.

Solo nel corso della giornata il Cremlino si è arreso all'evidenza delle foto divenute virali online: alla fine, davanti alle immagini delle enormi colonne di fumo nel cielo sopra l'isolotto, ha dovuto ammettere che il suo esercito ha abbandonato la posizione.

A Kiev sono serviti quattro mesi e 10 raid nell'ultima settimana per poter riconquistare l'Isola dei Serpenti. Per l'operazione dall'importante valore simbolico, l'esercito ucraino si è avvalso delle armi inviate dai partner stranieri.

Da settimane Kiev sta mettendo in campo il meglio dell'arsenale internazionale, come l'obice semovente 2S22-Bohdana, il camion 6×6 fabbricato nel 2018 dalle industrie di Kramatorsk e riadattato per la guerra seguendo le indicazioni della Nato, e i droni Bayraktar dalla Turchia che, dopo alcuni tentativi di mediazione, è tornata a rifornire gli uomini di Zelensky.

La riconquista dell'isolotto però ha soprattutto un significato strategico: chi controlla quel fazzoletto di terra a 35 km dalla foce ucraino-rumena del Danubio si assicura anche il predominio sul porto di Odessa e di conseguenza, quello del traffico navale che permette di trasportare il grano dal mar Nero in Europa.

Dal suo canto, Mosca ha provato a trasformare il ritiro delle truppe in una "dimostrazione della democrazia russa", sostenendo che l'operazione evidenzi le intenzioni del Paese di sostenere un corridoio umanitario Onu per esportare i prodotti agricoli dall'Ucraina. "Ora il gesto di buona volontà – sostiene il Cremlino – tocca agli ucraini che non hanno ancora sminato i porti sul Mar Nero".

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